Ars Bellica

Battaglia di Isandlwana

22 gennaio 1879

Prima sconfitta britannica in Africa, Isandlwana rappresenta un raro esempio di vittoria in campo aperto di un esercito "primitivo" contrapposto a un esercito di concezione moderna. Fu comunque una vittoria relativa nel contesto della Guerra anglo-zulu.
A cura di Giuseppe Bufardeci

ISANDLWANA

Gli avversari

Re Cetshwayo (Lambongwenya 1826, South-East Zululand – Eshowe, 8 Febbraio 1884)

Re Cetshwayo

Figlio del re zulu Mpande, il fratellastro di Chaka e Dingane che regnarono prima di lui.
Divenne re il primo Settembre 1873 dopo la morte del padre ed avere precedentemente sconfitto ed ucciso il fratello Mbuyazi, figlio favorito di Mpande.
Nella guerra Anglo-Zulu del 1879, sconfitto e catturato, rimase prigioniero degli Inglesi fino al 1883. Fu persino portato a Londra e presentato alla regina Vittoria che ne riportò una buona impressione.
Gli Inglesi lo rimisero poi sul trono del Regno Zulu ormai, però, dilaniato da lotte intestine.
Sconfitto e ferito dal capo Usibepu, sostenuto dai boeri, riuscì a scappare. Trovò rifugio nella città di Eshowe, dove morì dopo alcuni mesi, si pensa avvelenato.
Fu l’ultimo re di una nazione zulu indipendente.


Frederic Augustus Thesiger, Barone di Chelmsford (Derby, 31/05/1827 – Londra, 09/04/1905)

Frederic Augustus Thesiger

Appartenente ad una famiglia con solide tradizioni militari, militò prima nella Rifle Brigade, poi nei Granatieri della Guardia. Col grado di capitano partecipò alla guerra di Crimea nel 1885 ottenendo l’Ordine di Mej¡diyye, un'onorificenza militare e cavalleresca dell'Impero Ottomano, oltre che della medaglia della guerra di Crimea turca, britannica e piemontese.
Nel 1856 divenne maggiore. Fu promosso tenente colonnello nell'agosto 1857 in servizio presso il Novantacinquesimo Reggimento del Derbyshire. Partecipò alla repressione del cosiddetto "Grande Ammutinamento" in India e, da colonnello, alla guerra Anglo-Abissina del 1867-68.
Per le sue doti militari fu insignito dell’Ordine del Bagno e successivamente divenne aiutante di campo della Regina Vittoria. Stette fino al 1874 in India orientale, poi tornò in Inghilterra presso lo War Office. Venne promosso maggior generale a 49 anni nel 1877.
Nel Febbraio 1878 fu posto a capo delle truppe britanniche in Sud Africa.
Scoppiata la guerra con gli Zulu, la prima parte della campagna non gli fu propizia, fu sconfitto a Isandlwana e la sua posizione, presso il governo, si indebolì. A fine Maggio riprese l’offensiva, ma la morte del giovane principe Luigi Napoleone (primo di Giugno del 1879), figlio dell'ex imperatore francese Napoleone III, pose Chelmsford in una difficile situazione. Il primo ministro Disraeli esonerò Chelmsford del suo comando, sostituendolo col generale Garnet Wolseley.
Thesiger, mentre Wolseley viaggiava verso il Sud Africa accelerò le operazioni di guerra, sconfiggendo, infine, definitivamente gli Zulu nei pressi della loro capitale Ulundi. Wolseley riconobbe lealmente tutto il merito della vittoria al suo collega, riabilitandolo presso il governo inglese, anche se privatamente criticò la conduzione della campagna.
Lord Chelmsford tornò in Inghilterra, dove fu promosso tenente generale nel 1882, ma non ottenne mai più comandi operativi.
Dopo alcuni incarichi di prestigio a Londra e la promozione a generale nel 1888, si ritirò dal servizio attivo nel 1893.
Si spense nel 1905.

ISANDLWANA

Il Regno Zulu

Il Regno Zulu nacque tra il 1818 ed 1824. Inizialmente la popolazione Zulu controllava un territorio piuttosto piccolo, con l’avvento e le conquiste di Chaka, (1787-1828), arrivò a comprendere un territorio vastissimo, inserito nell’attuale Kwazulu Natal, confinante a nord con lo Swaziland e la Repubblica Boera del Transvaal, a ovest e sud con la Colonia del Natal (un territorio colonizzato dai Boeri nel 1839, chiamato Repubblica Indipendente del Natalia ed annessa all’Impero Britannico nel 1843), ed infine ad est con l’Oceano Indiano.

Regno Zulu 1860
Il Regno Zulu nel 1860

Chaka fu il primo regnante che si dedicò alla militarizzazione della popolazione, dandogli una disciplina ed organizzazione mai viste prima. Nel 1828 Chaka fu assassinato al terzo tentativo dai suoi due fratellastri, Dingane e Mhlangane. Dingane divenne poi re e governò per dodici anni.
Il regno presto cominciò a subire pressioni dall’occupazione dei territori confinanti da parte dei Boeri nella loro marcia di allontanamento dagli Inglesi, oltre a problemi di ribellioni al suo interno. Dingane passò la sua vita a combattere contro i nemici interni fino a soccombere nella lotta contro il fratello Mpande che divenne re nel 1840, cui succedette alla sua morte nel 1872, il figlio Cetshwayo.
Quest’ultimo era de facto al potere già dal 1856, dopo le ormai usuali lotte di successione al trono tra i figli del re. Il re intraprese immediatamente una politica fortemente militarista, emulando il suo predecessore Chaka. Il suo esercito fu equipaggiato anche con armi da fuoco, che però nel conflitto furono ininfluenti a causa del numero, della qualità e dello scarso munizionamento.
L'esercito degli Zulu non era la tipica accozzaglia di barbari descritti dalla stampa inglese, ed all'epoca della guerra del 1879 disponeva di quasi 40.000 effettivi.
Come già detto fu il re Chaka a creare l'organizzazione militare degli Zulu. Essi si dotarono della migliore tecnica bellica tra le popolazioni africane, utilizzando inoltre la "nuova" arma per il combattimento ravvicinato (assegai), una corta lancia, iklwa in lingua zulu.

Guerriero Zulu e armi
Un guerriero Zulu ed il suo equipaggiamento

Innanzitutto Chaka completò la riorganizzazione dei reggimenti per età, trasformandoli in unità inquadrate in un'armata permanente, l'impì. Ai soldati che ne facevano parte fu fatto obbligo di risiedere in caserme separate dal resto del villaggio, restando celibi dai 18 ai 35/40 anni. Anche le donne in età fertile furono irregimentate. I soldati furono addestrati ad essere estremamente mobili con continue marce forzate. Un guerriero dai piedi induriti dal continuo esercizio poteva arrivare a percorrere anche 50 miglia al giorno. Chaka costruì anche basi logistiche fortificate (kraals) ed avamposti militari (amakhanda). Le tattiche di guerra erano adeguate al tipo di armi in uso, cioè da combattimento ravvicinato.
Nel 1879, allo scoppio delle ostilità con gli inglesi il comando operativo venne affidato al settantenne principe Ntshingwayo kaMaholr Khozab, veterano delle guerre del re Chaka, mentre l'esercito era suddiviso in dodici divisioni (o izimpi) principali.

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I Boeri e l'Impero Britannico

Nel 1652 gli olandesi si insediarono stabilmente sul territorio che poi sarebbe diventato Città del Capo. L’insediamento era utilizzato come stazione di rifornimento per le navi della Compagnia Olandese delle Indie Orientali. Gli olandesi del Capo (Afrikaners), per lo più agricoltori e allevatori, ebbero buone relazioni con gli indigeni del Capo, ma l’ulteriore espansione verso l’interno provocò dei conflitti con la popolazione indigena degli Xhosa.
La caduta dell’Olanda durante le guerre napoleoniche, diede la possibilità all’Impero Britannico di prendere il posto degli olandesi a Città del Capo ed annettere il territorio alla corona.
I Boeri in difficoltà per l’espansionismo britannico, cominciarono ad emigrare verso nord fondando una serie di piccole repubbliche, in seguito unitesi nello Stato Libero di Orange, nella Repubblica di Natalia e nella Repubblica del Transvaal.
Queste repubbliche erano d’ostacolo all’espansione dell’Impero Britannico, inoltre la scoperta dell’oro e dei diamanti nel nord est contribuì fatalmente ad aumentare la volontà dei britannici ad annettersi tutto il paese.
Inevitabile fu lo scoppio di guerre così dette anglo boere, (1880-81 e 1899-1902), in cui l’Impero Britannico alla fine prevalse decretando la fine delle repubbliche boere, che furono annesse alla colonia del Capo.

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Origini del conflitto

Le tensioni con i confinanti Boeri, abitanti della neo costituita Repubblica del Transvaal, a cui Cetshwayo aveva precedentemente concesso delle terre, dovute al fatto che suo fratello Umtonga vi si fosse rifugiato per sfuggire alla sua persecuzione, indusse il re zulu a chiedere la restituzione di tutte le terre concesse, persino quelle date loro dagli Swazi, considerati dei vassalli degli Zulu.
Conseguentemente, quindi, i rapporti con i Boeri, guidati da Paul Kruger, peggiorarono, si instaurò uno stato di tensione continua a cui si sovrappose anche la politica espansionista del commissario britannico per il Sud Africa Sir Henry Bartle Frere.
Le costanti baruffe tra Britannici, Boeri e i vari gruppi africani avevano portato a una incessante serie di piccole guerre che avevano provocato un salasso economico sia per il Tesoro che per il Dipartimento della Guerra. Negli anni settanta, gli Inglesi tentarono di risolvere questi conflitti adottando una politica conosciuta come Confederation, la quale propose di unire i vari gruppi rivali neri e bianchi sotto una singola autorità, ovviamente britannica.
Nel 1877 Sir Henry Bartle Frere fu insediato in qualità di nuovo Alto Commissario del Sud Africa, con la espressa intenzione di realizzare la Confederation. Frere si convinse che il Regno Zulu, l'ultimo regno nero indipendente, potente e confinante con i possedimenti britannici, fosse la minaccia più seria al successo della politica britannica nella regione. Egli era ossessionato dall'idea che il re Cetshwayo potesse mettersi a capo di una ribellione della popolazione nera di tutto il Sud Africa, e cominciò una campagna di propaganda per provocare un intervento militare. Cetshwayo fu descritto come un "irresponsabile, sanguinario, sleale tiranno" ed i suoi guerrieri come "celibi, macchine trucida-uomini".
In questo periodo, peraltro, il Governo Britannico era invischiato in una crisi nei Balcani oltre che in una difficile guerra in Afghanistan, ed era contrario ad una guerra in Africa. A Frere fu detto quindi di trattare gli Zulu con "spirito di indulgenza" ma, al contrario, egli aumentò gli sforzi per far precipitare la crisi.
Nel marzo del 1878 il Tenente-Generale l'onorevole Sir Frederic Thesiger, Barone di Chelmsford, prese il comando delle forze imperiali in Sud Africa, succedendo al Generale Sir Arthur Cunynghane. Chelmsford era d'accordo con Frere che una guerra con gli Zulu fosse inevitabile.
Frere, visto che anche il comandante delle forze coloniali era allineato sulle sue posizioni, aveva solo bisogno di un pretesto per dichiarare la guerra contro gli Zulu. Approfittando e speculando sulla lentezza del limitato sistema di comunicazione fra Città del Capo e Londra, egli sperava di mettere il Governo davanti al fatto compiuto e trovò il pretesto che cercava nei rapporti su alcune piccole violazioni di confine. Questi incidenti furono di per sé di scarsa importanza: in una occasione una piccola pattuglia di Zulu aveva inseguito alcuni fuggitivi oltre il fiume Mzinyathi (Buffalo River) nel Natal per riportarli indietro nello Zululand; in un'altra, funzionari coloniali che avevano sconfinato nello Zululand, furono temporaneamente trattenuti come spie. Frere, tuttavia, valutò questi incidenti come una prova delle intenzioni aggressive del Regno Zulu.
L’11 dicembre 1878 delegati del re Cetshwayo furono convocati ad un incontro al Lower Drift, sul fiume Thukela, per discutere i risultati di una commissione di confine che aveva fatto da arbitro in una disputa concernente rivendicazioni boere e zulu per una fetta di territorio lungo il fiume Ncome (Blood River). Il Commissario britannico strumentalizzò questa disputa a sostegno delle sue tesi sulla serietà della minaccia zulu.
Contrariamente alle aspettative, la Commissione aveva trovato gli Zulu piuttosto accomodanti, riportandone un'impressione favorevole, ma l’Alto Commissario ne aveva approfittato per applicare delle pesanti condizioni agli Zulu. Queste includevano un indennizzo per gli incidenti di confine e, addirittura, l’abbandono del loro sistema militare. Se gli Zulu non avessero aderito entro trenta giorni, sarebbe stata la guerra. Le richieste erano inaccettabili, dal momento che colpivano l’essenza stessa del modo di vivere degli Zulu. Frere lo sapeva e vi faceva assegnamento. Il dado era tratto.
La consegna dell’ultimatum andava considerato un mero atto formale poiché i britannici avevano già deciso di attaccare.
La mancata risposta all’ultimatum, o meglio la mobilitazione delle truppe senza aspettare la risposta ad esso, diede inizio alla guerra, era l’11 Gennaio 1879.

ISANDLWANA

Il preludio

La strategia di lord Chelmsford fu condizionata dalla necessità di difendere il Natal ed il Transvaal da una possibile invasione zulu ed allo stesso tempo affrontare l’esercito Zulu con una forza sufficiente per distruggerlo.
Dal momento che il Governo non aveva autorizzato una campagna offensiva, le truppe a sua disposizione erano limitate. Sei battaglioni di fanteria erano già in Sud Africa, ponendo fine alla guerra della frontiera del Capo con gli Xhosa o presidiando il Transvaal – il 2º btg./3º rgt., il 1º btg./13º rgt., il 1º btg. ed il 2º btg./24º rgt., l’80º rgt. ed il 90º rgt. e un altro reggimento, l’88º, stava giungendo dalle Maurizius. C’erano due batterie d'artiglieria disponibili, la N della 5ª Brigata e l'11ª della 7ª Brigata della Royal Artillery; un'unica compagnia del Genio Reale; ed un fin troppo scarso personale addetto al trasporto, il quale non garantiva che l'enorme carico di viveri avesse potuto essere trasportato nella scia dell’avanzata.
Non c’era cavalleria regolare, solamente due squadroni di fanteria a cavallo ed un manipolo di piccole unità di volontari prese tra la comunità residente. La vasta popolazione nera del Natal, per la maggior parte ostile agli Zulu, era una potenziale fonte di arruolamento, ma chiaramente la manodopera scarseggiava.
Lord Chelmsford chiese al Governo rinforzi ma il Ministero delle Colonie non sostenne l’atteggiamento guerrafondaio di Frere, e al Generale furono mandati in più solamente due battaglioni di fanteria (il 2º del 4º Reggimento e il 99º Reggimento) e due compagnie del Genio Reale (la 2ª e la 5ª).
Quindi l'esercito di cui disponeva Chelmsford era relativamente piccolo (17.173 effettivi, per due terzi truppe indigene e volontari locali non del tutto affidabili) ma con la punta di diamante, rappresentata da circa 5.000 uomini appartenenti alle truppe di fanteria inglese, esperte e ben armate.

fante inglese
Un soldato di fanteria inglese

Essi erano la spina dorsale della suo esercito, fanti di linea veterani e molto ben addestrati. Vestiti con la classica giubba rossa, la loro arma era il fucile Martini-Henry Mark I o II a retrocarica, a colpo singolo, un’arma robusta ed affidabile.

Martini-Henry
"I am inclined to think, that the first experience of the Martini-Henrys will be such a surprise to the Zulus, that they will not be formidabile after the first effort" (Lord Chelmsford – 23 Novembre 1878).

Il concentramento delle forze avrebbe sicuramente consentito un maggior volume di fuoco e sarebbe stato meno vulnerabile ai contro attacchi, ma nello stesso tempo avrebbe controllato meno territorio e le forze zulu, molto più mobili, avrebbero potuto portare delle minacce oltre il confine, attraversabile in molti punti non più presidiati. Da queste considerazioni prese corpo la formazione inglese in 5 colonne che nel gennaio 1879 si mise in marcia contro il nemico.

Movimenti 11-22 Gennaio 1879
Movimenti 11-22 Gennaio.

La colonna laterale di destra era comandata dal colonnello Charles Pearson del 3º Reggimento di fanteria "i Buffs", e si raccolse al Lower Drift, appena all’interno dalla foce del Thukela. Al centro la colonna consistente in gran parte di truppe africane sotto il tenente colonnello Anthony Durnford del Genio di Sua Maestà, si doveva stabilire sul lato del Natal del Middle Drift del Thukela. L'altra colonna centrale doveva raggiungere la missione di Rorke’s Drift sul Mzinyathi, era comandata dal tenente colonnello Richard Glynn del 24º reggimento di fanteria, accompagnato dallo stesso lord Chelmsford. Essa era destinata ad essere la principale armata d’urto. La colonna laterale di sinistra era comandata dal colonnello H. Evelyn Wood del 90º reggimento di fanteria leggera, e doveva attraversare il fiume Ncome nello Zululand dal Transvaal. Infine la colonna sotto il colonnello Hugh Rowlands, del 34º reggimento di fanteria, doveva rimanere più a nord sul confine del Transvaal, dove poteva tenere d’occhio non solo gli Zulu, ma anche i Boeri.
Lord Chelmsford illustrò ai suoi comandanti il piano d'invasione. Egli voleva marciare il più rapidamente possibile sulla capitale Ulundi, il Kraal reale posto 60 miglia a nord del confine, per chiudere al più presto la campagna militare, sul modello dell'invasione dell'Etiopia alla quale aveva partecipato.
Chelmsford insieme alla terza colonna, forte di 4.709 uomini, inizialmente si concentrò a Rorke’s Drift, una missione trasformata in avamposto militare, dove pose un accampamento l’11 Gennaio. Oltrepassato il fiume Mzinyathi (Buffalo River), che faceva da confine tra il Natal ed il Regno Zulu, dopo un breve combattimento, distrusse un kraal nemico sul Batshe River.

Attacco Inkhosi Sihayo
Attacco alla casa colonica di Inkhosi Sihayo, 12 Gennaio.

Continuando poi a seguire la pista esistente, entrarono nella stretta valle rocciosa intorno al torrente Manzinyama fino ad un’altura, facente parte delle colline iNyoni, da cui si ergeva un isolato sperone roccioso, chiamato Isandlwana. Era il 20 gennaio 1879.
Il re Cetshwayo non aveva voluto la guerra. Una volta che le truppe britanniche furono sul suolo zulu, i suoi giovani guerrieri chiesero ad alta voce che si permettesse loro di combattere, egli lo concesse, ma proibì loro di entrare nel Natal, sperando che una guerra puramente difensiva potesse conseguire dei vantaggi politici.
Cetshwayo non scese in campo di persona (una consuetudine per un re zulu con l’eccezione di Chaka), lasciando il comando al suo generale più anziano il principe Ntshingwayo kaMahole Khoza. Durante un’ultima parata, diede ai suoi guerrieri le indicazioni generali: disse loro di marciare lentamente, non affaticarsi e di evitare di attaccare posizioni trincerate. Essi dovevano respingere il nemico oltre il confine, ma per nessuna ragione attraversarlo.
Il grande esercito marciò lontano con animo coraggioso, convinto della sua invulnerabilità e determinato a lavare le proprie lance nel sangue dell’abeLungu, l’uomo bianco.
Il re, correttamente, identificò la colonna centrale come la più forte delle truppe d’invasione; pertanto utilizzò la strategia di rallentare la marcia delle altre colonne, mediante l’intervento dei guerrieri delle regioni attraversate dal nemico ed impegnando il grosso dell’esercito zulu contro la colonna centrale.
L'astuzia degli Zulu nel sabotare le strade piazzando pietre che, opportunamente sistemate, danneggiavano le ruote di carri e cingolati, contribuiva a rallentare ulteriormente la marcia degli inglesi.
Nel complesso l’esercito zulu disponeva di più di 20.000 guerrieri.

Isandlwana
L'altura di Isandlwana.

Chelmsford giunto ai piedi dell’altura di Isandlwana, continuando a sottovalutare la velocità di manovra dell'armata zulu, decise di porvi la sua base avanzata.
L’esercito zulu si era mosso di 50 km in cinque giorni, mentre la colonna imperiale di 16 km in dieci giorni.
Il comandante inglese, prevedendo di non fermarsi a lungo nell’accampamento, non si preoccupò dell'organizzazione delle difese. Credeva, inoltre, che il nemico fosse ancora piuttosto lontano, mentre al contrario era già molto vicino alle sue forze. Le tende furono montate su un pendio con la montagna alle spalle orientate ad est-sudest, i carri da trasporto subito dietro le tende e quelli dei vettovagliamenti su uno uno spazio aperto nel passo (questo spazio viene definito con una parola locale "the nek" in pratica è una conca tra due alture).

Isandlwana e Black's Koppie
Lo spazio tra le colline di Isandlwana e Black's Koppie.

Preoccupato di individuare contingenti zulu che potessero minacciare le sue future linee di comunicazione una volta che le sue forze fossero avanzate, ordinò una ricognizione delle colline circostanti.
Il compito fu affidato a circa 1.600 uomini del Natal Native Contingent (NNC, 90% neri e 10% bianchi) e alle truppe a cavallo della Natal Mounted Police (NMP), il comando fu affidato al maggiore Dartnell.
All’alba del 21 Gennaio l’NNC marciò verso sud, mentre l’NMP verso est con l’intento di congiungersi al burrone Mangeni per ritornare al tramonto ad Isandlwana.
Delle pattuglie del NMP segnalarono l’avvistamento di truppe zulu in ritirata dopo essere state avvistate. Dartnell dopo il congiungimento con l’NNC, a seguito di questa segnalazione, decise di esplorare con le truppe a cavallo le colline circostanti (Mangeni Hills). L’incontro con diverse centinaia di zulu inizialmente in formazione d’attacco e poi in rapida ritirata gli fece temere una trappola.
Decise quindi di accamparsi con tutte le truppe sulla crinale di Hlazakari ed ivi organizzare un bivacco per la notte anche se i suoi ordini erano di rientrare al campo principale. Tale decisione fu dovuta al timore di essere attaccato al buio durante la marcia, ma anche per continuare a mantenere il contatto col nemico, essendo proprio quello lo scopo della sua missione.
Una volta presa la decisione, mandò un messaggio a Chelmsford comunicando di avere avvistato il nemico e di mandargli dei rinforzi.
Il messaggio giunse verso le 2.00 del mattino; il generale britannico pensò che una partenza immediata gli avrebbe consentito di raggiungere le colline Mangeni alle prime luci dell’alba, sorprendendo ed affrontando il nemico prima che questi si disperdesse. E così fece, lasciando, poiché avrebbero rallentato la marcia, i carri con le munizioni di riserva ed i vettovagliamenti.
Si mise in marcia insieme al colonnello Glyn con il secondo battaglione del 24º Reggimento di fanteria, meno una compagnia, e quasi tutte le truppe a cavallo presenti al campo, il resto della terza colonna rimase a Isandlwana. Queste forze furono poste al comando del quarantenne tenente colonnello Henry B. Pulleine. In servizio da ventiquattro anni, egli non era mai stato in azione, cosa sorprendente per un esercito che dopo la campagna di Crimea era stato costantemente impegnato in cinque conflitti regionali e decine di operazioni coloniali.
Lord Chelmsford appena prima di partire, scribacchiò un appunto per il comandante della seconda colonna, tenente colonnello Durnford, con l’ordine di marciare su Isandlwana.
Durnford aveva passato la notte con un distaccamento della seconda colonna a Rorke’s Drift, composto da:
 - una batteria di razzi, 1 ufficiale e 9 soldati;
 - truppe ausiliarie a cavallo, 6 ufficiali e 259 soldati;
 - un battaglione del Primo Reggimento NNC, 7 ufficiali e 240 soldati.
Gli ordini ricevuti da Durnford erano piuttosto vaghi, dicevano solamente di dirigersi a Isandlwana, accennando che la sua presenza era richiesta per appoggiare il movimento truppe verso le colline Mangeni. Egli si mise immediatamente in marcia ma la poca chiarezza degli ordini, lo convinsero, con suo grande piacere, che gli fosse stato richiesto di unirsi all’offensiva.
Giunse a Isandlwana verso le 10.30 del mattino del 22 Gennaio. Arrivato all’accampamento fu però avvertito che pocanzi, a nord-est, era apparsa una forza di circa 700 Zulu ma, questi, non avevano ingaggiato battaglia ritirandosi subito e non destarono, quindi, grandi preoccupazioni. I racconti dei superstiti sottolinearono come nessuno avesse preso in considerazione la possibilità che stessero per essere attaccati. Comunque sia ciò creava un dilemma per Durnford. Egli, avendo un’anzianità superiore a Pulleine, come da tradizione, avrebbe dovuto assumere il comando dell’accampamento ma, palesemente, sperava di conservare un comando indipendente, fu, inoltre, deluso dal non trovare al suo arrivo ulteriori ordini lasciati per lui da Chemlsford. Quest’ultimo, dopo, disse che gli ordini da lui lasciati per Pulleine di difendere il campo avrebbero dovuto essere vincolanti anche per Durnford.
Chelmsford, ignorava cosa stesse succedendo alle sue spalle. Gli Zulu avvistati potevano solo essere una forza in esplorazione ma anche delle truppe con il compito di tagliare le comunicazioni tra lui e l’accampamento, creando così una situazione di pericolo, visto che i carri con le munizioni di riserva ed i vettovagliamenti se li era lasciati indietro. Per tali ragioni Durnford decise di attenersi all’interpretazione che aveva dato dei vaghi ordini del suo comandante: mantenere il suo comando indipendente e partecipare alle operazioni offensive. La presenza di truppe nemiche nelle vicine colline lo indusse a partire alle 11.00 con tutte le sue forze nell’intento di trovare il nemico e cacciarlo dalle spalle di Chelmsford.

ISANDLWANA

Le forze in campo

Durnford
Ten. Col. Anthony Durnford

Ad Isandlwana le forze inglesi ammontavano a 1768 uomini, al comando del ten. col. Durnford e del ten.col. Pulleine. In particolare:
 • cinque compagnie del 1º battaglione del 24º Reggimento di fanteria (comandate dai tenenti Younghusband, Mostyn, Cavaye, Wardell e Portoeus, in totale 14 ufficiali e 402 soldati);
 • una compagnia del 2º battaglione del 24º Reggimento di fanteria (comandata dal ten. Pope, 5 ufficiali e 178 soldati);
 • due cannoni da sette libbre della batteria N della 5ª brigata della Royal Artillery (2 ufficiali e 70 soldati);
 • due compagnie del contingente indigeno del Natal (19 ufficiali e 391 soldati);
 • volontari a cavallo della polizia del Natal (115 uomini);
 • alcuni distaccamenti misti per un totale di 50 uomini;
 • una batteria di razzi (1 ufficiale e 9 soldati);
 • truppe ausiliarie a cavallo (capitano Barton e tenenti Raw, Roberts, Vause, Henderson e Henderson, in totale 6 ufficiali e 259 soldati);
 • un battaglione del Primo Reggimento NNC (7 ufficiali e 240 soldati).
Questi dati sono presi da fonti ufficiali e sono approssimati. Non si conosce invece il numero del personale civile e dei conducenti dei carri.

Pulleine
Ten. Col. Henry Pulleine

Le forze zulu erano raggruppate in tre contingenti:
 • centro - reggimenti uNoKhenke, Khandempemwu e Mbonambi per 9.000 uomini;
 • corno destro - reggimenti uDududu, iMube e isAngq per 4.000 uomini;
 • corno sinistro - reggimenti iNgobamakhosi e uVe per 6.000 uomini.
Questa terminologia deriva dal nome che essi stessi avevano dato alla loro tipica formazione: “le corna della bestia”. In sintesi, l’esercito era formato da un grosso blocco centrale e da due blocchi laterali. Mentre il primo costituiva la forza d’urto gli altri due cercavano di effettuare una manovra avvolgente che mirava ad un completo accerchiamento del nemico: in pratica due ali.
A queste si aggiungono le riserve: reggimenti iNdluyengwe, uThulwana, uDloko e iNdlondlo per 4.500 uomini.
Bisogna però dire che solo il reggimento iNdluyengwe partecipò alla battaglia, gli altri attaccarono il giorno dopo la missione di Rorke’s Drift.

ISANDLWANA

La battaglia

Le fasi iniziali

Quindi Durnford lascia, qualche minuto dopo le 11.00, l’accampamento con l’intero suo distaccamento, a parte il carro con le munizioni di scorta ed i rifornimenti che si era lasciato indietro e che non era ancora giunto a Isandlwana.
Due squadroni, tenenti Raw e Roberts, accompagnati dall’aiutante di campo di Rundford, maggiore Shepstone, vengono mandati verso la scarpata a nord del campo per poi esplorare le colline successive ed eventualmente sospingere gli zulu verso est.
Durnford con il resto delle forze, batteria di razzi inclusa, si dirige verso est.
Nello stesso tempo Pulleine schiera una compagnia del 24º (ten. Cavaye) sullo sperone di terreno che separa l’accampamento dalla scarpata.

Movimenti mattina
Movimenti mattina del 22 Gennaio.

La vista del terreno circostante la scarpata è completamente libera e non vi è traccia della grossa forza nemica avvistata al mattino, eccetto che piccoli gruppi, sulle sommità dei rilievi, in movimento verso nord-est.
Roberts e Raw si mettono immediatamente all’inseguimento: a 4 miglia dal campo il ten. Raw avvista dei pastori zulu che si stanno allontanando rapidamente con il bestiame risalendo un’altura rocciosa chiamata Mabaso e scomparendo dietro di essa. Raw continua l’inseguimento ma giunto sulla cima della roccia, nella valle in basso, con orrore, si trova di fronte i circa 25.000 guerrieri dell’esercito di re Cetshwayo.
L’intero esercito zulu si era messo in moto nella notte tra il 20 ed il 21 gennaio, dirigendosi inizialmente a sud-est, verso le forze britanniche, (Mangemi Hills), come pensava Chelmford, ma dopo essersi diviso in gruppi più piccoli, si era diretto verso nord-ovest per passare la notte nella valle di Ngwebeni. L’obbiettivo del re zulu erano proprio le linee di comunicazione del nemico, tra Isandlwana e Rorke’s Drift.
Per questioni religiose gli zulu avevano programmato di attaccare Isandlwana all’alba del 23 ma, ovviamente, l’improvviso incontro con lo squadrone del Ten. Raw cambiò repentinamente il loro piano.
Gli zulu andarono immediatamente all’assalto, gli uomini dello squadrone inglese, scesi dalle cavalcature, iniziarono a sparare: la battaglia di Isandlwana era iniziata.

Movimenti truppe ad Isandlwana

Gli Zulu incominciavano a predisporsi nella loro tradizionale formazione d’attacco (Corna della Bestia) con il centro (The Chest) che avanza, corno destro e sinistro che iniziano una manovra aggirante.
I tenenti Raw e Roberts nonostante la netta inferiorità numerica pur ritirandosi si fermavano ogni 200-300 metri per sparare una raffica al nemico in avanzata rapida.
La 5ª compagnia dell’NNC, invece, alla vista del nemico ruppe la formazione e fuggì a precipizio lasciando soli gli ufficiali. Anche il maggiore Shepstone tornò immediatamente all’accampamento per avvisare Pulleine dell’attacco in corso.

Movimenti 12.00
Movimenti 22 Gennaio 12.00.

Ad Isandlwana nel frattempo non avevano idea di cosa stesse succedendo, poiché, pur udendo la sparatoria, ancora non vedevano nulla ignorando, quindi, il movimento del corno destro e del centro zulu.
Il ten. col. Pulleine aveva ricevuto, alle 11.30 circa, l’ordine da Chelmsford di smontare il campo e mettersi in marcia. Indeciso sul da farsi, solo le frenetiche comunicazioni del magg. Shepstone sulla minaccia incombente lo convincono ad ignorare gli ordini. Nonostante ciò prevaleva ancora l’opinione che lo scontro in atto fosse solo una risposta localizzata all’invasione e che Chelmsford fosse quello più in pericolo in caso di incontro con l’esercito Zulu.
Ad ogni modo Pulleine schiera le sue forze ad Isandlwana verso nord, dalla parte da dove sembrava provenire la minaccia (vedi cartina sopra). Manda la compagnia del ten. Cavaye sullo sperone di roccia dell’Isandlwana che domina la scarpata sottostante.
Appena uditi degli spari dalla parte dello schieramento del ten. Cavaye al comando della fanteria regolare del 24º Reggimento (7), Pulleine mandò di rinforzo la compagnia del ten. Mostyn (6). Alla sinistra di Mostyn si schierò mezza compagnia NNC di Durnford giunta al momento dell’inizio della crisi, di scorta a dei carri, da Rorke’s Drift (5). Subito dopo arrivarono le forze dei tenenti Raw e Roberts che lasciate le cavalcature si posero alla destra di Dyson, affiancate a loro volta a destra da truppe di fanteria dell’NNC del ten. Barry. Più indietro alla destra di truppe ausiliarie varie, a circa 300 metri, furono schierati i due cannoni lasciati al campo. Tra i cannoni ed i carriaggi, fu posta a protezione la Compagnia E del 2º/24º.
Intanto apparivano sempre più guerrieri zulu in uno schieramento (il corno destro) che andava sempre più allargandosi, andando a minacciare il fianco sinistro della linea britannica.
Mentre avvenivano tutti questi movimenti, agli uomini del campo continuavano ad essere ancora invisibili i movimenti del centro e del corno sinistro del nemico.

I movimenti delle truppe di Durnford

Durnford, informato dalle vedette dei movimenti zulu, preso dall’entusiasmo accelerò la marcia delle sue truppe a cavallo, lasciandosi dietro di un paio di miglia la batteria di razzi (maggiore Russell) con una scorta di NNC (capitano Nourse). All’incontro con gli Zulu ordinò di retrocedere e ad intervalli smontare dai cavalli e sparare contro il nemico.
Nel frattempo la batteria di razzi si era ritrovata isolata con alla sua sinistra alcune colline di forma conica (aMathutsnane Hills), Russell ordinò di portarsi sulla sommità ma il terreno era molto accidentato e ripido. Erano a metà percorso quando apparvero gli Zulu che cominciarono a sparare.
Per il maggiore Russell non ci fu scampo, i muli fuggirono terrorizzati come la maggior parte della scorta. Il capitano Nourse con pochi uomini coprì la fuga dei sopravvissuti, aiutato anche dalle forze di Durnford giunte nel frattempo, che, in seguito, permisero anche a lui di ritirarsi rapidamente verso l’accampamento.

Lo schieramento britannico

La minaccia zulu non era comunque ancora evidente nella sua pienezza. A sinistra l’attività all’orizzonte era evidente ma a destra le colline non permettevano di vedere cosa stesse succedendo.
Quando il centro (the chest) dello schieramento zulu apparve in tutta la sua pericolosità, Pulleine fece retrocedere tutte le sue truppe disponendole lungo una linea ai piedi della scarpata, spalle all’altura, schierando in linea anche i due cannoni rimastigli. Egli si basava sull’evidenza di quello che stava succedendo alla sua sinistra ma ignorava completamente ciò che stava accadendo alla batteria del maggiore Russell.
Verso le 13.00, quindi, le forze di Pulleine si disposero a semicerchio con alle spalle la montagna, mentre gli Zulu coprirono l'altopiano e stavano per chiudere il cerchio.
Appena il centro zulu incominciò a calare dalle colline, si trovò sotto un intenso fuoco di sbarramento della fanteria. I cannoni non furono invece efficaci come sperato.
Raggiunto il fondo della scarpata gli Zulu furono sottoposti ad un pesante ed accurato fuoco di fucileria, soprattutto da parte dei veterani della fanteria del 24º Reggimento.
Quando i guerrieri del centro si posero al riparo di numerosi fossati d’acqua secchi (dongas) si bloccarono, non solo per il numero elevato di perdite ma anche storditi dai violenti scoppi della fucileria, ai quali non erano abituati.
Intanto Durnford continuava a retrocedere combattendo fino a smontare ed attestarsi al riparo di un profondo donga in un pianoro a circa 2 chilometri dall’accampamento. Pur battendosi bene la sua posizione era veramente pericolosa perché, ed in questo fu estremamente sconsiderato, molto lontana dall’accampamento. Il suo schieramento pur fermando i nemici di fronte a sé, non poteva impedire che truppe del corno sinistro lo aggirassero alla sua destra. Inoltre, a causa di questo spazio libero tra lui e Pulleine, indeboliva ed esponeva a destra lo schieramento predisposto da quest’ultimo. Infatti un reggimento (uMbonambi) dell’estrema sinistra del centro dello schieramento a corna, si insinuò tra lui e le forze attestate nell’accampamento, aggravando ulteriormente la sua già precaria situazione.

Movimenti 12.00 - 12.30
Movimenti 22 Gennaio 12.00 - 12.30.

Il crollo britannico

Pulleine appena resosi conto della situazione di Durnford mandò immediatamente la 2ª Compagnia del 24º Regg.to (ten. Pope) in suo aiuto, ordinandogli di occupare lo spazio dove stavano dilagando gli Zulu, scavalcando alla propria destra la posizione di un contingente di NNC (ten. Lonsdale), (vedi mappa sopra e sotto), ed attestandosi alla sinistra di Durnford. Purtroppo però lo spazio libero tra loro era ancora pericolosamente grande.
Anche se il movimento servì a fermare temporaneamente il Reggimento uMbonambi, il lato destro dello schieramento britannico era ancora troppo esposto.
Il ten. Pope aveva appena completato il movimento che la posizione di Durnford era ormai indifendibile.
Gli Zulu del uMbonambi spingendo tra i due schieramenti una mandria di vacche con al riparo nel mezzo molti guerrieri, riuscirono ad attestarsi nonostante le gravi perdite. Ormai l’integrità della linea inglese era rotta. Per di più adesso Durnford era minacciato da ambedue i fianchi.
Come se non bastasse gli uomini di Durnford incominciavano ad avere bisogno di munizioni. Essi erano stati i primi ad ingaggiare il nemico ed adesso le munizioni scarseggiavano. Quando furono mandati uomini a prendere i rifornimenti, nella confusione nessuno sapeva dove si trovassero i carri con le munizioni del distaccamento, l’unico disponibile era quello del 24º Reggimento, ma il furiere si rifiutò di rifornire altri che non fossero uomini della sua unità. Durnford stava pagando il non avere aspettato il suo carro dei rifornimenti per la sua impazienza della mattina.
Ceduta la posizione con il ripiegamento, si veniva a scoprire il fianco destro dell’intero schieramento.
Molti guerrieri zulu si misero all’inseguimento delle forze di Durnford, rallentati, ma non fermati dal fuoco della compagnia del ten. Pope.
Il ten. colonnello Pulleine, per evitare l’accerchiamento a destra, ordinò, a quel punto, la ritirata verso l’accampamento a tutte le sue truppe.
La fanteria del 24º incominciò a ritirarsi formando dei quadrati, gli Zulu rinnovarono gli attacchi con più forza nonostante le pesanti perdite. La ritirata delle truppe regolari di fanteria fu ordinata ed efficace, ma le truppe ausiliarie dell’NNC formate per lo più da nativi da troppo tempo in combattimento, erano sull’orlo del collasso, appena il panico incominciò ad impossessarsi di alcuni, non passò molto tempo che si diffuse tra tutte le unità ausiliarie, che iniziarono una fuga precipitosa e disordinata.
Gli Zulu non persero tempo e si misero all’inseguimento fin dentro il campo, tra le tende.
Pulleine non aveva ordinato di smontare le tende, come normalmente si faceva per lasciare libero il campo, ciò impediva il mantenimento delle formazioni da parte della fanteria e fu un ulteriore fattore negativo per gli imperiali. Tra la polvere alzata dagli animali, carri abbandonati e uomini in fuga, il disordine era al massimo. L’unica speranza di radunarsi ancora in formazione fu vanificata dalla velocità d’avanzata del nemico e dalla confusione che ormai regnava in tutto l’accampamento. Ogni tentativo di comando e controllo era oramai impossibile.
Quando la fanteria del 24º raggiunse le tende, il combattimento era per lo più corpo a corpo. I due cannoni ippotrainati riuscirono anch’essi a raggiungere l’accampamento ma la maggior parte degli artiglieri erano stati uccisi.
I guerrieri zulu erano dilagati nell’accampamento ed uccidevano tutto ciò che incontravano, uomini e animali.
Sul lato destro intanto le truppe a cavallo del Natal Mounted Police e Carabinieri avevano raggiunto anch’esse le tende, a loro si unì Durnford, che dopo la sua ritirata al campo, aveva cercato di mettersi inutilmente in contatto con Pulleine. Combatterono insieme fino all’esaurimento delle munizioni, passando al combattimento all’arma bianca, per poi cadere sommersi dalla marea zulu.

collasso inglese
Il collasso inglese.

Un altro gruppo del 24º, i sopravvissuti delle compagnie dei tenenti Mostyn, Cavaye, Wardell e Porteous, una volta raggiunto e attraversato l’accampamento, si radunarono, formando un quadrato. In questa fase della battaglia questo fu il punto focale della battaglia. Resistettero bene finchè ebbero munizioni ma a mano a mano che il fuoco diminuiva fino ad esaurirsi e i guerrieri zulu ebbero modo di accorciare la distanza e passare al corpo a corpo, anche per loro fu la fine.
La prima compagnia (ten. Younghusband) era riuscita da attestarsi ben riparata dalle rocce sul declivio della montagna alle loro spalle ma anche in questo caso l’esaurirsi delle munizioni non diede loro scampo.
Intanto il reggimento dell’estrema destra del corpo delle corna si era staccato dal resto della formazione ed insieme al corno destro avevano completamente aggirato la montagna ed erano dilagati senza incontrare grande resistenza alle spalle del campo. Incontrarono parecchi uomini sulla montagna e sui declivi, travolgendoli. Non è chiaro a quali unità appartenessero ma la presenza del cadavere del magg. Shepstone fa pensare a truppe ausiliarie.

La disfatta

L’esecuzione della formazione zulu era stata fino a quel momento perfetta. I due corni, destro e sinistro, stavano per congiungersi e chiudere definitivamente ogni via di fuga. La rotta di un primo flusso di uomini attraverso la montagna verso il confine con il Natal aveva impedito il completamento della manovra, perché guerrieri delle due corna ruppero la formazione per inseguire i fuggitivi.
I soldati britannici pressati dal centro delle corna attraversarono a ritroso la montagna e continuarono, pur avendo perso quasi del tutto coesione nei reparti, a resistere prevenendo il completo accerchiamento.
Probabilmente gli ufficiali avevano sperato di ritirarsi combattendo lungo la pista diretta a Rorke’s Drift ma cercando di aggirare il corno destro si erano messi fuori strada e, nello stesso tempo, aumentava la pressione alle loro spalle da parte del corno sinistro.
Inevitabilmente i superstiti si incanalarono verso sud nella valle del torrente Manzimnyama (The Fugitives Trail). Un gruppo di circa 60 fanti furono uccisi quando raggiunsero gli argini del torrente e quella fu l’ultima resistenza del 24º (The Last Stand).
La lotta della fanteria permise a quegli ausiliari che erano riusciti a mantenere una certa coesione (la maggior parte di loro erano sparpagliati nella campagna) di attraversare in relativa sicurezza il torrente ed arrampicarsi sul pendio della collina di fronte. Anche alcuni fanti riuscirono ad attraversare il corso d’acqua ma erano troppo esausti per arrampicarsi, furono raggiunti ed uccisi sul posto. Nessun soldato riuscì a scappare da Isandlwana a piedi.
L’inseguimento ai sopravvissuti continuò fino all’argine del fiume Buffalo con rinnovato ardore da parte degli Zulu, perché furono usati guerrieri di un reggimento non utilizzato nella battaglia, quindi freschi e riposati.
Gli ultimi a cadere furono i tenenti Melvill e Coghill.
Forse il più famoso episodio nella ritirata dal campo di Isandlwana riguarda il tentativo del tenente T. Melvill di salvare le bandiere del 1º Btg./24º Rgt. Questi era l’aiutante del suo battaglione e si pensa che, all’inizio del collasso, gli possa essere stato ordinato di portare in salvo la bandiera del reggimento e quella del battaglione.
Ogni battaglione di fanteria aveva due bandiere, la bandiera così detta della Regina e la bandiera del reggimento. Le bandiere avevano frange, corde e fiocchi di misto oro e cremisi. Il puntale era ornato o da un emblema raffigurante un leone sormontante una corona ottonato o dorato, o da una punta meno complessa. La bandiera della Regina era fondamentalmente lo stendardo nazionale, la bandiera del Regno Unito, e mostrava una corona imperiale ricamata d'oro al centro sopra il numero del reggimento in cifre romane. Quando non c’erano in corso azioni belliche, le bandiere erano arrotolate e protette da un pesante fodero di pelle con un tappo d'ottone.
Il tenente Melvill riuscì a farsi strada lottando, incontrò il tenente N. J. A. Coghill, anche lui del 1º Btg., insieme discesero nella ripida valle del fiume Mzinyathi (Buffalo River) e si immersero nel fiume che era in piena. Coghill lo attraversò facilmente invece, a causa della corrente, Melvill scivolò da cavallo e si aggrappò ad una roccia nel mezzo del fiume. Coghill tornò indietro per aiutarlo ma il suo cavallo fu immediatamente colpito. Melvill era troppo stanco per tenere la borsa con le bandiere che scivolò in acqua. Insieme i due uomini riuscirono infine ad attraversare il fiume, ad approdare sull’argine dalla parte del Natal e ad arrampicarsi su per un pendio. Essi raggiunsero una grande roccia ma lì furono uccisi.
Si dice siano stati trucidati non da guerrieri zulu, che, secondo gli ordini ricevuti, non attraversarono il fiume, ma da Africani del Natal che assistevano alle fasi della battaglia e che furono pesantemente minacciati di ritorsioni dai guerrieri zulu se non avessero finito il lavoro al loro posto.
Anni più tardi fu loro riconosciuta la Victoria Cross, ma il generale Worseley affermò: "I don't like the idea of officers escaping on horseback when their men on foot are being killed".

La fine della battaglia

Si può calcolare sulla base di testimonianze e di una eclissi parziale di sole al suo massimo alle 14.29, che la battaglia vera e propria terminò verso le 15.00.
Uomini isolati e piccoli gruppi di soldati erano sopravvissuti nascondendosi tra le rocce e i carri. Essi furono tutti individuati e uccisi nel corso del pomeriggio.
La sconfitta era costata all’Impero Britannico la perdita di 1.300 tra soldati e ausiliari sui 1.700 presenti alla battaglia. La maggior parte dei sopravvissuti erano ausiliari, solo 60 europei erano tra i superstiti, appena cinque ufficiali erano scampati alla morte e solo uno di loro, il ten. Curling, era stato in prima linea. Pulleine e Durnford erano caduti, così come tutti gli ufficiali del 24º, che rimasero con i loro uomini fino all’ultimo. Gli ufficiali, per il loro rango, erano forniti di cavalcatura, quindi nel momento del crollo, in cui non c’erano più ordini da dare, avrebbero potuto più facilmente mettersi in salvo rispetto al resto della truppa ma, anche se da un punto di vista formale nessuno avrebbe potuto biasimarli, chiaramente non se la sentirono di abbandonare i loro soldati.

Tenente F.J.D. Scott
Il Tenente F.J.D. Scott dei Carabinieri del Natal. Caduto a Isandlwana.

Impossibile calcolare le perdite, poiché non contabilizzati, tra civili, volontari delle truppe ausiliarie e addetti ai trasporti, che però costituivano il maggior gruppo dei superstiti, essendo stati i primi a fuggire quando la situazione è precipitata.
Il Natal Native Contingent (NNC) comunque lamentava più di 400 uomini caduti.
Tra gli Zulu, anche qui il conto è approssimativo, le perdite ammontavano a non meno di 1.000 guerrieri, a questi vanno aggiunti i centinaia di feriti da arma da fuoco, che pare, per la maggior parte, morirono nei giorni successivi per emorragia ed infezioni.
Gli Zulu come d’uso non fecero prigionieri.
Tutti i cadaveri dei britannici furono sventrati (apertura dello stomaco) per motivi religiosi, secondo la credenza zulu di liberare dal corpo lo spirito del morto così che possa raggiungere l’Aldilà, in caso contrario, avrebbe perseguitato per sempre il suo uccisore.

ISANDLWANA

Lord Chelmsford si ritira

Il comandante britannico giunto dopo l’alba del 22 sulle Mangemi Hills, nelle sue perlustrazioni della zona, non trovava riscontri che indicassero la posizione dell’esercito Zulu.
Alle 9.30 ricevette un dispaccio, di un’ora e mezza prima, da Pulleine sugli Zulu avvistati sulle colline a nord del campo. Decideva di mandare un suo ufficiale a risalire il rilievo Magogo alle sue spalle ed osservare l’accampamento con il cannocchiale. La visibilità a causa della foschia non era buona, l’ufficiale vide le tende intatte e ne dedusse che fosse tutto in ordine.
Intanto, intuendo che il nemico non fosse ancora a portata, Chelmsford inviava all’accampamento il capitano Gardner con l’ordine per Pulleine di avanzare. Al capitano si unirono altri ufficiali e fu una decisione fatale perché arrivarono a Isandlwana all’apice della battaglia, solo Gardner sopravvisse.
Fu mandato indietro anche il contingente NNC per aiutare a smontare l’accampamento, i cui uomini stanchi e accaldati marciarono con molta lentezza. Quando giunsero in vista del campo, la battaglia era già in corso, gli ufficiali non convinsero gli uomini a combattere e si posero in posizione difensiva dietro un crinale, assistendo alla tragedia che si stava consumando.
Chelmsford, nonostante avesse ricevuto durante la giornata un numero di rapporti che segnalavano attività insolite attorno all’accampamento, si decise a dare l’ordine di tornare solo quando ricevette un allarmato rapporto proveniente dal contingente NNC. Purtroppo prima di radunare tutte le truppe sparse lungo le colline passò ancora tempo e arrivarono ad Isandlwana alle prime tenebre della sera del 22 Gennaio.
Lo spettacolo anche al buio era desolante, gli uomini, stanchissimi, dormirono tra i cadaveri, sull’erba intrisa di sangue. L’indomani mattina, anche per risparmiare agli uomini la piena vista dell’eccidio, partirono subito in direzione di Rorke’s Drift.
Sulla via del ritorno incontrarono, a poche centinaia di metri da loro, contingenti zulu di ritorno dall’infruttuoso attacco alla missione, ma ambedue le parti erano troppo stanche per iniziare un combattimento.
Il ritorno a Rorke’s Drift sanciva la fine della campagna militare. L’eroica e vittoriosa difesa di Rorke’s Drift poco attenuava il dolore per la sconfitta subita. La grande verità era che benché il numero dei caduti ammontasse a meno della metà della forza della colonna, l’effetto sul morale era stato devastante. Inoltre la perdita delle tende, dei carri, delle munizioni di riserva e dei rifornimenti alimentari, per l’immediato, immobilizzavano la colonna militare.

ISANDLWANA

Cause di una sconfitta

Isandlwana fu la prima sconfitta dei britannici in Africa.
La posizione del campo di Isandlwana sarebbe stata piuttosto forte se le truppe si fossero trincerate ed organizzate in modo da concentrare il fuoco contro un attacco frontale.
Purtroppo i comandanti inglesi ignorarono i consigli che diversi boeri, tra cui il futuro capo della rivolta anti-inglese Paul Kruger, avevano fornito loro, quale adottare cerchi di carri (i tipici laager). Chelmsford non ordinò la fortificazione del campo perché semplicemente non ne vide la ragione; nei suoi piani quella sosta sarebbe stata molto breve. Infatti dichiarò: "It would take a week to make". Poi, il comportamento del ten. col. Durnford di attestarsi a difesa lontano dall’accampamento completò il disastro.
Durnford, pur battendosi bene, perse ben presto il controllo della battaglia, a corto di munizioni e con gravi perdite, cominciò ad arretrare verso la base perché non riusciva più a tenere la posizione. Questa azione avrebbe dovuto attuarla molto prima, quando ancora non era pressato, e avrebbe dovuto posizionarsi in continuità con il resto della formazione di Pulleine, invece espose tutto il fianco destro dello schieramento britannico perchè i volontari del Natal, traumatizzati dall'impatto violento di forze zulu in schiacciante superiorità numerica, si sbandarono.

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Probabile immagine del comandante zulu, Ntshingwayo kaMahole Khoza, a Isandlwana.

Al di là, comunque, di ogni considerazione tattica e strategica, la ragione principale della sconfitta è che furono enormemente sottovalutate le capacità militari degli Zulu e di conseguenza non fu presa in considerazione alcuna precauzione difensiva.
Nelle passate guerre in Africa, fino ad allora, truppe europee poco numerose ma ben addestrate e modernamente armate, avevano sempre avuto ragione con facilità dei nativi africani.

ISANDLWANA

Fine della guerra

Il conto finale con gli Zulu fu saldato da Chelmsford solo in Maggio, quando una seconda invasione con una strategia più accorta ne ebbe ragione.
Il 4 luglio 1879 Chelmsford riportò la vittoria definitiva davanti al kraal reale di Ulundi, sconfiggendo pesantemente l'esercito di Cethswayo.
Alle 9.00 Chelmsford, che disponeva di 5.300 fanti e 899 cavalleggeri appoggiati da 12 pezzi da campagna e due mitragliere Gatling, schierò i suoi battaglioni in un perfetto rettangolo. Si fermò a tre chilometri da Ulundi.
Cetshwayo gli lanciò contro il meglio del suo esercito, circa 20.000 uomini, ma stavolta, in meno di un’ora, una potenza di fuoco formidabile distrusse gli attaccanti, più di 4.000 guerrieri persero la vita contro 10 morti degli inglesi. La lotta era finita.
"Un assegai è stato piantato nel ventre della Nazione. Non ci sono lacrime sufficienti per piangere i morti" (Cetshwayo).
Lord Chemlsford tentò di giustificare al suo governo e per la storia il disastro avvenuto. Egli accusò Durnford di non avere organizzato delle adeguate misure difensive nell’accampamento, anche se in realtà tale decisione fu sua. Dopo il ritorno in patria, chiese udienza al primo ministro Gladstone che, però, si rifiutò di incontrarlo. Ciò, nel linguaggio politico di allora, era interpretabile come uno sgarbo pubblico ed un gesto ufficiale di disapprovazione.
Chelmsford ottenne di farsi ricevere dalla regina Vittoria, cui espose la sua versione dei fatti, che evidentemente convinse la Sovrana, la quale chiese a Gladstone di incontrarlo. Il Primo Ministro accontentò la Sovrana, ma il colloquio fu molto breve e Gladstone diede sfogo al suo scontento.
Una volta ottenuta la vittoria, il nuovo governo inglese (Gladstone) non ebbe rimorsi nell'abbandonare la politica della Confederation di Frere. Nessun tentativo fu fatto di annettere alla Corona il territorio conquistato a costo di così tanto sangue, che fu invece frantumato in tredici piccoli regni controllati dal Regno Unito.
Dopo pochi anni questi territori furono dilaniati da una guerra civile.
Cetshwayo fu richiamato dall'esilio e gli fu restituito parte del suo stesso regno nel tentativo di restaurare l'ordine, ma fu sconfitto.
Durante i successivi venti anni ci furono due ribellioni (1888: la ribellione realista nello Zululand guidata dal successore di Cetshwayo, Dinuzulu, sconfitto ed esiliato; 1896-97: la ribellione nello Zimbabwe ad opera degli Ndebele e i Mashona) mirate ad abbattere l'influenza bianca, ma entrambe furono soppresse crudelmente.
Solo nel 1887 il territorio zulu fu annesso alla Gran Bretagna ed infine nel 1897 incorporato nel Natal.

ISANDLWANA

Curiosità

Le bandiere vennero recuperate dal fiume alcuni giorni dopo e presentate successivamente alla Regina Vittoria ad Osborne House.

bandiere
Questa fotografia fu scattata dopo la presentazione. Sulla bandiera di sinistra, “The Queen’s Colour” è visibile la corona degli “Immortelles” posta sull’asta dalla Regina.

Sono stati prodotti due films di buon livello sulla battaglia di Isandlwana e collegati ad essa.

1) Titolo: Zulu
Produzione: Gran Bretagna 1964
Regia: Cyril Endfield
Attori: Michael Caine (tenente Gonville Bromhead), Ulla Jacobsson ( Margareta Witt), Stanley Baker (tenente John Chard), Jack Hawkins (reverendo Otto Witt), Nigel Green (sergente Bourne), James Booth (soldato Hook).
Curiosità: primo film da protagonista di Michael Caine.
Trama: il film, piuttosto fedele a come si svolsero i fatti, narra la difesa dell’avamposto inglese di Rorke's Drift, durante la guerra anglo-zulu del 1879. 139 soldati inglesi (più 350 soldati coloniali africani), si difesero con successo dall'assalto di tre reggimenti formati da 4.000 guerrieri zulu. Il giorno prima era avvenuta la battaglia di Isandlwana, a cui questi guerrieri non avevano fatto in tempo a partecipare e quindi erano molto ansiosi di prendersi un pò di gloria da qualche altra parte. Molti soldati furono poi decorati per l'eroica difesa.
Le Victoria Cross (la più alta onoreficenza militare britannica) distribuite furono undici, un autentico record per un unico reggimento nel corso di una sola battaglia in tutta la storia dell'esercito inglese.
Degna di nota è la vicenda del Caporale Schiess, l'unico non-britannico premiato con una Victoria Cross; Schiess morì povero cinque anni dopo, su una nave diretta in Inghilterra; la medaglia era tutto quello che gli restava.

2) Titolo: Zulu Dawn
Produzione: USA, Olanda 1979
Regia: Douglas Hickox
Attori: Burt Lancaster, Peter O’Toole, John Mills
Trama: la Battaglia di Isandlwana. Impietosa descrizione dello smacco che effettivamente umiliò la Gran Bretagna, ricostruito con notevoli mezzi da Hickox.


Giuseppe Bufardeci


Pubblicato il 28/12/2011