Ars Bellica

Cronologia dal 1991 al 1995

1991

  • In Italia, il XX congresso del PCI, che si svolge a Rimini (31-I/3-II), approva a maggioranza la trasformazione in Partito democratico della sinistra (PDS), del quale sono eletti presidente Stefano Rodota e segretario Achille Occhetto; la minoranza si scinde dando vita a Rifondazione comunista. Quando l'8-III nelle città delle coste pugliesi giungono circa 20.000 profughi albanesi, l'Italia si appella ai Paesi amici perché ne accolgano una parte; il 14-VI un nuovo drappello di profughi albanese è bloccato sulle navi nei porti dell'Adriatico e respinto; il 7-VIII le migliaia di nuovi arrivati sono immediatamente rimpatriate. Il 29-III si dimette il governo Andreotti; il 13-IV lo stesso Andreotti forma un nuovo governo, cui non partecipa il PRI, in una situazione politica caratterizzata da un diretto interventismo politico del presidente della repubblica Cossiga. Si svolge il referendum sulla preferenza unica nelle elezioni dei deputati; vota il 63,5% degli elettori, che per il 95,6% si pronuncia a favore, nonostante la forte opposizione del PSI di Craxi, della Lega Nord e il disimpegno della DC. Il conflitto istituzionale fra Cossiga e gli altri poteri culmina nel messaggio presidenziale alle camere, in cui la costituzione è definita un «abito vecchio» da riformare (26-VI); Andreotti non controfirma il messaggio; Cossiga nelle settimane precedenti si era scontrato con il presidente della Corte costituzionale, con il Consiglio superiore della magistratura, con i vertici della DC e il PDS: quest'ultimo chiede il 6-XII la messa in stato d'accusa del presidente per attentato alla costituzione; il MSI organizza manifestazioni di appoggio in favore di Cossiga. Sono assassinati dalla mafia Vincenzo Scopelliti (9-VIII), magistrato di cassazione, e Libero Grassi (29-VIII), imprenditore di Palermo.
  • In Francia, si dimette il primo ministro Michel Rocard, che Mitterrand sostituisce con la socialista Èdith Cresson (15-V).
  • In Portogallo, il Partito socialdemocratico del premier Anibal Cavaco Silva rafforza la maggioranza assoluta nelle elezioni legislative a danno di socialisti e comunisti (6-X).
  • In Belgio, è assassinato l'ex vice primo ministro e ministro dell'economia, il socialista André Cools (18-VII); i contrasti all'interno del governo obbligano il primo ministro Martens a dimettersi (7-X); nelle elezioni anticipate arretrano i grandi partiti tradizionali e avanza l'estrema destra fiamminga del Vlaams Blok (24-XI).
  • In Germania, il parlamento approva lo spostamento della capitale a Berlino; a Bonn resta il Bundesrat, la camera regionale (20-VI).
  • In Svezia, nelle elezioni politiche (15-IX) arretrano socialdemocratici e la Sinistra (ex comunisti), i «partiti borghesi», che ottengono la maggioranza relativa, formano il nuovo governo, guidato dal conservatore Carl Bildt (4-X).
  • In Polonia si svolgono le elezioni, cui partecipa solo il 43% degli elettori; il risultato è molto frammentato, quasi 30 partiti si ripartiscono i 460 seggi del Sejm e i 100 del senato; solo due partiti - l'Unione democratica di Tadeusz Mazowiecki e l'Alleanza della sinistra democratica, ex POUP - superano il 10% (27-X); il 23-XII il presidente Walesa nomina Jan Olszewski dell'Alleanza di centro primo ministro.
  • In Romania, la protesta dei minatori a Bucarest contro l'austerità provoca 5 morti e 130 feriti; il presidente Ion Iliescu costringe alle dimissioni il primo ministro Petre Roman (25-IX); nomina il 1°-X l'indipendente Teodor Stolojan, che forma un governo aperto ad altre forze politiche; l'8-XII un referendum approva la nuova costituzione.
  • In Bulgaria, ove il 12-VII è stata approvata una nuova costituzione, l'Unione delle forze democratiche (UFD) vince le elezioni (13-X); l'8-XI il suo leader, Filip Dimitrov, forma il nuovo governo e ha anche l'appoggio del Movimento per i diritti e le libertà (MDL).
  • In Iugoslavia, il parlamento della Slovenia approva una risoluzione che decide la secessione dalla federazione (19-II); quello di Croazia dichiara nulle tutte le leggi federali nel suo territorio (21-II). Il 9-III Belgrado è percorsa da manifestazioni che si concludono con 2 morti e feriti; il 10-III è proclamato lo stato d'assedio, ma la mobilitazione popolare non si arresta; sono accolte le richieste dei dimostranti, fra cui le dimissioni del ministro degli interni; il 21-III rientra la crisi apertasi il 15-III con le dimissioni del presidente della Federazione, il serbo Borisav Jovic. Il 2-V le tensioni etniche fra croati e la minoranza serba provocano in Croazia 15 morti. Il 6-VI sembra raggiunto un compromesso sul futuro assetto del paese, ma il 25-VI Croazia e Slovenia proclamano la loro separazione dalla Federazione iugoslava; l'esercito federale penetra in Slovenia (26-VI), ove negli scontri muore un centinaio di persone. Il 1°-VII il croato Stipe Mesic è eletto presidente della Federazione, che il 18-VII decreta il ritiro dell'esercito federale dalla Slovenia, mentre in Croazia gli scontri fra serbi e croati provocano un centinaio di morti. La tregua con la Croazia, proclamata dalla presidenza federale a partire dal 7-VIII, si infrange dopo soli 10 giorni; riprendono gli scontri fra croati e minoranza serba, sostenuta dall'esercito federale. Il 15-IX si dichiara indipendente la Macedonia, mentre l'8-X, scaduta la tregua, Slovenia e Croazia riaffermano la propria indipendenza; il 5-XII, con la motivazione che la Iugoslavia non esiste più, si dimette il presidente federale Mesic, seguito dal primo ministro Ante Markovic, anch'egli croato; i serbo-federali, che hanno aperto un'offensiva in Slavonia, bombardano il 6-XII Dubrovnik, l'antica Ragusa, la Serbia si da un nuovo governo capeggiato da Radoman Bozovic il 23-XII, quando la Germania riconosce Croazia e Slovenia.
  • In Albania, la polizia spara sulla folla intenzionata a espatriare, uccidendo 10 persone e ferendone decine; il 18-II una manifestazione di 100.000 persone abbatte la statua del defunto dittatore Enver Hoxha; si ripetono violenti scontri nei giorni successivi; il 22-II Ramiz Alia forma un nuovo governo; il 31-III nelle prime elezioni libere si afferma il Partito del lavoro di Alia, che però non viene rieletto. Tensioni si susseguono nelle settimane e nei mesi seguenti; Fatos Nano è sostituito da Ylli Bufi, esponente moderato del Partito del lavoro, il quale costituisce un governo di unità nazionale (5-V). Il 10-XII, mentre la situazione alimentare del Paese si fa drammatica, l'indipendente Vilson Ahmeti forma un governo di tecnici, col compito di organizzare elezioni anticipate.
  • In Unione Sovietica, l'invio di truppe nel Baltico, in Ucraina e Transcaucasia, aggrava le tensioni fra governo centrale e Repubbliche (7-I); in Lituania l'intervento dell'Armata rossa provoca 13 morti e 120 feriti, a Vilnius 100.000 persone difendono il parlamento assediato dai carri armati (13-I); il 14-I Gorbaciov nomina primo ministro Valentin Pavlov e Aleksandr Bessmertnykh ministro degli esteri; il 20 a Riga, capitale della Lettonia, le unità speciali assaltano il locale ministero degli interni uccidendo 4 persone; a Mosca 300.000 persone marciano per protestare contro il tentato colpo di forza in Lituania; il 22-I Gorbaciov rigetta ogni responsabilità e sconfessa i Comitati di salvezza nazionale, emanazione dei militari e dei comunisti locali, e la loro pretesa di assumere il potere. Il 1°-II Gorbaciov annuncia che il 17-III sarà sottoposto a referendum il testo del nuovo Trattato dell'Unione; la Lituania, contraria, ne indice un altro, nel quale gli elettori approvano con il 90% dei voti la sovranità e l'indipendenza della repubblica; anche in Estonia e Lettonia si svolgono referendum consultivi che approvano la secessione (2-III); il 6-III, 8 delle 15 repubbliche dell'URSS approvano il progetto di Gorbaciov sul Trattato dell'Unione; il 18-III si svolge il referendum, con il quale il 70% degli elettori approva l'unione, in Russia, Eltsin fa approvare l'elezione diretta del presidente; il 12-VI egli è eletto con il 60% dei voti, Leningrado torna al vecchio nome di San Pietroburgo. Il 13-VI Gorbaciov partecipa all'incontro a Londra dei capi di stato e di governo dei 7 Paesi più industrializzati, ma non ottiene impegni finanziari da parte dell'Occidente. Nel vertice di Mosca (30/31-VII) Bush e Gorbaciov firmano l'accordo START per la riduzione del 30% delle armi strategiche. Il 18-VIII otto esponenti del PCUS, fra cui Gennadit Janaev, vicepresidente, Valentin Pavlov, primo ministro, Dmitrij Jazov, ministro della difesa, Boris Pugo, ministro dell'interno, Vladimir Krjuhov, capo del KGB, destituiscono Gorbaciov, in quel momento in vacanza in Crimea, dichiarandolo malato, e proclamano lo stato d'emergenza per 6 mesi (19-VIII); l'opposizione al tentato colpo di stato, capeggiata da Eltsin, si coagula intorno al parlamento russo, ove migliaia di moscoviti si radunano e fronteggiano le truppe; il 21-VIII Eltsin, enormemente rafforzato nel suo prestigio, annuncia che i golpisti sono in fuga e Gorbaciov ritorna a Mosca, profondamente indebolito. L'URSS si dissolve, mentre Eltsin sospende il PCUS dal territorio russo; Gorbaciov abbandona la carica di segretario generale (25-VIII), invita il partito a sciogliersi e nomina primo ministro ad interim il capo del governo russo Ivan Silaev; il 20-VIII l'Estonia si proclama indipendente, seguita dalla Lettonia (21-VIII), Ucraina (23-VIII), Bielorussia (25-VIII), Moldavia (27-VIII), Azerbajdzan (30-VIII), Kirgizistan e Uzbekistan (31-VIII), Tadzikistan (9-IX), Armenia (23-IX), Turkmenistan (29-X), Kazahstan (16-XII). Il 14-IX Gorbaciov fa approvare dal Congresso dei deputati del popolo un nuovo assetto istituzionale per la transizione verso una nuova Unione di stati sovrani; il 5-X l'URSS diviene membro del FMI, il 18-X ristabilisce le relazioni con Israele, interrotte nel 1967, mentre 8 delle 12 repubbliche sottoscrivono un trattato di unione economica; il 6-XI Eltsin assume anche la guida del governo della Russia; il 19-XI Eduard Sevardnadze ritorna alla guida del ministero degli esteri, trasformato in Ministero per le relazioni internazionali; l'8-XII i presidenti di Russia, Bielorussia e Ucraina riuniti a Minsk bocciano il progetto di Gorbaciov; è sottoscritta la costituzione di una Comunità di stati indipendenti (CSI), alla quale il 13-XII chiedono di aderire anche le Repubbliche asiatiche; la CSI nasce ad Alma Ata il 21-XII: i presidenti di Armenia, Azerbajdzan, Bielorussia, Kazahstan, Kirgizistan, Moldavia, Russia, Tadzikistan, Turkmenistan, Ucraina e Uzbekistan comunicano a Gorbaciov che l'URSS e la sua funzione presidenziale hanno cessato di esistere; ma di fatto l'erede dell'URSS è la Russia di Eltsin, che ne occupa anche il posto all'ONU. Il 25-XII Michail Gorbaciov, al quale tutto il mondo rende omaggio, annuncia le proprie dimissioni; la bandiera dell'URSS è ammainata.
  • La CEE riduce le sanzioni contro il Sudafrica (15-IV), la decisione è criticata da Nelson Mandela, dato che il governo sudafricano dimostra la propria ambiguità non intervenendo per frenare gli attacchi dell'Inkatha, movimento politico fondato sull'etnia zulu, contro l'ANC, la storica organizzazione multirazziale anti-apartheid; il 17-VI è abolito il Population Registration Act, alla base del regime di apartheid; il 7-VII Mandela è rieletto presidente dell'ANC con un programma di costruzione di un Sudafrica libero e multirazziale, il 10-VII gli USA aboliscono le sanzioni.
  • In Algeria, scontri sanguinosi fra polizia e fondamentalisti islamici con almeno 25 morti inducono il presidente Bendjedid Chadli a proclamare lo stato d'assedio, a rinviare le elezioni e a nominare primo ministro Sid Ahmed Ghozali (5-VI), che ottiene dal Fronte di salvezza islamica (FIS) la cessazione dello sciopero generale; in giugno riprendono gli scontri; il 30-VI, dopo che hanno minacciato di scatenare la «guerra santa» contro l'esercito, sono arrestati i leader del FIS Abassi Madani e 'Ali Benhadj. Il 26-XII il FIS si aggiudica nel primo turno delle elezioni del parlamento il 47.5% dei voti, ponendo una seria ipoteca sulla maggioranza dei seggi.
  • A Tunisi due dirigenti dell'OLP, Abu Iyad e Abu al-Hol, sono uccisi (15-I) da un palestinese legato al gruppo estremista di Abu Nidal; nei territori occupati da Israele le manifestazioni di protesta registrano 2 morti e oltre 60 feriti.
  • In Burkina Faso, Blaise Campaoré, candidato unico, rieletto con l'86% presidente della repubblica (1°-XII).
  • In Niger, la Conferenza nazionale di Niamey stabilisce il nuovo assetto del Paese e nomina Amadou Cheiffou primo ministro con l'intento di porre fine alla guerriglia dei ribelli tuareg (3-XI).
  • In Etiopia, il dittatore Hayla Mariam Menghistu, al potere dal 1977, fugge da Addis Abeba, circondata dai guerriglieri (21-V) del Fronte democratico rivoluzionario del popolo etiopico, che il 31-V conquistano la capitale; il 27-V gli eritrei sono giunti all'Asmara, il successore di Menghistu, Tesfaye Gebre-Kidan, si rifugia nell'ambasciata italiana. Il 6-VI diviene ad interim primo ministro il vicepresidente del Fronte, Tamirat Laynie; la conferenza per la pace e la democrazia di Addis Abeba (1°/5-VII) approva una carta dei diritti e dà vita a un Consiglio dei rappresentanti col compito di elaborare la nuova costituzione; il 21-VII il leader del Fronte Meles Zenawi è eletto capo dello stato; primo ministro Tamirat Laynie dell'etnia amhara, da sempre dominante.
  • In Somalia, l'offensiva della guerriglia, dopo 37 giorni di combattimenti, che provocano oltre 4000 morti, si conclude con la cacciata del presidente Siad Barre, al potere dal 1969 (27-II); i movimenti raggruppati nel Congresso dell'unità somala nominano presidente 'Ali Mahdi Mohammed, che forma il 3-II un governo provvisorio, contestato da alcuni movimenti e anche dalla fazione militare del CSU. Segue una fase di conflitti armati fra le diverse componenti della guerriglia; proclamato il cessate il fuoco, 'Ali Mahdi Mohammed è eletto presidente della repubblica (21-VII), 'Omar Arteh Galeb primo ministro (6-IX). Il conflitto delle etnie sfocia in una guerra civile, che oppone le truppe di 'Ali Mahdi Mohammed a quelle del generale Mohammed Farah Aydid; Mogadiscio è ridotta alla fame (17-XI).
  • In Togo, la Conferenza nazionale riunita a Lomé (8-VII/28-VIII) decreta la cessazione del monopolio politico del Raggruppamento del popolo; elegge primo ministro ad interim Joseph Kokou Koffigoh, e dà vita all'Alto consiglio della repubblica, un parlamento provvisorio; i militari costringono Koffigoh a rallentare il processo di democratizzazione e a richiedere l'aiuto della Francia; il 30-XII Koffigoh forma un nuovo governo, cui partecipano anche esponenti vicini ai militari.
  • In Zaire, ai sanguinosi moti di Kinshasa (nei quali muoiono 117 persone, 29-IX) fa seguito, grazie anche alle pressioni internazionali, la nomina da parte di Mobutu di Ètienne Tshisekedi, leader dell'opposizione, a primo ministro (29-IX); ma il 2I-X è destituito e sostituito con Mungal Diaka; cresce la tensione che conduce il 25-XI alla nomina di primo ministro di Nguza Karl I Bond.
  • In Ruanda, diviene primo ministro Sylvestre Nsanzimana del Movimento repubblicano nazionale per la democrazia e lo sviluppo (12-X), il nuovo nome dell'ex partito unico.
  • In Zambia, Frederick Chiluba, leader dell'opposizione, è eletto presidente della repubblica; il suo partito conquista la maggioranza all'Assemblea nazionale (31-X); l'8-XI forma il governo e abroga lo stato d'emergenza in vigore dal 1964.
  • A Mauritius, la coalizione composta dal Movimento socialista del premier Aneerood Jugnauth e dal Movimento militante vince le elezioni (15-IX).
  • In Turchia, le forze armate proseguono nell'opera di repressione del Partito dei lavoratori kurdi (PKK), penetrando il 5-VIII in territorio iracheno, il 7-VIII il primo ministro turco Mesut Yilamz annuncia la creazione in Iraq di una fascia di sicurezza di 5 km. Il 20-X il Partito della giusta via (DYP) di Suleyman Demirel, di centrodestra, vince le elezioni politiche; in coalizione con i socialdemocratici Demirel forma il nuovo governo (20-XI).
  • In Siria, Hafiz al-Asad è rieletto con voto unanime presidente della repubblica (2-XII).
  • Israele dà un primo consenso alla proposta di Baker relativa alla convocazione di una conferenza regionale di pace sul Medio Oriente (9-IV), appoggiata anche dal presidente egiziano Mubarak (11-IV), ma in un primo tempo rifiutata dalla Siria (12-IV), che l'accetta il 13-VII. Israele riprende gli insediamenti nei territori occupati; Shamir dichiara di essere disposto a concedere a Gaza e Cisgiordania qualcosa di più dell'autonomia, ma non l'indipendenza (14-IV). Il 30-X Bush e Gorbaciov aprono a Madrid la conferenza per la pace nel Medio Oriente, che per la prima volta vede riuniti a un tavolo Israele, i vicini paesi arabi e i palestinesi.
  • Nell'incontro con James Baker, segretario di stato americano, Tariq Aziz, ministro degli esteri iracheno, non accetta la richiesta di un ritiro incondizionato dal Kuwait (9-I); il 13-I il colloquio fra il segretario generale dell'ONU Pérez de Cuéllar e Saddam Hussein si conclude negativamente, e cade nel vuoto l'appello di Giovanni Paolo II all'Iraq perché si ritiri dal Kuwait e all'ONU perché convochi una conferenza di pace sul Medio Oriente; un ultimo tentativo di sventare la guerra è il piano di soluzione della crisi presentato senza successo da Mitterrand il 14-I. Il 16-I, dopo l'autorizzazione del Congresso degli USA a usare la forza, si aprono le ostilità fra la forza multinazionale, composta da 28 Paesi, fra cui l'Italia, e l'Iraq. La campagna, denominata «Tempesta nel deserto», s'inizia il 16-I con il bombardamento di Baghdad; il 17 si intensificano le incursioni su Iraq e Kuwait; il 17 e il 18 l'Iraq attacca con missili Israele; il 19-I si conclude la prima fase della guerra aerea. A Bonn, a Washington, a San Francisco e a Parigi (26-I) centinaia di migliaia di persone manifestano contro la guerra; il 29-I si dimette il ministro della difesa francese, Jean-Pierre Chevénement, contrario all'allargamento del conflitto; il 3-II gli alleati compiono i bombardamenti più violenti sull'Iraq dall'inizio delle ostilità; il 13-II è colpito un rifugio civile: i morti sono oltre 500. Sul piano diplomatico si registrano da un lato l'appoggio all'Iraq da parte della Giordania e dell'OLP, che aveva condannato l'invasione, dall'altro tentativi di mediazione dell'URSS e dell'Iran; il 15-II l'Iraq si dichiara disposto al ritiro dal Kuwait, ma le condizioni poste sono ritenute inaccettabili da Bush; Gorbaciov, a partire da quelle condizioni, elabora un piano di pace (18-II) respinto da Bush (19-II), il quale pone un ultimatum all'Iraq: se il ritiro dal Kuwait non avverrà entro le ore 12 (ora di New York) del 23-II, scatterà l'offensiva di terra; il 23-II Aziz accetta una variante del piano sovietico che equivale a una capitolazione, ma rifiuta la scadenza posta da Bush; il 24-II scatta l'operazione di terra; il 25-II l'Iraq si ritira dal Kuwait, ma l'offensiva prosegue; il 26-II gli alleati penetrano a Kuwait City e giungono in territorio iracheno; dopo una dura battaglia a 80 km da Bassora l'Iraq accetta senza condizioni le risoluzioni ONU; il 28-II gli alleati sospendono le operazioni; secondo fonti saudite i morti iracheni sarebbero stati 75-100.000. Il 4-III insorgono nel Nord dell'Iraq i kurdi, nel Sud gli sciiti; il 16-III Saddam Hussein annuncia in televisione che l'insurrezione sciita è stata domata e preannuncia riforme politiche e costituzionali; il 23-III è annunciata la formazione di un nuovo governo, guidato dallo sciita Saadoun Hammadi. Il 6-IV il parlamento iracheno accetta tutte le condizioni poste dal Consiglio di sicurezza dell'ONU per giungere al cessate il fuoco definitivo (6-IV), mentre l'esercito sbaraglia nel Nord la resistenza kurda: migliaia di kurdi riparano in Turchia. La repressione del governo iracheno è condannata dalla CEE e dagli Stati Uniti; dopo una fase di tensione, il 25-IV è annunciato un primo accordo kurdo-iracheno sulla base del riconoscimento dell'autonomia dei territori crudi, inclusa la regione petrolifera di Kirkuk. Il 5-VIII il Consiglio di sicurezza dell'ONU toglie l'embargo al petrolio iracheno, autorizzando l'esportazione per 1,6 miliardi di dollari, ma esigendo di amministrarne i proventi.
  • In India, dopo il primo dei tre turni elettorali per il rinnovo del Parlamento, in un attentato è ucciso Rajiv Gandhi, leader del Partito del congresso (21-V); esplodono violenze e repressioni e il secondo turno delle elezioni è rinviato. Le elezioni sono vinte dal Partito del congresso, che però non ottiene la maggioranza assoluta (15-VI); il 7-VI si dimette il primo ministro Chandra Shekhar, forma il governo il nuovo leader del Partito del congresso, Narasimha Rao.
  • Nello Sri Lanka prosegue la guerriglia delle Tigri per la liberazione del Tamil Eelam (LTTTE), che il 10-VIII subiscono in uno scontro con oltre 400 morti una dura sconfitta; dall'inizio del conflitto, nel 1983, i morti sono oltre 20.000; il 30-VIII il presidente Ranasinghe Premadasa, accusato di corruzione, sospende per un mese il parlamento.
  • In Bangladesh, un terribile ciclone provoca oltre 200.000 morti (30-IV). L'8-X, dopo il ritorno al sistema parlamentare, l'Assemblea nazionale elegge Abdur Rahman Biswas, del Partito nazionale, presidente della repubblica.
  • In Thailandia, le forze armate guidate dal generale Suchinda Kraprayoon attuano un colpo di stato, abrogano la costituzione e proclamano la legge marziale (23-II).
  • Nel Laos è approvata una nuova costituzione che ribadisce il monopolio politico del Partito popolare rivoluzionario (PPR) (14-VIII) e rafforza i poteri del capo dello stato; in sostituzione del dimissionario principe Souphanouvong viene eletto presidente Kaysone Phomvihane; primo ministro Khamtay Siphandone (15-VIII).
  • I capi delle tre correnti della resistenza in Cambogia stipulano a Pattaya (Thailandia) un accordo di cessate il fuoco con i rappresentanti del governo filovietnamita (24-VI); il 17-VII Norodom Sihanouk è eletto presidente del Consiglio nazionale supremo della Cambogia, l'organismo che dovrà guidare il paese a libere elezioni. La fine della guerra, dopo 21 anni, è formalmente sottoscritta a Parigi il 23-X; il 20-XI il governo di Phnom Penh governo riconosce Sihanouk capo dello stato.
  • In Vietnam, l'Assemblea nazionale nomina primo ministro Vo Van Kiet (9-VIII), che come il suo predecessore Do Muoi, divenuto in giugno segretario del Partito comunista, è esponente della corrente riformista.
  • A Singapore, le elezioni parlamentari anticipate confermano la maggioranza assoluta del Partito d'azione popolare (PAP) (31-VIII).
  • A Taiwan, il Kuomintang vince con il 71% dei voti le elezioni per la nuova Assemblea nazionale (21-XII).
  • A Seul, i ministri degli esteri delle due Coree sottoscrivono un accordo che pone fine a 40 anni di ostilità (13-XII).
  • In Giappone, ove in ottobre si è dimesso Tashiki Kaifu, il nuovo governo è presieduto da Kiichi Miyazawa (5-XI), eletto anche presidente del Partito liberaldemocratico.
  • A Kiribati (Oceania), Teatao Teannaki e eletto presidente della repubblica (3-VII).
  • A Vanuatu (Oceania), l'Unione dei partiti moderati (UPM) vince le elezioni (2-XII); il suo leader Maxime Carlot forma il governo con il Partito nazionale unito (16-XII).
  • A Haiti, il comandante in capo dell'esercito Raoul Cédras capeggia un sanguinoso colpo di stato che destituisce il presidente Aristide (30-IX); sotto la minaccia dell'esercito l'Assemblea nazionale elegge presidente Joseph Nérette (7-X).
  • A Trinidad e Tobago, il Movimento nazionale del popolo vince le elezioni legislative (16-XII); il suo leader, Patrick Manning, è il nuovo premier.
  • In Suriname, Ronald Venetian assume la presidenza della repubblica, dopo 4 anni di regime militare (16-IX).
  • I ministri della difesa della NATO, in una riunione a Bruxelles, preso atto delle esigenze militari messe in evidenza dalla guerra del Golfo, decidono la costituzione di una forza di reazione rapida che si possa inviare tempestivamente in aree critiche, anche se situate al di fuori dei confini stabiliti dal trattato del 1949 (28-V); l'alterazione del carattere difensivo dell'alleanza è accolta negativamente dalla Francia.
  • Si dissolve il patto di Varsavia: il 1°-VII URSS, Bulgaria, Polonia, Romania, Cecoslovacchia e Ungheria firmano a Praga la sua liquidazione.

1992

  • In Italia, Cossiga scioglie le camere anticipatamente (2-II); durante la campagna elettorale è assassinato a Palermo l'eurodeputato Salvatore Lima, referente di Andreotti in Sicilia; le elezioni, svoltesi il 5/6-IV, indeboliscono la maggioranza, rafforzano la Lega Nord e confermano l'ex PCI, il PDS, secondo partito; sono eletti presidenti del senato e della camera Spadolini e Scalfaro (24-IV). Il 17-II con l'arresto del presidente del Pio Albergo Trivulzio, il socialista Mario Chiesa, esplode a Milano «Tangentopoli», che coinvolge i deputati del PSI ed ex sindaci di Milano, Carlo Tognoli e Paolo Pillitteri (11-V), e investe i vertici politici ed economici; l'inchiesta si allarga e avvisi di garanzia sono inviati agli ex ministri Gianni De Michelis (14-VII) e Francesco De Lorenzo (29-X) e all'ex presidente del consiglio Bettino Craxi (15-XII); sono arrestati imprenditori; il 2-IX si suicida il deputato socialista Sergio Moroni; il 2-XI muore Vincenzo Balzamo, segretario amministrativo del PSI, inquisito il 14-X. Intanto il 28-IV si è dimesso polemicamente Cossiga; le votazioni per l'elezione del presidente della repubblica sono funestate dall'assassinio mafioso del direttore degli affari penali del ministero della giustizia, Giovanni Falcone (23-V), magistrato del pool antimafia, della moglie e di 3 uomini della scorta; il 25-V Oscar Luigi Scalfaro (DC) è eletto presidente della repubblica con i voti di DC-PDS-PSI-PSDI-PLI, Rete, Verdi e pannelliani; il 3-VI è sostituito alla presidenza della camera da Giorgio Napolitano (PDS); il 28-VI Giuliano Amato (PSI) forma un quadripartito; il 19-VII un nuovo attentato di mafia uccide il giudice del pool Paolo Borsellino e 5 agenti della scorta; il 17-IX è ucciso Ignazio Salvo, l'ex esattore legato agli ambienti politici dominanti nell'isola; si intensifica l'impegno dello stato contro la mafia con la nomina di Luciano Violante alla presidenza della commissione parlamentare, quella del giudice Bruno Siclari a procuratore generale antimafia (30-X) e quella di Giancarlo Caselli a procuratore generale di Palermo (17-XII); il 25-XII è arrestato il funzionario del SISDE Bruno Contrada.
  • A Malta, il Partito nazionalista del premier Eddie Fenech Adami vince le elezioni parlamentari (22-II).
  • In Francia, dopo un forte calo dei socialisti nelle elezioni amministrative (22/29-III), il presidente Mitterrand nomina primo ministro Pierre Bérégovoy, già ministro delle finanze (2-IV).
  • In Belgio, il cristiano popolare Jean-Luc Dehaene forma il nuovo governo, composto da cristiano popolari e socialisti (6-III).
  • In Gran Bretagna, l'IRA compie un attentato nell'Ulster che provoca la morte di 8 operai protestanti (17-I). Gli annunci dei divorzi dei principi di casa reale creano serie difficoltà alla monarchia. Il 9-IV si svolgono le elezioni anticipate, vinte dai conservatori, che riconfermano John Major al governo (11-IV).
  • In Irlanda, Albert Reynolds del Fianna Fail sostituisce Charles Haughey, travolto da uno scandalo sulle intercettazioni telefoniche (11-II); una nuova crisi di governo provoca elezioni anticipate, vinte per la prima volta dai laburisti (25-XI).
  • In Austria, Thomas Klestil del Partito popolare (OEVP) è eletto con il 54,6% dei voti presidente della repubblica (24-V).
  • In Germania, a Lichtenhangen, nei pressi di Rostock, si svolgono in luglio violente manifestazioni razziste contro gli immigrati e proseguono per una settimana. Violenze xenofobe e antisemite si succedono nei mesi successivi; a Molln militanti della destra neonazista incendiano due case abitate da famiglie turche: muoiono una donna e due bambine (23-XI). Sdegno e preoccupazione travalicano i confini della Germania: in tutta l'Europa crescono razzismo e xenofobia, sostenuti dall'estrema destra.
  • In Islanda, Vigdis Finnbogadòttir è confermata presiedente della repubblica (27-VI).
  • A Maastricht, il 7-II i Dodici firmano il trattato sulla creazione dell'Unione Europea, che sarà dotata entro il 1999 di un'unica moneta. Sottoposta a referendum, la ratifica del trattato di Maastricht è respinta in Danimarca (2-VI) con il 50,7%; è invece approvata in Francia (20-IX) con il 51%. Il 7-IX con la svalutazione della lira del 7% si avvia una fase di forte instabilità monetaria; lira e sterlina abbandonano il 16-IX lo SME e fluttuano liberamente; la peseta, svalutata del 9% il 17-IX, è nuovamente svalutata il 22-XI, insieme con l'escudo portoghese.
  • In Polonia, su pressione del presidente Walesa, il Sejm destituisce il primo ministro Jan Olszewski (5-VI); fallito il tentativo del leader del Partito contadino (PSL) Waldemar Pawlak, che non ha una maggioranza, è nominata primo ministro Hanna Suchocka, dell'Unione democratica (8-VII).
  • In Cecoslovacchia, le elezioni dei parlamenti nazionali registrano una netta divisione fra le due parti del paese: in Boemia-Moravia prevale la destra del Partito civico democratico (ODS) e dei democristiani del KDS, guidati dal ministro delle finanze Vàclav Klaus; in Slovacchia la sinistra del Movimento per una Slovacchia democratica di Vladimir Meciar (5-VI), seguito dagli ex comunisti del SDL. Il 20-VII Havel, che avversa il processo di separazione fra le due parti dello stato, si dimette; il 23-VII Klaus e Meciar si accordano per la formazione di due stati sovrani.
  • In Romania, il Fronte democratico di salvezza nazionale (FDSN) vince le elezioni per il parlamento (27-IX); Ion Iliescu è eletto presidente della repubblica nel ballottaggio (11-X); egli nomina primo ministro Nicolae Vacaroiu, un economista indipendente che forma un governo in cui è prevalente il ruolo del FDSN (4-XI).
  • In Bulgaria, Zelju Zelev è rieletto con il 52, 8% dei voti presidente della repubblica (19-I); il 28-X il parlamento vota la sfiducia nei confronti del governo guidato da Filip Dimitrov; la crisi si risolve con la nomina di Luben Berov (30-XII).
  • Nella ex Iugoslavia, l'aviazione federale abbatte in Croazia un elicottero degli osservatori della CEE; muoiono 5 militari (7-I); la CEE, facendo seguito alla Germania, riconosce l'indipendenza della Croazia e della Slovenia (15-I); l'ONU delibera l'invio in Krajina e Slovenia di una forza di protezione di 14.000 uomini per agevolare una soluzione negoziata del conflitto (21-II). Nella Bosnia-Erzegovina, il leader musulmano Aliza Izetbegovic è sequestrato il 2-V dai serbi, poi liberato il giorno seguente per l'intervento dell'ONU; il 5-IV egli chiede l'impegno della comunità internazionale: il 6-IV CEE e USA riconoscono la Bosnia-Erzegovina, presieduta da Izetbegovic; ma la legittimità del nuovo stato è contestata dalla Repubblica del popolo serbo della Bosnia-Erzegovina, proclamata il 7-IV e presieduta da Radovan Karadzic. La guerra civile causa migliaia di morti e di profughi; Sarajevo, Mostar e altre città sono teatro dei combattimenti fra le milizie serbe, appoggiate dall'esercito federale iugoslavo, e quelle croate e musulmane. L'8-VI l'ONU invia 1000 caschi blu per proteggere l'aeroporto di Sarajevo. Un accordo di cessate il fuoco firmato a Londra il 17-VII fra bosniaci-croati e bosniaci-serbi rimane lettera morta: l'ONU condanna l'azione di pulizia etnica svolta dai serbi (13-VIII). Muoiono i 4 passeggeri di un aereo italiano impegnato in un'azione umanitaria (3-IX); è rafforzato il numero dei caschi blu dell'ONU comandati dal generale Philippe Morillon (14-IX); la risoluzione 787 del Consiglio di sicurezza rafforza da un lato le sanzioni contro la federazione iugoslava, dall'altro non revoca il blocco delle fomiture di armi alla Bosnia-Erzegovina (16-XI). Il 27-IV è proclamata la Repubblica federale di Iugoslavia, composta da Serbia e Montenegro, non riconosciuta dalla CEE né dagli USA, che le attribuiscono le maggiori responsabilità nella guerra civile; il 31-V il Partito socialista serbo del presidente Slobodan Milosevic vince le elezioni del nuovo parlamento federale; il 15-VI è eletto presidente della repubblica federale lo scrittore Dobrica Cosic; il 13-VII è nominato primo ministro Milan Panic, industriale naturalizzato americano; il 20-XII Milosevic è confermato presidente serbo; il 29-XII il parlamento sfiducia Panic, sostituito dal montenegrino Radoje Kontic.
  • In Slovenia, il liberaldemocratico Janez Drnovsek forma il nuovo governo con un programma di radicali privatizzazioni (22-IV); il 6-XII Milan Kucan della Lista unita (ex comunisti) vince le elezioni presidenziali, il partito di Drnovsek le legislative.
  • In Croazia, Franjo Tudjman è rieletto presidente della repubblica; il suo partito, l'Unione democratica (HDZ) conquista la maggioranza assoluta (2-VIII).
  • La Macedonia è riconosciuta da Russia, Albania, Bulgaria e Turchia, ma non dalla CEE e dai paesi occidentali per l'opposizione della Grecia (6-VIII). Il 17-VIII il presidente Kiro Gligorov nomina primo ministro il leader dell'Alleanza socialdemocratica (ex Lega dei comunisti) Branko Crvenkovski.
  • In Albania, le elezioni del parlamento segnano una grande affermazione del Partito democratico (PDA) (22/29-III); il 9-IV Sali Berisha è eletto presidente della repubblica; il 13-IV l'esponente del PDA Alexander Meksi forma il governo.
  • Il presidente della Georgia Zviad Gamsakhurdija abbandona il paese e fugge in Armenia; assumono il potere i capi delle milizie di opposizione, Tenguiz Kitovani e Djaba Iosseliani, capo del governo è Tenguiz Sigua (6-I); il 10-III Eduard Sevardnadze è nominato presidente del Consiglio di stato ed à affiancato da un direttorio composto da Sigua, Kitovani e Iosseliani (10-III). La guerra civile nell'Ossezia del sud, che vuole congiungersi alla Federazione russa, conosce il 24-VI una tregua. Il 23-VI gli abhazi proclamano l'indipendenza; ne segue uno scontro duro e sanguinoso; l'11-X Sevardnadze è eletto presidente della repubblica.
  • In Estonia si forma il nuovo governo di Tiit Vahei (30-I); una nuova legge sulla cittadinanza che priva del diritto di voto i russofoni, circa il 37% della popolazione (21-VI), è ratificata il 28-VI nella giornata referendaria che approva anche la nuova costituzione; la destra vince le elezioni del parlamento (20-IX); il 5-X il nazionalista Lennart Meri è eletto presidente della repubblica; il 2I-X Mart Laar forma un governo di destra.
  • In Azerbajdzan, riesplode il conflitto per il controllo del Nagorno-Karabah; gli armeni conquistano Hodzali (28-II); il Fronte popolare impone le dimissioni del presidente Ajax Mutalibov, sostituito ad interim da Jakub Mamedov (6-III); il 9-V conquistano SuUa, ultima enclave azera nel Nagorno-Karabah; il 14-V Mutalibov è reintegrato alla presidenza; il 7-VI il leader del Fronte popolare Ebulfez Elcibey, che sostiene l'adesione alla CSI, è eletto presidente della repubblica, ma il parlamento rifiuta l'adesione alla CSI (7-X).
  • In Russia, un referendum sancisce l'indipendenza della Repubblica autonoma dei Tatari, già proclamata il 1°-II (21-III). Il 31-III, assenti i leader della Repubblica dei Tatari e della Ceceno-Inguscezia, i rappresentanti di 14 repubbliche e di 60 entità sottoscrivono a Mosca il nuovo Trattato della Federazione russa (31-III). Nella riunione di dicembre il Congresso dei deputati del popolo rifiuta la conferma del primo ministro Egor Gajdar e nomina Viktor Cernomyrdin; Eltsin ottiene la proroga della facoltà di legiferare per decreto.
  • In Moldavia, il presidente Mircea Snegur proclama lo stato d'emergenza per fare fronte al conflitto che oppone l'esercito alle milizie russofone della Repubblica del Dnestr (28-III); gli scontri proseguono nei mesi successivi; il 21-VII un accordo fra Moldavia e Russia pone fine al conflitto; il 1°-VII il parlamento ha eletto primo ministro Andrei Sangeli.
  • I capi di stato di Russia, Armenia, Kazachstan, Kirgizistan, Tadzikistan e Uzbekistan riuniti a Taskent sottoscrivono un accordo sulla ripartizione degli armamenti

1993

  • In aggiornamento

1994

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1995

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