Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia di Millesimo

13-14 aprile 1796

Gli avversari

Napoleóne I Bonaparte (fino al 1796 Buonaparte) imperatore dei Francesi

Nacque ad Ajaccio il 15 ag. 1769, morì a Longwood, nell'isola di S. Elena, il 5 maggio 1821; figlio di Carlo e Letizia Ramolino. Collegiale ad Autun, Brienne, Parigi, fu poi luogotenente d'artiglieria (1785) e tentò in seguito la fortuna politica e militare in Corsica (nel 1791 era capo-battaglione della guardia nazionale ad Ajaccio, nel febbr. 1793 condusse il suo battaglione di guardie nazionali nella spedizione della Maddalena, miseramente fallita, nell'apr.-maggio 1793 prese posizione, con il fratello Luciano, contro P. Paoli, per cui dovette fuggire in Francia). Comandante subalterno nel blocco di Tolone (ott. 1793), si acquistò il grado di generale e quindi il comando dell'artiglieria dell'esercito d'Italia. Sospettato di giacobinismo per l'amicizia con A. Robespierre, subì un breve arresto; destinato a un comando in Vandea, rifiutò e fu radiato dai quadri (apr. 1795). Divenuto amico di P. Barras conobbe presso di lui Giuseppina de Beauharnais (che sposò il 9 marzo 1796); e per incarico di Barras difese energicamente la Convenzione contro i realisti (13 vendemmiale). Ottenne così il comando dell'esercito dell'interno, poi di quello d'Italia. Presa l'offensiva (9 apr. 1796), batté separatamente (Millesimo, Millesimo e Dego) gli Austro-Sardi, costringendo questi ultimi all'armistizio di Cherasco (28 apr. 1796), quelli, dopo le vittorie di Lonato, Arcole, Rivoli, e la resa di Mantova, ai preliminari di pace di Leoben (18 apr. 1797). Occupata la Lombardia, ricostituisce sul modello francese le repubbliche di Genova e di Venezia e toglie al papa la Romagna (armistizio di Bologna, 23 giugno 1796; trattato di Tolentino, 18 febbr. 1797). Poi, col trattato di Campoformio (17 ott. 1797), conferma alla Francia il Belgio e le annette le Isole Ionie, ponendo fine all'indipendenza di Venezia, il cui territorio passava all'Austria (ad eccezione di Bergamo e Brescia incorporate nella nuova Repubblica Cisalpina). Preposto, a Parigi, a una spedizione contro le isole britanniche, la devia verso l'Egitto, ove sbarca il 2 luglio 1798 e vince alle Piramidi, in Siria (ma è fermato a S. Giovanni d'Acri), ad Abukir (dove la sua flotta era stata, il 1° ag., distrutta da Nelson). Tornato in Francia con pochi seguaci (9 ott. 1799), vi compie, un mese dopo (18 brumaio), un colpo di stato, con la dispersione del Consiglio dei Cinquecento e la sostituzione del Direttorio con un collegio di tre consoli, assumendo egli stesso il titolo di primo console. Ripresa la guerra contro i coalizzati, valica le Alpi (primavera 1800), vince a Marengo (14 giugno 1800) gli Austriaci costringendoli alla pace di Lunéville (9 febbr. 1801), cui seguono profonde modificazioni territoriali in Italia (annessione alla Francia di Piemonte, Elba, Piombino, Parma e Piacenza; costituzione del regno di Etruria); conclude con l'Inghilterra la pace di Amiens (25 marzo 1802). Console a vita (maggio 1802), sfuggito alla congiura di G. Cadoudal (1803), assume su proposta del senato la corona d'imperatore dei Francesi (Notre-Dame, 2 dic. 1804) e poi quella di re d'Italia (duomo di Milano, 26 maggio 1805). Nei tre anni di pace (rotta, però, con l'Inghilterra già nel maggio 1803), spiega una grande attività ricostruttiva: strade, industrie, banche; ordinamento amministrativo, giudiziario, finanziario accentrato; pubblicazione del codice civile (21 marzo 1804; seguirono poi gli altri); creazione di una nuova nobiltà di spada e di toga; concordato con la S. Sede (16 luglio 1801). Formatasi, per ispirazione britannica, la 3ª coalizione (Inghilterra, Austria, Russia, Svezia, Napoli), la flotta franco-spagnola è battuta a Trafalgar (21 ott. 1805) da quella inglese comandata da Nelson, ma Napoleone assedia e batte gli Austriaci a Ulma (15-20 ott.), gli Austro-Russi ad Austerlitz (2 dic.) e impone la pace di Presburgo (26 dic. 1805: cessione di Venezia e altre terre austriache alla Francia e ai suoi alleati tedeschi). Assegna il Regno di Napoli (senza la Sicilia) al fratello Giuseppe, quello di Olanda al fratello Luigi, e forma la Confederazione del Reno (luglio 1806). Alla 4ª coalizione (Russia, Prussia, Inghilterra, Svezia) oppone le vittorie di Jena e Auerstedt (14 ott. 1806) sui Prussiani, l'occupazione di Berlino e Varsavia, le vittorie sui Russi a Eylau (od. Bagrationovsk, 8 febbr. 1807) e Friedland (14 giugno) cui segue la pace di Tilsit (8 luglio 1807), vera divisione dell'Europa in sfere d'influenza tra Francia e Russia con l'adesione della Russia al blocco continentale contro l'Inghilterra (bandito il 21 nov. 1806), e con la formazione del granducato di Varsavia (al re di Sassonia) e del regno di Vestfalia (al fratello Girolamo). Messo in sospetto dall'atteggiamento della Spagna, la occupa (dal maggio 1808) e ne nomina re il fratello Giuseppe (sostituendolo a Napoli col cognato Gioacchino Murat); ma la guerriglia degli Spagnoli, indomabile, logora lentamente le sue forze militari, mentre la lotta contro la Chiesa (occupazione di Roma, febbr. 1808; imprigionamento del papa Pio VII, 5 luglio 1809) gli sottrae popolarità presso ampi settori sociali. Debella quindi, non senza fatica, in Baviera (19-23 apr. 1809) e a Wagram (6 luglio) la 5ª coalizione, capeggiata dall'Austria, e impone la pace di Schönbrunn (14 ott. 1809), che segna l'apogeo della potenza napoleonica, per gli ampliamenti territoriali che il trattato e i successivi provvedimenti portano all'Impero francese e ai suoi satelliti. Coronamento della pace, dopo il ripudio della prima moglie, sono le nozze (1° apr. 1810) con Maria Luisa d'Austria e la nascita (20 marzo 1811) del "re di Roma". La Russia, allarmata per le mire napoleoniche, aderisce alla 6ª coalizione: Napoleone la invade (24 giugno 1812), vince a Borodino (7 sett.), occupa Mosca (14 sett.); ma la città è in preda alle fiamme e Napoleone è costretto a iniziare verso la Beresina una ritirata disastrosa, poi vera fuga, mentre governi e popoli di Russia, Prussia e infine d'Austria (10 ag. 1813) si sollevano contro di lui. Né l'offensiva ripresa nella Sassonia (maggio 1813), né le trattative con i coalizzati gli giovano; la sconfitta di Lipsia (16-19 ott. 1813) lo costringe a sgombrare la Germania e a difendersi sul suolo francese (inverno 1813-14). Il 31 marzo 1814 gli Alleati occupano Parigi e il 6 aprile Napoleone abdica senza condizioni accettando il minuscolo dominio dell'isola d'Elba, ove giunge il 4 maggio 1814. Ma, sospettando che lo si voglia relegare più lontano dall'Italia e dall'Europa, sbarca con poco seguito presso Cannes (1° marzo 1815) e senza colpo ferire riconquista il potere a Parigi (20 marzo). Il tentativo dura solo cento giorni e crolla a Waterloo (18 giugno 1815). Dopo l'abdicazione (22 giugno), Napoleone si rifugia su una nave inglese: considerato prigioniero, è confinato, con pochi seguaci volontarî, nell'isola di S. Elena, dove a Longwood, sotto la dura sorveglianza di Hudson Lowe, trascorre gli ultimi anni, minato dal cancro, dettando le sue memorie. Le sue ceneri furono riportate nel 1840 a Parigi, sotto la cupola degli Invalidi. La sconfitta definitiva di Napoleone ebbe per la Francia gravi conseguenze: occupata per tre anni dalle potenze nemiche, fu obbligata a pagare esose indennità di guerra; dopo un periodo di relativa pace sociale visse lo scoppio del malumore e della vendetta del mondo cattolico.


Jean-Pierre barone di Beaulieu, Generale austriaco (Lathuy, Brabante, 1725 - Linz 1819)

Generale nato a Lathuy nel Brabante il 26 ottobre 1725, morto a Linz il 22 dicembre 1819. Aiutante di campo del maresciallo austriaco Daun durante la guerra dei Sette anni, solo dopo 20 anni rientrò nella milizia, nel 1789, per reprimere l'insurrezione del Brabante. Col grado di generale e la riputazione di stratega, fu tra i primi ad aprire le ostilità contro i rivoluzionari francesi comandati dal Biron e li batté a Valenciennes (29 maggio 1792); e nuovi favorevoli successi ottenne nei due anni seguenti, fra cui la vittoria di Arlon contro il generale Jourdan (1794). Comandante dell'armata d'Italia (1796), con l'incarico di fronteggiare Napoleone, dopo le sconfitte di Montenotte, e al ponte di Lodi, il Beaulieu riuscì tuttavia a riparare a Mantova e poi nel Tirolo dove fu sostituito nel comando dal maresciallo Wurmser (21 giugno).

La genesi

Senza lasciarsi attrarre dalla puntata delle colonne austriache Pittoni e Sebottendorf sulla riviera di Voltri (10 aprile), anzi auspicando da quella mossa eccentrica un più agevole successo del progettato attacco contro il tratto mediano dello schieramento austro-sardo, il generale Bonaparte risolve di accelerare l'esecuzione del suo piano di sfondamento nella zona delle Langhe dove sono a contatto gli eserciti alleati. Per immobilizzare i Piemontesi, Bonaparte invia la divisione Sérurier a manovrare con compiti dimostrativi sull'alto Tanaro e fa avanzare la divisione Augereau nella direzione Carcare-Cairo, di dove potrà ostacolare direttamente un'eventuale mossa del Colli intesa ad appoggiare gli Austriaci. All'attacco contro la destra austriaca, Bonaparte impiega le due divisioni Laharpe e Masséna, che, dai monti a nord-ovest di Savona, dovranno puntare su Montenotte. Nei pressi di questa località ebbero luogo i giorni 11 e 12 aprile i primi scontri, che portarono lo scompiglio fra le truppe imperiali colà dislocate. Per cogliere risultati decisivi da quella prima sorpresa, il Bonaparte raccoglie le forze nella valle della Bormida orientale, fra Carcare e Dego.

La battaglia

Il mattino del 12 aprile il Laharpe attacca Monte Negino, difeso dalle truppe austriache dell'Argentau; e ben presto sulla sinistra del Laharpe entra in azione anche il Masséna che manovra contro il fianco destro austriaco. La posizione di Monte Negino cade in mano ai Francesi, e l'Argentau ripiega su Millesimo con l'intento di difendere quella posizione. Contemporaneamente altri 4500 francesi guidati dal Generale Massena assaltarono alla baionetta il fianco destro austriaco facendo letteralmente scappare a gambe levate tutte le scarse truppe che incontrarono compreso il battaglione Terzy sul Monte Castellazzo.Il mattino del 13, Augereau attacca da Carcare le alture di Cosseria occupate dal distaccamento del generale Provera, la cui epica resistenza non cedette neppure di fronte ai rinforzi portati in linea dalla divisione Masséna e fu continuata, dopo esaurite le munizioni, con i sassi. Questa eroica tenacia di un pugno d'uomini ritardò di un giorno la fulminea avanzata francese. Tentò bensì il Colli di utilizzare questo tempo di respiro per avvicinarsi agli Austriaci; ma non fu secondato dal Beaulieu, che non si curò neppure di richiamare sui monti le truppe austriache operanti lungo la riviera. Il 14 aprile il Bonaparte puntò su Dego con la maggior parte delle sue truppe e assalì le posizioni austriache, forti per le caratteristiche del terreno, ma troppo debolmente occupate da una parte soltanto della divisione Argentau. Gli attacchi a furia, guidati dallo stesso Bonaparte, scardinarono la difesa; né le truppe di rincalzo, tardivamente condotte dall'Argentau, valsero a ristabilire la situazione. Con la giornata del 14 aprile Bonaparte s'incuneò fra i Sardi e gli Austriaci, la cui separazione divenne definitiva per la prevista divergente attrazione che esercitarono sugli alleati le rispettive basi politiche di Torino e di Milano. Questa battaglia, ufficialmente denominata da Millesimo, dovrebbe più propriamente chiamarsi di Dego.

«Aveva il generalissimo Buonaparte, dopo la vittoria di Montenotte, conseguito il fine che si era principalmente proposto, la separazione cioè degli Austriaci dai Piemontesi; ma affinché questo vantaggio non gli venisse guasto o interrotto da una nuova riunione dei confederali, la quale poteva facilmente accadere finché essi stavano più su nella valle della sinistra Bormida a Millesimo, che nella valle della Bormida destra, dove stanziavano a Dego ed a Magliani, si rendeva necessario cacciarli più sotto nella prima: quindi nacque pei Francesi la necessità di dar l'assalto al posto di Magliani e d'impadronirsi di Millesimo. Ottenne il secondo di questi fini Augereau, il quale per viva forza superò i passi dei monti che dividono le due valli. Stava alla guardia della sinistra Bormida il vecchio ma prode generale Provera con un corpo franco-austriaco e 1500 granatieri piemontesi: aveva con sé per conforto e sprone alla sua vecchiaia il marchese Del Carretto, giovane forte e generoso. Posto Provera in pericolosa condizione, perché circondato ad un tratto da ogni banda dai nemici, senza aver avuto avviso alcuno da Argenteau, e, per la subita invasione di Buonaparte, lontano da Colli, che si era posato al Montezemolo per impedire ai Francesi il passo verso Ceva, voleva ritirarsi a mano manca verso gli Austriaci; ma impeditogli il viaggio dalla Bormida cresciuta per piogge abbondanti, fece l'animosa risoluzione di salirsene in cima al monte, dove siede il vecchio castello di Cosseria. Ivi senza artiglierie, senza munizioni, senza sussidio alcuno di cibo o di acqua, attendeva a difendersi con grandissimo valore, abbenchè tre volte andassero i repubblicani all'assalto per vincere la prova. Risospinti sempre dagli assaltati, pernottarono i Francesi, la notte dal 13 al 14, a mezzo monte, aspettando che aggiornasse per ricominciare la pugna. Arrivava infatti il giorno 14 aprile; ed allora la fame e la sete, operando ciò che la forza non aveva potuto, diede il castello ai vincitori. Al tempo medesimo, Busca cacciava i Piemontesi da san Giovanni di Murialto; Augereau, vincitore di Cosseria, superava anche Montezemolo: la qual cosa diede facoltà ai Francesi di mostrarsi nella valle del Tanaro, e indusse Colli alla necessità di correre a difendere Ceva e Mondovi. Mentre tali cose succedevano a sinistra dei repubblicani, altre di maggior importanza preparava la fortuna in mezzo e a destra. Eransi gli Austriaci e i Piemontesi uniti fortificati sui monti di Magliani, di Cassano, del Poggio e della Sella; ma la principale loro difesa consisteva nel ridotto di Magliani, che stava a ridosso del castello del medesimo nome, munito di artiglierie. I repubblicani per aprire quella strada che i confederati avevano serrata, si facevano avanti il giorno 15 sino alla Rocchetta del Cairo, ad un miglio distante da Dego, grossi di 15,000 combattenti; ma queste mosse non furono altro che minacce e tentativi per iscoprir bene il sito e la forza del nemico. L'urto ddei due nemici doveva succedere il giorno 14, nel quale i repubblicani, risoluti di venire al cimento, si sopartirono in tre colonne: delle quali la destra, condotta dal colonnello Rondeau, assaliva gli alleati per la strada che dai Girini conduce a Dego, ed una parte di questa andava ad occupare la strada che dalla regione dei Pini porta alle Langhe, col fine d'impedire che giungessero soccorsi agli alleati da da Pareto e da Spigno; essa doveva far impeto copntro il Poggio e la Sella. La colonna del mezzo, capitanata dai generali Menard e Joubert, saliva al castello di Magliani, la sinistra più grossa delle altre, che obbediva principalmente a Massena doveva salire dalle sponde della Bormida per dar dentro al fianco destro dei posti di Magliani, e contro Monterosso che dava il varco ai medesimi. Tutte queste mosse erano pensate con molta maestria di guerra, e furono altresi' condotte con molto valore. Riuscì terribile l'urto al Poggio ed alla Sella. Saliva intanto di fronte la mezza, però posatamente, per aspettare l'effetto dell'assalto dato sui due fianchi; ma quando i Francesi ebbero riuscito ad aver vittoria sui due lati, cacciando i nemici loro dal Poggio e da Monterosso, la mezza fattasi avanti entrò forzatamente nel castello di Magliani, dove uccise i soldati di Giulay, i quali tutti vollero piuttosto morire che cessare di combattere. Restava il ridotto di Magliani, dal quale tempestavano gli alleati con una furia incredibile di palle e di scaglia; e quivi fu assai dura l'impresa pei repubblicani, perchè i confederati traevano a punto fermo, e solo a cento passi di distanza. Finalmente verso la sera, e dopo tre ore di sanguinosissima battaglia, i Francesi poterono impadronirsi di quel forte sito, cacciatine a forza i difensori. Si precipitarono allora gli alleati nella valle delle Cassinelle per guadagnar la strada per a Pareto; ma i Francesi li seguitarono a corsa; e la colonna spartitasi dalla destra schiera che se ne stava ai Pini, scagliossi siffattamente contra i fuggiaschi, che quasi tutti li uccise o prese: tutti anzi sarebbero stati sterminati, se i due reggimentì piemontesi della Marina e di Monferrato non avessero fatto da ala protettrice a coloro che fuggivano, cacciati dalla furia francese che li incalzava. Questo fine ebbe la battaglia, che meglio di Magliani che di Millesimo si chiamerebbe, perché a Magliani concorsero le principali forze delle due parti, e nel luogo medesimo snccedette il più forte conflitto. Perdettero in tutte queste zuffe gli alleati meglio di 2000 soldati tra morti, feriti e prigionieri; i repubblicani poco più di 200; ma più grave perdita pei primi fu quella che susseguito' del castello di Cosseria, perché stretto Provera, come abbiamo già detto innanzi, dalla fame e dalla sete, e perduta ogni speranza di aiuto dopo ch'ebbe veduta dall'alto la sconfitta de'suoi, non indugio più ad arrendersi».

Le conseguenze

Dopo la vittoria nella battaglia, Millesimo entrò a far parte integrante dello Stato francese e precisamente del dipartimento di Montenotte retto dal prefetto Chabrol de Volvic. Le numerose stampe e le cartografie di quegli anni sono conservate nel Museo napoleonico di villa Scarzella.