Ars Bellica

RISORGIMENTO E ITALIA UNITA

L'esplosione rivoluzionaria che sconvolse l'Europa nel 1848 fu di dimensioni e di intensità straordinarie; causò una reazione a catena caratterizzata dalla dirompente simultaneità, in paesi tra loro molto diversi, del meccanismo insurrezionale. Si produsse cioè nel tempo breve un processo che si rivelerà poi irripetibile, pur continuando ad alimentare l'immaginazione rivoluzionaria delle generazioni successive. Nell'Europa di una Restaurazione sempre imperfetta, e presto minata nelle sue stesse fondamenta, ebbero la ventura di intrecciarsi tra di loro, surriscaldate al calor bianco dalla crisi economica in atto, la questione politica agitata dai liberali e dai democratici, le questioni nazionali innescate dalle rivendicazioni autonomistiche e indipendentistiche e, ultima arrivata, la questione sociale. Quest'ultima si inseriva nelle due precedenti, contribuendo inevitabilmente a radicalizzarle e a farle slittare verso obiettivi all'inizio imprevisti.
L'intero processo internazionale ebbe inizio nel gennaio del 1848 a Palermo e si concluse nell'agosto del 1849 a Venezia. In Italia, infatti, la questione politica, che consisteva nella richiesta di garanzie costituzionali ai sovrani e al papa, finì con l'innescare la questione nazionale e con il favorire, per la prima volta, la mobilitazione popolare a sostegno della causa risorgimentale. La concessione della costituzione a Napoli, a Torino, a Firenze e persino a Roma, non fu infatti sufficiente. Le «cinque giornate» di Milano, successive alla cacciata degli Austriaci da Venezia, condussero alla prima guerra d'indipendenza tra il regno di Sardegna e l'Austria. Persa questa guerra, i patrioti italiani furono costretti a muoversi su fronti separati (in Sicilia, in Toscana, a Roma, a Venezia, in Piemonte contro Radetzky) senza mai poter unificare i loro sforzi. Nel 1849 Carlo Alberto venne definitivamente sconfitto a Novara, i Francesi abbatterono la Repubblica romana (formatasi dopo la fuga del papa a Gaeta) mentre gli Austriaci presero Venezia per fame.
Nel frattempo, nel regno di Sardegna, lo Statuto concesso nel '48 da Carlo Alberto non era stato abrogato. Su questa base, il piccolo stato dinastico poté cominciare un processo di modernizzazione che ebbe le sue tappe principali nel liberoscambismo e nella politica industriale favorita dal conte di Cavour, il quale, con il connubio politico con Rattazzi, valorizzò altresì la funzione autonoma del Parlamento rispetto alla corona. Una difficile dialettica tra democratici repubblicani d'ispirazione mazziniana e liberali moderati, attenti alla strategia di Cavour, stava nel frattempo tracciando la via che avrebbe condotto all'Unità e allo stato nazionale. Nel 1857 il fallimento del tentativo insurrezionale attuato da Pisacane nel Sud borbonico mostrò che era finita l'epoca degli audaci colpi di mano. La Società Nazionale di Manin e di La Farina riuscì così a diventare il crogiuolo in cui potevano confluire o quantomeno coesistere i diversi programmi. Il Piemonte sabaudo non aveva d'altra parte la forza militare per muovere da solo contro l'Austria. Occorreva approfittare degli appetiti neobonapartistici di Napoleone III, cosa che avvenne nel 1858 con gli accordi di Plombières che sancirono quell'alleanza franco-sabauda su cui si basò la cosiddetta seconda guerra d'indipendenza. Sconfitti gli Austriaci, l'imperatore francese si ritirò prima del previsto dal conflitto, lasciando ai Piemontesi, in cambio di Nizza e Savoia, la sola Lombardia. Nel frattempo, però, anche l'Emilia, la Romagna e la Toscana si erano sollevate e ben presto aderirono plebiscitariamente al nuovo stato in formazione. Sin qui l'iniziativa diplomatica e quella popolare si erano identificate. Occorreva ora che la conquista regia potesse contare sull'aiuto decisivo, e diplomaticamente eterodosso, dei patrioti democratici. Nel maggio del 1860 lo sbarco in Sicilia di Garibaldi dava inizio al tracollo del regno borbonico e alla conquista del Mezzogiorno d'Italia. Anche l'Umbria e le Marche vennero annesse, e nel 1861 Vittorio Emanuele II fu proclamato re d'Italia. La ripresa del movimento garibaldino venne poi bloccata nel 1862 sull'Aspromonte. La conclusione del moto nazionale tornava a essere compito esclusivo della politica estera. Napoleone III, infatti, vigilava sempre sull'integrità dello Stato della Chiesa, ridotto ormai al solo Lazio. Una prima occasione venne fornita dalla partecipazione italiana alla guerra austro-prussiana del 1866. Il regno d'Italia, pur sconfitto sul campo militare, poté ottenere il Veneto dall'Austria. Una seconda occasione venne offerta dalla guerra franco-prussiana del 1870. Dopo la sconfitta di Sedan, la Francia non era più in grado di proteggere il potere temporale del papa e Roma, occupata dalle truppe italiane, poté così diventare la capitale del regno. La marcia italiana verso l'unificazione fu dunque portata a compimento - anche se Trento e Trieste mancavano ancora all'appello - soprattutto grazie alla contemporanea marcia della Prussia verso l'unificazione tedesca.
Costruito lo stato unitario, la società italiana, tra Nord e Sud, tra decollo e squilibrio, tra liberismo e protezionismo, acquisì, nei primi decenni di vita, quella strutturale fisionomia produttiva, culturale e amministrativa che la contraddistinguerà all'inizio del secolo successivo. L'unificazione sociale ed economica, per i successori di Cavour, si rivelò un obiettivo assai difficile da conseguire: lo stato accentrato dovette affrontare i problemi posti dal brigantaggio, dall'aprirsi e ampliarsi della questione meridionale, dalla tenace resistenza delle tante Italie preunitarie e dall'opposizione antiliberale della chiesa cattolica.

Battaglie

Panaro

La battaglia del Panaro

3 aprile 1815

La battaglia del Panaro, svoltasi il 3 aprile 1815, fu la prima battaglia della guerra austro-napoletana, combattuta dal Re di Napoli Gioacchino Murat allo scopo di mantenere il proprio trono dopo il Congresso di Vienna. In questo scontro Murat riportò una vittoria su di una forza meno numerosa di Austriaci guidati da Federico Bianchi che cercava di sbarrargli il passaggio del fiume Panaro, appena a sud di Modena, ma che fu obbligata a ritirarsi dietro il Po.

Occhiobello

La battaglia di Occhiobello

8 - 9 aprile 1815

La battaglia di Occhiobello (8-9 aprile 1815) fu il punto di svolta della guerra austro-napoletana: l'esercito del Regno di Napoli, guidato dal re Gioacchino Murat, fu sconfitto, mentre cercava di attraversare il Po sul ponte di Occhiobello, dall'esercito austriaco guidato da Johann Maria Philipp Frimont. Dopo questa battaglia, l'avanzata napoletana subì un arresto, e la controffensiva austriaca, che portò al trattato di Casalanza (20 maggio), non conobbe alcuna sconfitta.

Carpi

La battaglia di Carpi

9 -10 aprile 1815

La battaglia di Carpi (9-10 aprile 1815) rappresenta praticamente l'ultimo scontro con esito positivo per l'armata di Gioacchino Murat. In questo scontro protagonista fu uno dei più celebri ufficiali italiani del Risorgimento, il Generale Guglielmo Pepe, che fu in grado di tener testa a quasi 10.000 austriaci con soli quattro battaglioni, uno squadrone di lancieri e due cannoni, in tutto 2500 uomini. Il clamoroso successo rimase però un evento a margine della campagna e non bastò, da solo, per smuovere altre forze della Penisola più che mai necessarie alla causa stessa del Murat.

Scapezzano

La battaglia di Scapezzano

1 maggio 1815

La battaglia di Scapezzano fu un breve, ma strategicamente decisivo, scontro della guerra austro-napoletana, combattuto il 1° maggio 1815 tra le truppe austriache di Adam Albert von Neipperg e quelle napoletane di Michele Carrascosa. La vittoria austriaca permise a Neipperg di accorrere verso sud e mettere pressione sul Re di Napoli Gioacchino Murat, impegnato nella decisiva battaglia di Tolentino (2-3 maggio) ed obbligandolo quindi a disimpegnarsi dallo scontro.

Tolentino

La battaglia di Tolentino

2 - 3 maggio 1815

La battaglia di Tolentino (2-3 maggio 1815) fu l'episodio decisivo della guerra austro-napoletana. Combattuta dal re di Napoli Gioacchino Murat contro gli austriaci guidati dal generale Federico Bianchi allo scopo di difendere il proprio regno dopo la precedente sconfitta di Occhiobello e la conseguente ritirata attraverso Faenza, Forlì e Pesaro, la battaglia vide la definitiva vittoria austriaca, con il conseguente ritorno dei Borbone sul trono napoletano. Viene considerata talvolta la prima battaglia del Risorgimento italiano.

Mignano

La battaglia di Mignano

15 - 17 maggio 1815

La battaglia di Mignano, anche detta battaglia di San Germano, fu lo scontro finale della guerra austro-napoletana, e fu vinta dalle truppe austriache comandate da Laval Nugent von Westmeath contro quelle napoletane comandate dal re Gioacchino Murat. Quest'ultimo episodio persuase il re che tutto è finito: la sola divisione Carascosa, o meglio i suoi 8 battaglioni, rimase compatta a Sparanise, per quanto con forze ormai alquanto ridotte. E il Carascosa venne alla fine investito da Murat del comando supremo dell'esercito e incaricato di trattare col vincitore.

Rieti-Antrodoco

La battaglia di Rieti-Antrodoco

7 - 12 marzo 1821

In una delle prime battaglie campali del Risorgimento, le forze rivoluzionarie napoletane si opposero alle forze d'invasione austriache contando più sul vantaggio dato dalla montuosa regione appenninica abruzzese, che su un vasto piano di fortificazioni militari. La mancanza di queste ultime, unita allo scarso equipaggiamento, determineranno non solo la vittoria degli uomini al comando del generale austriaco Frimont, ma anche la fine della rivoluzione nel Regno delle due Sicilie.

Novara

La battaglia di Novara

8 aprile 1821

La battaglia di Novara combattuta l'8 aprile 1821 tra le truppe degli insurrezionalisti liberali piemontesi, detti costituzionalisti, contro le truppe austriache, dette lealiste, fu un momento cruciale dei moti del 1820-1821. La sconfitta dei costituzionalisti in realtà poteva tramutarsi facilmente in vittoria se dal lato austriaco non si fossero schierate anche le forze lealiste dello stesso Regno di Sardegna. Impegnati così a dover affrontare non solo gli austriaci, ma anche i propri confratelli, i costituzionalisti italiani, così come i loro "colleghi" spagnoli a Trocadero, dovettero rinunciare velocemente al loro progetto.

Messina

L'assedio di Messina

gennaio - settembre 1848

Il cosiddetto assedio di Messina durò dal gennaio al settembre del 1848 e vide, nel corso di questi nove mesi di lotta sette distinte grandi fasi di bombardamenti dell'artiglieria borbonica sulla città, oltre a violente battaglie di fanteria. L'assedio di Messina del 1848 vide contrapposte le impreparate forze degli insorti siciliani contro le organizzate brigate dell'esercito borbonico, che, grazie anche al sostegno di forze mercenarie, dopo una serie di sconfitte riuscirono a vincere la battaglia finale. Fu l'episodio saliente sul piano militare della Rivoluzione siciliana del 1848.

Ponte di Goito

La battaglia del Ponte di Goito

9 aprile 1848

Il primo vero scontro della Prima Guerra d'Indipendenza è comunemente conosciuto come battaglia del ponte di Goito per distinguerlo dalla battaglia del 30 maggio successivo. In questo scontro i piemontesi si batterono con slancio e abilità, pur avendo di fronte la più quotata unità austriaca, quella dei famosi cacciatori imperiali tirolesi (i Kaiserjaeger).

Pastrengo

La battaglia di Pastrengo

30 aprile 1848

Per quanto la vittoria piemontese, nella prima battaglia campale della I Guerra d'Indipendenza, sia stata chiara, il risultato della stessa non fu sfruttato a dovere dagli italiani: la riva sinistra dell'Adige rimase infatti in saldo possesso degli austriaci. L'esercito piemontese aveva mostrato la virtù dei suoi soldati, ma l'impostazione tattica e strategica della battaglia era stata fortemente carente.

Santa Lucia

La battaglia di Santa Lucia

6 maggio 1848

Dopo la vittoria italica nella battaglia di Pastrengo, si era creato un quadro in cui, dopo quasi un mese di sosta l'esercito piemontese si era mosso, si era fatto strada fino all'Adige, aveva alla fine attaccato e battuto il nemico, e fosse stato sul punto di infliggergli un colpo mortale. Ma proprio dopo il successo a Pastrengo, lo stesso esercito si fermava per colpa unicamente dei suoi capi; e d'ora in avanti il suo atteggiamento sarebbe stato di costante attesa, volto solamente a parare i colpi dell'avversario: l'iniziativa, tenuta per nove giorni, dal 28 aprile al 6 maggio, sarebbe d'ora in avanti passata agli austriaci, che, battuti e prossimi alla rotta definitiva, si sarebbero inorgogliti e ritenuti vincitori. Lo scontro di Santa Lucia, rappresenta una delle prime tappe della immane controffensiva di Radetzky.

Cornuda

La battaglia di Cornuda

8 - 9 maggio 1848

La battaglia di Cornuda viene ritenuta, ancora oggi, come il primo vero combattimento del Risorgimento tra una coalizione di soldati italiani, provenienti da più 'Stati' della penisola, ed occupanti austriaci all'indomani di avvenimenti che, in rapida sequenza, avevano portato molte città, cittadine e centri minori di tutto il Lombardo-Veneto a ribellarsi all'invasione austro-ungarica. La battaglia di Cornuda fu sostenuta dalla carica dei Dragoni Pontifici, composta da giovani universitari romani, emiliani, romagnoli e marchigiani, mirata a contrastare e ritardare l'avanzata dell'Esercito Imperiale austriaco, comandato dal Generale Culoz lungo il tratto della vecchia strada Feltrina ai piedi della 'Rocca di Cornuda'. La carica dei dragoni pontifici consentì alle truppe italiane del Generale Durando di arrivare a Cornuda e dare manforte ai reparti della Guardia Civica e dei Volontari pontifici al Comando del Generale Ferrari.

Governolo

La battaglia di Governolo

18 luglio 1848

Il brillante successo piemontese di Governolo, ottenuto grazie ad una improvvisa quanto efficace azione dei bersaglieri, poteva essere determinante per frenare veramente le scorrerie austriache nell'area corrispondente alla confluenza del Po con il Mincio, ma purtroppo per l'incalzare degli eventi si risolse in un danno, visto il prolungarsi del fronte ed il mancato raggruppamento tra brigata Regina e divisione lombarda.

Rivoli

La battaglia di Rivoli

22 - 24 luglio 1848

Lo scontro di Rivoli, protrattosi dal 22 al 24 luglio del 1848, rientra in quella serie di battaglie combattute tra il 22 e il 27 luglio 1848, e conosciute come battaglia di Custoza. Si tratta di una delle fasi decisive della prima guerra di indipendenza italiana, e vide protagoniste le truppe del Regno di Sardegna, guidate da re Carlo Alberto di Savoia, e quelle dell'Impero Austriaco, comandate dal maresciallo Josef Radetzky. La battaglia di Rivoli, vinta dagli austriaci, fu un primo segnale d'allarme per le alte schiere piemontesi in quanto, oltre a minare il morale dei combattenti, mostrò alcune pecche organizzative nell'armata italica.

Staffalo

La battaglia di Staffalo

24 luglio 1848

Il pomeriggio del 24 luglio del 1848, sotto un caldo infernale, le brigate piemontesi Cuneo e Guardie, guidate da Vittorio Emanuele, puntarono contro le forze austriache in Custoza; mentre la brigata Piemonte, agli ordini del Duca di Genova, puntò decisa contro Sommacampagna. Ma gli austriaci, seppur ben schierati, avevano lasciato indifeso il vallone di Staffalo, posto proprio fra le due posizioni precedentemente citate, e fu proprio a Staffalo che il generale Bava concentrò lo sforzo offensivo: gli Imperiali della brigata Simbschen si difesero per quattro ore, cercarono di prendere i Piemontesi sui fianchi, ma alla fine dovettero ritirarsi. Eppure, l'azione della brigata austriaca non fu vana, perché impedì agli italiani di proseguire l'azione, posticipando l'attacco principale su Valeggio al giorno seguente.

Volta Mantovana

La battaglia di Volta Mantovana

27 luglio 1848

Successivamente alla battaglia di Custoza, esempio tipico di valore e d'abnegazione da parte delle truppe italiane, frustrate da un'infelicissima condotta d'operazioni, il maresciallo Radetzky era ben lungi dall'aver ottenuto una vittoria annientatrice. Il generale Bava allora insistette perché si ordinasse al De Sonnaz di contrattaccare al mattino gli austriaci, che sulla destra del Mincio non potevano essere in gran numero, e di ricacciarli nel fiume. Carlo Alberto sembrò acconsentire; e, contemporaneamente agli ordini per la ritirata su Goito, è mandato dal Comando supremo l'ordine al De Sonnaz «di tener fermo a Volta».

Cava

La battaglia della Cava

20 marzo 1849

L'azione della Cava, nei pressi di Mortara, svoltasi il 20 marzo del 1849, rientra nel pensiero strategico, strutturato agli inizi dello stesso anno dal Consiglio dei ministri piemontese, secondo cui bisognava optare per la guerra rapida, fulminea, risolutiva, «risquant le tout pour le tout». La cosa era logica: si trattava pur sempre di una guerra rivoluzionaria che avrebbe dovuto essere accompagnata da una nuova insurrezione del Lombardo-Veneto, e sostenuta dalle forze militari di Firenze, di Roma, di Venezia.

Sforzesca

La battaglia della Sforzesca

21 marzo 1849

La prima prova del rinnovato esercito piemontese, in località Sofrzesca, una frazione del comune di Vigevano, non fu affatto cattiva: tutti combatterono valorosamente, e le stesse giovani reclute di Acqui e di Casale mostrarono grande fermezza al loro battesimo del fuoco. Di chi la vittoria? In realtà entrambi gli avversari conseguirono il proprio rispettivo obbiettivo tattico e strategico: gli austriaci volevano proteggere la marcia dei loro tre corpi (II, III e I riserva) lungo lo stradone Pavia-Mortara, e occupare Borgo San Siro e Gambolò, ed in questo ebbero successo; i piemontesi si proponevano di sbarrare gli accessi di Vigevano e di concentrare 3 divisioni davanti a questa città, ed anche loro vi riuscirono. Ma in realtà l'obbiettivo piemontese, in rapporto alle manovre austriache che porteranno allo scontro di Novara, era troppo limitato.

Novara

La battaglia di Novara

23 marzo 1849

La battaglia di Novara del 23 marzo 1849, fu lo scontro decisivo della Prima guerra di indipendenza italiana e si concluse con la completa vittoria dell'esercito austriaco forte di 70000 austriaci con 5000 cavalli e 205 cannoni e guidato dal maresciallo Josef Radetzky contro l'armata piemontese composta da 45000 fanti, 2500 cavalli e 109 cannoni agli ordini del generale polacco Wojciech Chrzanowski. È conosciuta anche come battaglia della Bicocca, dal nome del sobborgo sud-est di Novara, dove si combatterono gli scontri più importanti.

Catania

L'assedio di Catania

5 - 6 aprile 1849

La città di Catania avrebbe potuto divenire il fulcro d'una difesa condotta dalle forze regolari e appoggiata dall'azione delle bande sui fianchi e alle spalle del nemico; ma nonostante l'accanita resistenza offerta dalle scarse forze in città, nonché dalla cittadinanza stessa, non fu sufficiente ad arginare l'avanzata borbonica, che, nei piani originali, doveva essere arginata dal colonnello Ascenso e i suoi 3000 uomini. La mancata azione di quest'ultimo reparto sarà la chiave della caduta della città etnea.

Venezia

L'assedio di Venezia

aprile - agosto 1849

Dopo la sconfitta dei piemontesi a Novara e la caduta della Repubblica Romana, la città di Venezia rappresentava l'ultimo ostacolo che si poneva di fronte a Radetzky per chiudere la guerra d'Indipendenza italiana. La città lagunare diede prova di grandissimo valore e resistette fino allo stremo, ma bisogna considerare che, se in un primo tempo, aveva avuto il sostegno di soldati degli eserciti pontificio e napoletano e dei lombardi, dal gennaio e più che mai dall'inizio dell'assedio vero e proprio, nell'aprile del 1849, all'infuori di alcuni ufficiali superiori napoletani d'artiglieria e del genio, tutti valentissimi, e di pochi lombardi, non aveva avuto che elementi veneti e i suoi stessi cittadini: fino all'ultimo era stata una nobile gara d'eroismo e di sacrificio. Venezia cadeva veramente per il colera e per mancanza di viveri. La guerra popolare aveva scritto fra le sue lagune una pagina di gloria imperitura.

Cernaia

La battaglia della Cernaia

16 agosto 1855

La battaglia della Cernaia, svoltasi nell'ambito della guerra di Crimea, che oppose le forze franco-anglo-piemontesi a quelle dell'Impero russo, entrò nella storia tradizionale del Risorgimento come una grande vittoria piemontese. Lo scontro della Cernaia insieme alla caduta di Sebastopoli segnò sostanzialmente la fine delle operazioni militari, ma non la fine della guerra. Gli eserciti rimasero in Crimea fino alla primavera dell'anno successivo, ma quasi senza combattere, perché non c'erano più obiettivi strategici da raggiungere, mentre la fine delle ostilità veniva decisa ai tavoli della diplomazia.

Solferino e San Martino

Le battaglie di Solferino e San Martino

24 Giugno 1859

La vittoria nella Seconda guerra d'Indipendenza, seguita poco dopo dalla spedizione dei Mille, costituisce il primo significativo passo verso l'unità d'Italia.

Castelfidardo

La battaglia di Castelfidardo

18 settembre 1860

Nella battaglia di Castelfidardo, il 18 settembre 1860, si scontrarono gli eserciti del Regno di Sardegna e quello dello Stato Pontificio. La battaglia si concluse con la vittoria dei piemontesi; le truppe papaline superstiti si asserragliarono nella piazzaforte di Ancona e furono sconfitte dall'esercito sardo dopo un difficile assedio. Conseguenza della vittoria piemontese fu l'annessione al Regno di Sardegna delle Marche e dell'Umbria. La battaglia di Castelfidardo è considerata spesso come l'episodio conclusivo del Risorgimento italiano; in effetti solo dopo essa fu possibile proclamare la nascita del Regno d'Italia, il 17 marzo 1861.

Ancona

La battaglia di Ancona

24 - 29 settembre 1860

Nel 1860 l'esercito italiano rompeva a Castelfidardo la resistenza oppostagli dall'esercito pontificio. Il generale Lamoricière si ritirava ad Ancona, più per rallentare la marcia del corpo d'armata del generale Cialdini, che per apprestarsi a una difesa, che, nonostante la forza della guarnigione e le fortificazioni della piazza, era da ritenersi impossibile, soprattutto per mancanza di viveri e di munizioni. Ai 7000 uomini di cui disponevano i pontifici, si opponevano i 28 mila italiani dei corpi riuniti del Cialdini e del Della Rocca, e la squadra, padrona del mare, agli ordini dell'ammiraglio Persano.

Volturno

La battaglia del Volturno

26 settembre - 2 ottobre 1860

La battaglia del Volturno indica alcuni scontri armati avvenuti tra i volontari garibaldini e le truppe borboniche, avvenuti tra fine settembre e i primi di ottobre 1860 nei pressi del fiume Volturno, durante la spedizione dei mille.

Gaeta

L'assedio di Gaeta

5 novembre 1860 - 13 febbraio 1861

L'assedio di Gaeta del 1860-1861, condotto dalle truppe dell'esercito piemontese guidate dal generale Enrico Cialdini, dopo l'incontro di Teano, durante il risorgimento. Fu un momento fondamentale del processo di conquista del Regno delle Due Sicilie, che portò alla proclamazione del Regno d'Italia. È uno degli ultimi grandi assedi condotti col metodo cosiddetto scientifico. L'esercito assediante fece uso infatti dei moderni cannoni a canna rigata che decretarono la fine delle fortificazioni costruite fuori terra.

Custoza

La battaglia di Custoza

24 giugno 1866

La battaglia di Custoza del 24 giugno 1866 fu la battaglia che diede inizio alle manovre offensive della Terza guerra d'indipendenza sulla terraferma e che vide la sconfitta delle truppe del neonato Regno d'Italia, numericamente superiori e comandate dal generale La Marmora, di fronte alle truppe austriache dell'arciduca Alberto d'Asburgo, duca di Teschen.

Mentana

La battaglia di Mentana

3 novembre 1867

La battaglia di Mentana fu uno scontro a fuoco avvenuto presso la cittadina di Mentana, nel Lazio, combattuta il 3 novembre 1867, quando le truppe franco-pontificie si scontrarono con i volontari di Giuseppe Garibaldi, diretti a Tivoli per sciogliere la Legione essendo fallita la presa di Roma per la mancata insurrezione dei romani.

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