Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia di Opis

539 a.C.

Gli avversari

Ciro II il Grande (590 a.C. - 529 a.C.)

Sovrano della dinastia persiana degli Achemenidi. Regnò tra il 558 e il 528 aC. Figlio di Cambise I, vassallo dei Medi, poco dopo esser salito al trono di Ansan, Ciro si ribellò (553) contro Astiage, lo sconfisse e conquistò Ecbatana (550) che divenne residenza regale. Nel 549 ca. soggiogò il cugino Arsame, annettendosi il regno di Parsua, quindi, attaccato il re Creso di Lidia nel 547, ne sconfisse l'esercito a Pteria e lo inseguì attraverso l'Asia Minore fino a Sardi. La caduta della capitale lida e la conseguente conquista persiana di buona parte dell'Asia Minore (tranne le colonie ioniche sulla costa) segnarono l'inizio di un nuovo periodo di contatti fra Greci e Persiani.
Fra il 545 e il 539, dirigendo la sua azione contro le popolazioni dell'Iran orientale, conquistò la Drangiana, l'Aracosia, la Sogdiana, la Corasmia, la Battriana ed estese le frontiere orientali sino all'Oxus e allo Iaxarte. Riprese poi le operazioni a occidente; nel 539 attaccò Nabonedo e conquistò Babilonia. Uno dei primi atti del suo regno fu l'editto che autorizzava gli Ebrei in esilio a ritornare in Palestina. Morì durante una nuova spedizione alle frontiere orientali.
Presto si formò intorno alla figura di Ciro una serie di leggende, secondo le quali egli, abbandonato per ordine del nonno Astiage, sarebbe stato allevato da un pastore. Il nome della moglie del pastore, Spako, che secondo Erodoto significa in medo "cane", richiama il mito di Romolo e Remo allevati dalla lupa. Fondatore dell'Impero persiano, Ciro pose le basi del suo sviluppo politico e culturale. A lui si deve la costruzione di Pasargade, scelta come nuova capitale del regno ed edificata secondo moduli architettonici ispirati a una fastosa monumentalità e divenuti poi tradizionali dell'arte persiana. Un rilievo frammentario su un pilastro della porta della città, raffigurante un genio alato e recante l'iscrizione «Io, Ciro, il Re, l'Achemenide (ho fatto questo)», è tutto quello che rimane della produzione scultorea dell'epoca del regno di Ciro.
Fra il 545 e il 539, dirigendo la sua azione contro le popolazioni dell'Iran orientale, conquistò la Drangiana, l'Aracosia, la Sogdiana, la Corasmia, la Battriana ed estese le frontiere orientali sino all'Oxus e allo Iaxarte. Riprese poi le operazioni a occidente; nel 539 attaccò Nabonedo e conquistò Babilonia. Uno dei primi atti del suo regno fu l'editto che autorizzava gli Ebrei in esilio a ritornare in Palestina. Morì durante una nuova spedizione alle frontiere orientali.


Nabonèdo, o Nabonido; in babilonese Nabu-na'id "Nabu è eccelso" (555-538 a. C.)

Ultimo re dell'impero neobabilonese. Salito al trono a seguito di una rivoluzione, condusse una spedizione militare in Palestina per rafforzare i confini dell'impero e organizzò un'alleanza con la Lidia e l'Egitto per bilanciare la crescente potenza persiana. Nella politica interna, si rese famoso per il tentativo di restaurare, come elemento di coesione e fattore di potenza politica, la più antica religione mesopotamica, e in particolare il culto del dio lunare Sin. Ciò gli alienò le simpatie del sacerdozio di Marduk, particolarmente potente in Babilonia. Quando (539) il re dei Persiani Ciro assalì e conquistò la capitale dell'impero, vi fu perciò accolto come liberatore.

Le campagne di Ciro

Sicuro che, regnando Nabonide, non avrebbe avuto noie da parte babilonese, Ciro rivolse le sue armi contro il potente regno di Lidia; tanto più che Creso, succeduto ad Aliatte, preoccupato dal minaccioso progredire della potenza persiana, aveva in certo modo preso l'iniziativa, invadendo la Cappadocia. Creso aveva l'aiuto degli Egiziani e dei Babilonesi, ma Ciro prevenne la coalizione delle loro forze, irrompendo con un esercito nella Cappadocia (546). Dopo un primo scontro rimasto indeciso presso Pteria, Ciro con tutte le sue forze mosse contro Sardi: così Creso fu costretto ad accettare quella battaglia campale in cui fu pienamente disfatto. Ridottosi dentro Sardi, Creso, abbandonato dai Babilonesi che avevano fatto pace separata con i Persiani, attendeva sempre l'aiuto dei suoi alleati di Sparta e di Egitto. Gli Spartani avevano di fatto preparato una flotta, ma, quando erano sul punto di prendere il mare, pervenne loro la notizia che Sardi era caduta, secondo Erodoto per la casuale scoperta d'un sentiero nascosto. Creso con i suoi cadde nelle mani del vincitore.
Secondo le notizie babilonesi Ciro avrebbe fatto uccidere Creso, ma le fonti greche attestano unanimi che egli si mostrò mite col vinto. La leggenda, di cui già una prima eco si trova in Erodoto, secondo la quale Creso, condannato da Ciro a morire sulle fiamme, si era salvato poiché, già sul rogo, aveva pronunziato tre volte il nome di Solone, attirando con ciò la curiosità di Ciro, è naturalmente una creazione greca su elementi orientali. Poiché nel mondo orientale la mitezza verso il vinto era cosa molto rara, si volle attribuire a un intervento eccezionale quella usata da Ciro verso il suo forte avversario abbattuto.
Appresa la caduta di Sardi, le città greche dell'Asia Minore avevano inviato a Ciro ambascerie per dichiarargli che accettavano la sua supremazia alle stesse condizioni che avevano con Creso. Ma Ciro richiese completa sottomissione, fatta eccezione per Mileto a cui concesse in un trattato di conservare di fronte all'impero persiano la posizione che aveva di fronte al regno lidio, e affidò ai suoi generali il compito di costringere gli Ioni all'obbedienza: compito che, data l'abilità dei Persiani negli assedi, fu presto assolto; in seguito anche la Caria e la Licia furono sottomesse.
Ciro si rivolse poi verso oriente, estendendo il suo dominio sulle provincie orientali dell'Iran, sottomettendo la Margiana e la Sogdiana e raggiungendo il fiume Iaxarte, nei cui pressi fece costruire fortezze che erano in piedi ancora ai tempi di Alessandro. La sua azione, che durò qui dal 546 sino al 540, assicurò all'impero persiano quelle provincie orientali che troviamo elencate nelle iscrizioni cuneiformi come facenti parte di esso, all'atto dell'assunzione al trono di Dario; e cioè Parthiana, Drangiana, Ariana, Khorasm, Battriana, Sogdiana, Gandara, i Saci, i Sattagidi, Arachosia e Maka.
In seguito alle conquiste occidentali, l'impero persiano confinava ormai dal golfo arabico sino alla Cilicia con il regno di Babilonia. Lo scontro era ormai inevitabile.

La situazione babilonese

In quel periodo Babilonia era in una situazione geopolitica poco promettente. L'impero persiano come premeva da nord, est e ovest, inoltre, gravi problemi economici, esacerbati dalla peste e dalla carestia, resero assi impopolare Nabonedo tra molti dei suoi sudditi. Secondo Mary Joan Winn Leith, "Il successo di Ciro è dovuto all'acume militare, alla corruzione babilonese, e ad una energica propaganda condotta in tutta Babilonia, che lo descriveva come un signore clemente e religiosamente tollerante". Grazie a queste paventate qualità, Ciro convinse un governatore provinciale babilonese, chiamato Gobria a disertare per porsi al suo fianco. Insieme a se stesso, Godria portava in dono al re persiano il territorio di Gutium, una regione di frontiera di notevoli dimensioni e di importanza strategica, che Ciro utilizzò come punto di partenza per la sua invasione.
Per quanto riguarda l'invasione stessa, le fonti non sono del tutto chiare. La Cronaca di Nabonedo ricorda che il conflitto forse cominciò già nell'inverno del 540 a.C., mentre in una sezione frammentaria della stessa cronaca che si presume di coprire gli anni 540-539 a.C., vi è un possibile riferimento a dei combattimenti, una menzione di Ishtar e di Uruk ed un riferimento alla Persia. La battaglia di Opis era quindi probabilmente solo la fase finale di una serie continua di scontri tra i due imperi.

La battaglia

La Cronaca di Nabonedo constata che la battaglia ha avuto luogo nel mese di Tashritu (27 Settembre - 27 Ottobre) "a Opis sulla riva del Tigri". Molto poco si sa circa gli eventi della battaglia; la cronaca non fornisce alcun dettaglio del corso della battaglia, la disposizione delle forze su entrambi i lati o le perdite inflitte. Le fonti riportano che l'esercito persiano sotto Ciro combatté "l'esercito di Akkad" (ossia i Babilonesi). L'identità del comandante babilonese non viene registrata nelle cronache, ma è stato tradizionalmente assunto che Baldassarre, il figlio di Nabonedo, era al comando. Il suo destino non è chiaro e sembra che possa essere stato ucciso in battaglia.
Però proprio prendendo in considerazione le fonti, la permanenza, per non pochissimo tempo, di Ciro nell'area attorno alla città di Opis, la sua campagna di "propaganda" e le probabili vittorie persiane a Ishtar e Uruk, possiamo immaginare che il morale babilonese e di conseguenza la capacità di resistenza sul campo fossero ai minimi. Probabilmente, al primo impatto, l'esercito di Baldassarre, le cui doti di comando sono del tutto sconosciute e al quale non vengono accordate vittorie militari di alcun tipo prima dello scontro di Opis, si è rapidamente disunito ed ha subito quindi una sconfitta chiarissima, forse una disfatta.
La maggior parte delle traduzioni della Cronaca di Nabonedo fanno riferimento ad un "massacro" del "popolo di Akkad", anche se i traduttori in disaccordo su chi fosse stato stato massacrato: se la popolazione di Opis o l'esercito babilonese in ritirata.
Pierre Briant riporta: "Questa vittoria è stata seguita da un immenso bottino e dal massacro di coloro che hanno tentato di resistere". Maria Brosius interpreta il massacro come un'azione punitiva di Ciro, "per dare l'esempio di una città che cercava di resistere all'esercito persiano". Cuyler Young commenta: "Questo riferimento nella Cronaca suggerisce che i Persiani hanno catturato intatto il campo principale dell'esercito Nabonedo e che, come spesso accade, le vere uccisioni dei guerrieri sono cominciate dopo che i babilonesi erano caduti in preda alla paura e panico e si erano ritirati dal campo".
Indipendentemente dal fatto che vi sia o meno stato un massacro, all'interno o all'esterno delle mura della città di Opis, la sola disposizione dell'esercito babilonese contro quello persiano di Ciro dimostra che il regime babilonese esistente tentò una resistenza contro l'invasione persiana.

Le conseguenze

Con la sconfitta a Opis sembra si fosse conclusa la seria resistenza babilonese all'invasione persiana. La Cronaca di Nabonedo infatti afferma che dopo la battaglia di Opis, "il quattordicesimo giorno (6 ottobre) Sippar fu presa senza combattere. Nabonedo fuggì, e "il sedicesimo giorno (12 ottobre) Ug / Gubaru, governatore di Gutium, e l'esercito di Ciro, entrarono in Babilonia senza nemmeno combattere". Nabonedo stesso venne catturato poco dopo, quando tentò di tornare a Babilonia. Il suo destino finale non è del tutto chiaro, ma secondo lo storico babilonese del III secolo a.C. Beroso, Nabonedo fu risparmiato e andò in esilio in Carmania, dove morì anni dopo. Una volta entrato Babilonia, Ciro fu proclamato re, nominò i nuovi governatori del regno appena conquistato ed iniziò una politica assai illuminata nei confronti dei vinti. I templi furono protetti; alle singole città furono restituite le divinità che Nabonide aveva fatto trasportare a Babilonia poco prima dell'invasione e permise il ritorno in Palestina ai Giudei deportati nella città stessa.
In tal modo, con una serie di fortunate conquiste, non solo di stampo militare, Ciro riuscì a gettare saldamente le basi di uno dei più vasti imperi che la storia ricordi.