Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Assedio di Tsingtao

2 settembre - 7 novembre 1914

Le flotte avversarie

La marina imperiale giapponese nella prima guerra mondiale

A partire dal 1868, il reintegrato imperatore Meiji emanò riforme per industrializzare e militarizzare il Giappone, allo scopo di impedire che potesse essere sopraffatto dagli Stati Uniti e dalle potenze europee. Il 17 gennaio 1868 venne creato il Ministero degli Affari Militari (conosciuto anche come Ministero Esercito-Marina) con Iwakura Tomomi, Shimazu Tadayoshi e il principe Komatsu Yoshiakira come primi segretari. Durante gli anni settanta e ottanta del XIX secolo la Marina imperiale giapponese rimase essenzialmente una forza di difesa costiera, sebbene il governo Meiji continuasse il processo di modernizzazione. La Jho Sho Maru (ben presto ribattezzata Ryujo Maru) progettata da Thomas Glover venne varata a Aberdeen in Scozia il 27 marzo 1869. Nel 1870 un decreto imperiale stabilì che la Royal Navy britannica e non la Marina olandese sarebbe stato il modello per lo sviluppo. Tale modello sfocierà addirittura in una all'alleanza, quella anglo-giapponese del 1902, che diede motivo al Giappone per entrare a tutti gli effetti nella prima guerra mondiale al fianco degli Alleati. Nel novembre 1914, dopo l'assedio anglo-giapponese di Tsingtao, la Marina imperiale giapponese occupò la base navale tedesca di Tsingtao nella penisola cinese di Shandong. Quello stesso anno, in agosto e settembre, un gruppo da battaglia venne inviato nel Pacifico centrale per inseguire lo squadrone tedesco dell'Asia orientale, che si spostò nell'Atlantico meridionale, dove venne intercettato da forze navali britanniche e distrutto nella battaglia delle isole Falkland. Il Giappone occupò gli ex-possedimenti coloniali della Germania in Micronesia, le isole Marianne (esclusa Guam), le isole Caroline e le isole Marshall, che rimasero colonie giapponesi fino alla fine della seconda guerra mondiale, con il Mandato del Sud Pacifico della Lega delle Nazioni.

Durante la prima fase del conflitto la Royal Navy chiede il supporto della Marina Imperiale in varie occasioni: l'inseguimento dello squadrone tedesco dell'Asia orientale, azioni di scorta ai convogli delle truppe ANZAC e la richiesta, rifiutata dal governo giapponese, di avere in affitto i quattro incrociatori della classe Kongo (navi di costruzione inglese e le prime navi giapponesi a montare pezzi da 356 mm). In seguito a ulteriori richieste di contribuire al conflitto e con lo sviluppo da parte della Germania, dal 1917, della guerra sottomarina indiscriminata, la Marina imperiale giapponese inviò nel marzo 1917 una forza speciale di cacciatorpediniere nel mare Mediterraneo. La flotta, comandata dall'ammiraglio Sato Kozo e consistente nell'incrociatore corazzato Nisshin e di otto dei più nuovi cacciatorpediniere della Marina Giapponese fece base a Malta, proteggendo efficacemente il traffico navale alleato da Marsiglia e Taranto ai porti egiziani fino alla fine della guerra. Il cacciatorpediniere Sakaki venne silurato da un sommergibile della k.u.k. Kriegsmarine, e perirono con esso 59 fra ufficiali e marinai. Al termine del conflitto la Marina imperiale giapponese ricevette come compensazione di guerra sette sommergibili tedeschi, che furono portati in Giappone per essere analizzati, contribuendo in maniera decisiva allo sviluppo dell'industria sottomarina giapponese.


La marina imperiale austriaca nella prima guerra mondiale

Fino alla fine del XVIII Secolo c'erano stati solo limitati tentativi degli Asburgo di creare una Marina austriaca. I primi piani per fondarne una erano stati caratterizzati da mancanza di volontà, sforzo, interesse e denaro da parte degli Asburgo e basati prevalentemente su iniziative private degli abitanti dei territori costieri asburgici. In caso di guerra, i governanti austriaci consideravano più conveniente affidare la difesa costiera alle forze navali alleate. Negli anni delle guerre contro l'Impero Ottomano, dal XVI secolo in poi, era stata creata comunque una flottiglia danubiana per sostenere le operazioni terrestri e contrastare gli attacchi navali turchi nella fitta rete fluviale dell'europa sudorientale. Gli sforzi di Wallenstein e dell'imperatore Carlo VI di costrire una Marina da guerra degna di una nascente grande Potenza non avevano avuto effetto durevole. Neanche i piani di Carlo VI, Maria Teresa e Giuseppe II per la fondazione di colonie avevano contribuito a uno sviluppo della Marina e, in pratica, per questo motivo tutti i progetti di colonizzazione erano stati condannati al fallimento. Dopo la Guerra dei Sette Anni la vulnerabilità austriaca ai costanti attacchi corsari in Mediterraneo aveva indotto il Cancelliere di Stato conte Kaunitz a premere per la creazione di una piccola forza navale. Ma fu solo nel 1797 che questa situazione cambiò, quando l'Austria ottenne la città di Venezia coll'Istria e la Dalmazia grazie al Trattato di Campoformio. Le forze e le attrezzature navali veneziane, passate all'Austria, divennero la base della futura Marina Austro-Veneta, che esisté fino al 1848 e fu sotto una forte influenza italiana. Fino a quell'anno, comunque, per l'Austria non era ancora giunto il momento di divenire una grande Potenza navale.

Fu solo grazie all'impegno dell'ammiraglio Tegetthoff, eroe di Lissa, il quale dedicò molti anni alla riforma della Kriegsmarine, che si videro i primi progressi; ed in particolare, uno dei primi banchi di prova per la k.u.k. Kriegsmarine fu lo scoppio della rivolta dei Boxer in Cina (aprile 1900), che vide la marina austriaca coinvolta direttamente in quanto presente nell'area con la nave Zenta, mentre ufficiali e marinai inviati a Pechino parteciparono attivamente agli scontri. I rinforzi inviati in oriente (le navi Kaiserin und Königin Maria Theresia, Kaiserin Elisabeth e Aspern) giunsero invece troppo tardi per partecipare ai combattimenti. Sotto la direzione dei comandanti Hermann von Spaun, Rudolf Montecuccoli e Anton Haus la marina austro-ungarica fu ulteriormente ampliata e modernizzata, anche grazie al contributo dell'arciduca Francesco Ferdinando, che nel 1908 aveva ordinato la costruzione dei primi sottomarini. Il 24 giugno 1911 venne varata la Viribus Unitis, la prima nave da battaglia austro-ungarica monocalibra (tipo Dreadnought); la corazzata fu la prima di un'intera classe e venne affiancata l'anno dopo dalle sorelle Tegetthoff e Prinz Eugen, nonché infine dalla Szent István nel 1914. Fu così che alla vigilia della prima guerra mondiale l'Austria-Ungheria si trovò dotata di una flotta di prim'ordine, tra cui la Szent István (Santo Stefano), una delle navi più moderne dell'epoca. Lo scoppio delle ostilità sorprese l'incrociatore SMS Kaiserin Elisabeth a Tsingtao, nella colonia tedesca di Kiautschou, e così la nave si sottomise al comando del governatore alleato tedesco. Quando il Giappone, ansioso di conquistare la colonia, dichiarò guerra alla Germania e all'Austria-Ungheria, la maggior parte delle navi abbandonarono la colonia, lasciando l'incrociatore austriaco a presidio della città assieme ad una sola cannoniera tedesca. Dopo due mesi di accanita resistenza gli austro-tedeschi dovettero arrendersi e, per non far cadere la nave in mano al nemico, l'equipaggio fece affondare la nave.

La genesi

L'impero tedesco, ugualmente alle altre potenze europee aveva costituito un suo impero coloniale in particolare in Asia e in Africa. Nel continente asiatico si era impossessato, senza grosse difficoltà della città di Kiaochow e della sua provincia, all'indomani dell'assassinio di due missionari tedeschi avvenuto nel 1897 e usato dal governo teutonico come pretesto per occupare la città cinese e la sua provincia a fine di risarcimento per il danno subito. Il Regno Unito vedeva con grossa preoccupazione l'allargarsi della potenza militare e industriale tedesca, adesso anche sull'Oceano pacifico che fino ad allora era di quasi esclusivo dominio inglese. I tedeschi inviarono nella città di Kiaochow un corpo di spedizione militare e crearono un efficiente porto mercantile e militare dotato dei più avanzati sistemi di difesa. Anche l'impero Giapponese era non solo preoccupato dalla presenza tedesca, ma in qualche modo ostacolato nei suoi disegni espansionistici, sicché il governo nipponico e quello inglese decisero di stringere una solida e duratura alleanza con l'obiettivo di ridimensionare fortemente la presenza tedesca nell'Oceano Pacifico. I rapporti diplomatici tra i due Paesi divennero, in seguito, più stretti e maturarono al momento della Prima Guerra Mondiale. Il governo giapponese, il cui aiuto militare era stato sollecitato dal governo britannico, inviò un perentorio ultimatum all'Impero tedesco ordinando la smobilitazione militare della provincia cinese occupata. L'ultimatum fu seccamente respinto e L'Impero Giapponese dichiarò guerra alla Germania. La marina imperiale giapponese inviò inizialmente alcune unità comandate dal viceammiraglio Sadakichi Kato, che issò la sua bandiera sulla pre-dreadnought Suo (ex Pobeda, catturata dai giapponesi ai russi nel 1905), con il compito di bloccare la costa di Kiaochow, a partire dal 27 agosto. Inoltre, durante le operazioni, la Royal Navy distaccò due unità della China Station, un'unità navale che aveva il compito di controllare le coste della Cina. Le due navi (la pre-dreadnought HMS Triumph e il cacciatorpediniere HMS Usk) vennero inquadrate nel secondo squadrone. La Triumph fu danneggiata dalle artiglierie costiere. In generale, la squadra navale, accanto a navi piuttosto obsolete, poteva schierare anche unità moderne, come le dreadnoughts Kawachi e Settsu, l'incrociatore da battaglia Kongo e la nave appoggio idrovolanti Wakamiya, i cui aerei furono i primi al mondo a condurre con successo attacchi di questo tipo a bersagli terrestri e navali. La 18ª Divisione fanteria fu la prima grande unità giapponese ad iniziare le operazioni terrestri. Questa unità era forte di ben 23.000 soldati e 142 pezzi di artiglieria. Sbarcarono il 2 settembre a Lungkow, ed il 18 alla baia di Laoshan, che era a 18 miglia dalla città. Il governo inglese (così come quelli delle altre potenze europee) era consapevole delle mire espansionistiche giapponesi, e quindi decise di inviare un contingente simbolico di 1.500 uomini. I tedeschi risposero concentrando nella città tutte le forze locali disponibili. Complessivamente, la guarnigione arrivò a contare 3.625 uomini, al comando del capitano navale e Governatore Alfred Meyer-Waldeck: fanti di marina del III Seebataillon, soldati e marinai (incluse truppe coloniali cinesi e marinai austro-ungarici). La componente navale era costituita dalla torpediniera S-90, dalle quattro cannoniere Iltis, Jaguar, Tiger e Luchs e dall'incrociatore protetto austroungarico Kaiserin Elisabeth. Inizialmente, l'equipaggio di quest'ultima fu diviso in due: metà a combattere a terra con le forze tedesche, e gli altri a bordo della nave.

A capo del Corpo di Spedizione lo Stato Maggiore nipponico mise il tenente generale Misuomi Kamio, un ufficiale che, nel corso del vittorioso conflitto con la Russia del 1904-1905, aveva avuto modo di distinguersi più per pazienza e determinazione che per ardimento o ingegnosità tattica. Mentre la responsabilità della Squadra Navale di appoggio venne invece affidata al vice-ammiraglio Sadakichi Kato, ufficiale di sicura esperienza. Dopo avere studiato attentamente la situazione, il generale Kamio, di comune accordo con il vice-ammiraglio Kato, decise di effettuare uno sbarco sul lato settentrionale della baia di Kiaochow, per poi muovere in direzione di Tsingtao, aggirandone le linee difensive sul fronte di terra. Sottostimando la capacità di reazione nemica, Kamio ritenne che in un primo momento sarebbe stato sufficiente sbarcare una sola divisione di fanteria alla quale sarebbe spettato il compito di consolidare la testa di ponte. Successivamente, egli avrebbe disposto l'inoltro dell'intero contingente. Contestualmente a questa manovra, una parte della squadra navale agli ordini di Kato si sarebbe avvicinata alla costa appoggiando con la sua artiglieria le truppe di terra, mentre una seconda sezione avrebbe avuto il compito di vigilare su tutta l'operazione, prevenendo eventuali attacchi da parte di unità nemiche. Va notato che ancora alla metà di agosto, sia i servizi segreti inglesi che giapponesi temevano che il viceammiraglio von Spee (che con i suoi incrociatori stava navigando alla volta dell'Europa) avesse lasciato a Tsingtao una parte della sua Squadra. E proprio per questo motivo il viceammiraglio Kato non aveva voluto correre inutili rischi, rafforzando la Seconda Squadra con 2 dreadnought, un incrociatore da battaglia e due corazzate pre-dreadnought. Il 27 agosto, la Seconda Squadra giapponese giunse davanti all'imboccatura della baia di Kiaochow. Dopo avere fatto occupare tre piccole isole con lo scopo di trasformarle punti di osservazione, il viceammiraglio Kato fece dragare i campi minati deposti dai tedeschi. Il 30 agosto, tuttavia, le condizioni atmosferiche incominciarono a peggiorare e nell'arco di poche ore intensi nubifragi accompagnati da un violento moto ondoso misero a dura prova le unità giapponesi. Nella notte tra il 30 e il 31 agosto, un autentico tifone investì tutta la penisola dello Shantung, causando danni a quasi tutte le navi nipponiche. Travolto da gigantesche montagne d'acqua il cacciatorpediniere Shirotaye finì per arenarsi su un isolotto sul quale il suo equipaggio dovette rifugiarsi. Per evitare analoghi incidenti, Kato dispose un momentaneo allontanamento delle sue navi dalla costa. Il giorno seguente, grazie al miglioramento della situazione meteorologica, i tedeschi fecero uscire dal porto la cannoniera Jaguar. L'unità, protetta dalle batterie costiere, si avvicinò allo scafo del Shirotaye e con una dozzina di precise bordate lo ridusse ad un ammasso di rottami fumanti.

La battaglia

Il 2 settembre, essendosi il tempo completamente ristabilito, Kato ordinò ai piroscafi da carico, al comando del viceammiraglio Kamimura Hikonojo, di iniziare a sbarcare le truppe a Lungkow, una località situata lungo la costa nord della penisola dello Shantung. L'operazione non incontrò alcun ostacolo ed entro breve tempo quattro compagnie di fanti della marina rinforzate da una compagnia dell'esercito presero terra. Sulla spiaggia, le truppe giapponesi si aprirono a ventaglio stabilendo una prima testa di ponte, proprio nel mentre un battaglione del genio iniziava la costruzione di un pontile galleggiante in legno e di due banchine in pietra per consentire un più agevole attracco da parte delle navi. Il primo pontile venne ultimato in appena 24 ore e permise, tra l'altro, lo sbarco di un reggimento di cavalleria e di uno di fanteria, rinforzato da una compagnia di mitraglieri. Ma già dal 3 settembre, a causa dei continui nubifragi e della natura pianeggiante del terreno, i reparti giapponesi dovettero rallentare la loro marcia, trovandosi a vagare in un'immensa e profonda palude. Il 5 settembre 1914, il viceammiraglio Kato fece decollare un idrovolante per compiere un'accurata ricognizione sul porto onde valutare la reale consistenza della flotta tedesca. La missione ebbe esito positivo e al suo rientro il pilota riferì di avere individuato soltanto l'incrociatore austro-ungarico Kaiserin Elisabeth, cinque cannoniere, un cacciatorpediniere e alcuni piroscafi. Confermata l'assenza della temibile Squadra di von Spee, Kato decise di rimandare in Giappone parte della sua flotta e di inviare a Singapore tre incrociatori corazzati per proteggere l'importante base inglese da eventuali attacchi di navi corsare tedesche. In cambio, la Royal Navy fece salpare da Hong Kong alla volta di Tsingtao la vecchia corazzata Triumph. Nell'ambito di una più vasta cooperazione, il governo di Londra si impegnò inoltre a fornire al generale Kamio un piccolo contingente composto da un battaglione di fanteria rinforzato da due compagnie indiane. Il 13 settembre, dopo una faticosa marcia nel fango, la cavalleria giapponese andò a cozzare contro il primo caposaldo esterno tedesco, quello di Tsimo. Vantando una netta superiorità numerica, i nipponici travolsero il debole distaccamento germanico costringendolo ad abbandonare la posizione a ritirarsi precipitosamente verso Tsingtao. Il giorno seguente, i reparti mobili giapponesi raggiunsero anche l'importante località di Kiautschou, tagliando la linea ferrata dello Shantung ed isolando di fatto Tsingtao dal resto della Cina. Rassegnato per la perdita di Kiautschou, il governatore Meyer-Waldeck decise di schierare il 50 percento delle sue forze (comprese quelle della Marina) a protezione dell'anello difensivo che si estendeva lungo l'arco collinare della linea esterna. Ma il conseguente, inevitabile indebolimento delle posizioni del litorale consentì alla flotta giapponese di farsi più audace e di effettuare una serie di brevi ma intensi bombardamenti contro la baia.

Il 15 settembre, in seguito ad un ennesimo, improvviso tifone, Kamio decise di interrompere momentaneamente tutte le operazioni di sbarco lungo la costa settentrionale della penisola, ordinando alla flotta di recuperare la 24ª brigata di fanteria e di trasferirla nella baia di Lau Schan, situata non lontano da Tsingtao. Il generale lasciò ai reparti di cavalleria, a quelli del genio e alla 23ª brigata di fanteria, il compito di proseguire fino a Tsimo, dove intanto si era consolidata la nuova linea del fronte. Lo scopo ultimo di Kamio era quello di effettuare un'ampia manovra a tenaglia, aggirando la piazzaforte nemica. Il 18 settembre, i giapponesi, partendo da Tsimo, proseguirono con cautela in direzione degli avamposti tedeschi situati in cima alle colline che sovrastavano la località. La sera del 18, una compagnia nipponica riuscì a conquistare il passo di Hotung, obbligando gli effettivi del locale presidio tedesco ad arretrare. Il 19 settembre, la fanteria giapponese conquistò Mecklemburg Haus, superando per la prima volta la linea esterna tedesca. Reputando che il nemico non disponesse delle forze necessarie per difendere tutto il fronte, Kamio diede impulso all'avanzata attraverso le alture a ridosso di Tsingtao. I giapponesi si mossero suddivisi su più colonne, ciascuna della forza di una compagnia, costringendo i tedeschi a sparpagliare ulteriormente i propri effettivi onde evitare pericolosi aggiramenti. Nel frattempo, il Comando Supremo di Tokyo ordinò a Kamio di prendere stabile possesso dell'intera ferrovia dello Shantung, allargando ben oltre il dovuto l'occupazione del territorio cinese. Inizialmente, il generale inviò un battaglione lungo la ferrovia in direzione di Tsinan (città la cui stazione sorgeva lungo la ferrovia costruita dagli inglesi che collegava Shanghai a Pechino), seguito più tardi da un intero reggimento di fanteria. Informato della manovra, Meyer-Waldeck tentò di arginare la penetrazione nemica. Sapendo che i giapponesi presidiavano con grandi forze il passo situato nei pressi della Mecklenburg Haus, il governatore tedesco pianificò un attacco diversivo contro lo scarsamente presidiato passo Kletter, situato nei pressi di Tsimo. Tuttavia, per la realizzazione di questa manovra Meyer-Waldeck non poté che mettere insieme una forza di appena 130 uomini, con 4 mitragliatrici Vickers Maxim e 2 cannoni da campagna Krupp da 77 millimetri. Nonostante la sua oggettiva esiguità, il reparto attaccò con estremo vigore l'obiettivo assegnatogli, investendo il battaglione giapponese posto a difesa del passo. Ma proprio quando le sorti della battaglia stavano per arridere ai tedeschi, quattro reparti nipponici dislocati non lontano dalla sella si lanciarono in soccorso dei camerati, riconquistando il terreno perduto e costringendo la colonna germanica a ritirarsi.

Il 26 settembre, dopo avere ammassato circa 16.000 soldati a ridosso della città, il generale Kamio reputò giunto il momento per scatenare l'attacco finale contro l'ormai provato anello difensivo tedesco. Le truppe giapponesi, appoggiate dal fuoco da almeno 150 pezzi da campagna e da montagna da 75, 105 e 150 millimetri, si mossero simultaneamente e da più direzioni verso le trincee nemiche, mettendo subito in crisi i magri reparti nemici, la cui dotazione di munizioni si era ormai sensibilmente ridotta. Temendo il tracollo dell'intero fronte, Meyer-Waldeck ordinò al caccia S90 e alla cannoniera Jaguar di bersagliare i contingenti che formavano l'ala destra dello schieramento giapponese, ormai in procinto di investire il porto. Nella notte tra il 26 e il 27 settembre i tedeschi abbandonarono la linea esterna arretrando e trincerandosi dietro la seconda linea interna. Nei due giorni successivi le forze di Kamio, appoggiate da reparti britannici, ripresero con inalterato vigore la loro spinta offensiva, giungendo ad un paio di chilometri dal centro di Tsingtao. Ed ancora una volta, le unità austro-tedesche intervennero per dare man forte alle truppe di terra. Sfidando il fuoco degli incrociatori pesanti dell'ammiraglio Kato che erano ancorati all'imboccatura della baia, il Kaiserin Elisabeth, la Jaguar e l'inesauribile caccia S90 effettuarono un cannoneggiamento contro l'ala destra giapponese, i cui reparti si erano già infiltrati nell'abitato adiacente lo scalo. Con notevole prontezza, Kamio fece intervenire una batteria composta da 12 pezzi da campagna per respingere la puntata delle tre unità nemiche. Ma proprio mentre gli artiglieri giapponesi si apprestavano ad eseguire gli ordini, un'improvvisa bordata proveniente dalla Kaiserin Elisabeth investì la batteria nipponica, mettendo fuori uso la metà dei suoi pezzi e causando decine di morti e feriti. Pur sapendo che ben presto sarebbe stato costretto ad abbandonare anche la seconda linea difensiva, Meyer-Waldeck ordinò al più munito presidio di quest'ultima, quello situato in cima all'elevata collina Prinz Heinrich, di resistere ad oltranza. Dall'alto di questa postazione, infatti, i tedeschi potevano controllare ancora tutte le mosse delle truppe giapponesi. Fino dall'inizio di agosto, sulla cima Prinz Heinrich i genieri tedeschi avevano allestito un piccolo ma robusto ridotto (difeso da 60 uomini muniti di mitragliatrici) dotato di scorte di viveri, acqua e munizioni per circa due mesi. Il fortino era inoltre collegato, tramite telefono ed eliografo, al Comando e alle batterie terrestri ubicate alla periferia di Tsingtao.

Nella notte tra il 27 e il 28 settembre, Kamio, fece avanzare verso il Prinz Heinrich una compagnia scelta, tratta dal 46° reggimento di fanteria. L'unità, rinforzata da un plotone di genieri, uscì dalle trincee nel bel mezzo di un violento acquazzone, inerpicandosi in cordata lungo un ripidissimo e viscido crinale. A causa del violento temporale e delle nuvole basse, la terribile marcia di avvicinamento del reparto nipponico si protrasse per tutta la notte. All'alba, in concomitanza con un repentino miglioramento delle condizioni atmosferiche, i giapponesi giunsero a poche centinaia di metri dal fortino, venendo però scoperti dalle vedette nemiche. I tedeschi aprirono un violento ma disordinato fuoco contro gli assalitori, molti dei quali si trovavano ancora legati alle funi. La battaglia infuriò per alcune ore. Poi, con uno sforzo estremo, i giapponesi si lanciarono all'attacco del ridotto bersagliandolo con una pioggia di bombe a mano e cariche di dinamite. Lo scontro finale vide i soldati dei due schieramenti affrontarsi alla baionetta in una spaventosa mischia, al termine della quale i giapponesi ebbero la meglio. La conquista dello strategico cocuzzolo del Prinz Heinrich costò al reparto di Kamio 24 morti e 26 feriti, contro 6 soldati tedeschi uccisi e circa 50 feriti. Venuto a conoscenza della perdita dell'avamposto, il governatore decise di abbandonare la seconda linea difensiva: manovra che venne attuata con la parziale copertura dei pezzi del Kaiserin Elisabeth, del Jaguar e del S90. Con la conquista del Prinz Heinrich si era aperto il capitolo finale dell'assedio di Tsingtao. Al generale Kamio non rimaneva infatti che infrangere l'ultima, fragilissima linea interna tedesca. Egli fece quindi approntare presso la baia di Schatsykou, località non molto lontana da Tsingtao, una piattaforma per i cannoni pesanti da assedio collegata ai moli situati sulla spiaggia da una strada e da una ferrovia a scartamento ridotto. Contemporaneamente, Kamio dislocò la maggior parte delle sue truppe di fanteria al riparo dei bastioni e delle trincee di Lau Schan. Per dirigere il tiro dei pezzi, i genieri allestirono sul Prinz Heinrich un posto di servito da cinque linee telefoniche e da un apparecchio radio. Meyer-Waldeck cercò di intralciare in qualche modo i preparativi del nemico, ordinando alle sue batterie da campagna da 77 e 88 millimetri di bersagliare la cima e le retrovie nemiche. Il cannoneggiamento venne effettuato con il concorso del Taube superstite di Pluschow. Ma l'aereo, ripetutamente attaccato dai Farman giapponesi, non poté svolgere a dovere il suo compito. Anche l'unico pallone da osservazione tedesco, issato per cercare di correggere i tiri, venne inquadrato dall'artiglieria giapponese che sparando ad alzo massimo lo costrinse ad atterrare. Resosi ben presto conto dell'inutilità del cannoneggiamento, Meyer-Waldeck decise allora di lanciare un contrattacco notturno sul fianco destro giapponese. La sera del 2 ottobre, tre compagnie di fanteria (per un totale di circa 300 uomini), suddivise su altrettante colonne, uscirono di soppiatto dalle trincee, riuscendo ad avanzare fino alle prime linee avversarie. Un reparto tedesco ebbe la sorpresa di trovare alcuni tratti di trincea vuoti, mentre gli altri due raggruppamenti andarono a cozzare contro le munite difese di un intero battaglione di fanteria nipponico che obbligò i tedeschi a retrocedere, lasciando sul campo 29 caduti.

A partire dall'inizio di ottobre, anche il corpo di spedizione britannico ebbe modo di partecipare ad alcune azioni. Ma l'arrivo delle truppe inglesi creò subito qualche serio problema. In più occasioni, infatti, i giapponesi scambiarono i soldati inglesi per tedeschi: equivoco che portò a veri e propri scontri a fuoco con perdite da entrambe le parti. Per ovviare a questo inconveniente, Kamio suggerì di distribuire alle truppe di Sua Maestà divise regolamentari giapponesi, ma l'iniziativa venne accolta con grande disappunto dagli ufficiali britannici. Verso la fine di ottobre, nonostante l'irrigidirsi dei rapporti tra i due comandi, il Comando inglese, che non desiderava lasciare ai soli giapponesi l'onere e l'onore della conquista di Tsingtao, fece giungere al fronte altre due compagnie di fanteria indiana. Tra il 6 e il 10 ottobre, le batterie pesanti giapponesi martellarono le residue postazioni d'artiglieria tedesche e i sobborghi della città. Il 14 ottobre, l'ammiraglio Kato fece intervenire anche i pezzi di medio e grosso calibro della sua squadra (comprendente anche il Triumph), ordinando a quattro unità sottili di avvicinarsi ulteriormente alla base per saggiare le capacità di reazione della logorata sezione navale austro-tedesca. Nel corso di questa manovra, un colpo partito da un cannone pesante costiero danneggiò seriamente il Triumph, che dovette ritirarsi frettolosamente. Il 15 ottobre, un tifone fece interrompere ai giapponesi tutte le operazioni, e i tedeschi ne approfittarono per autoaffondare tutte le navi da carico presenti in porto. Il 17 ottobre, Meyer-Waldeck ordinò al caccia S90 di effettuare un'ultima sortita notturna. La gloriosa unità scivolò lentamente fuori del porto, individuando il profilo di un'unità nemica contro la quale lanciò un siluro. L'arma andò a colpire in pieno il vecchio incrociatore leggero Takachiho che saltò in aria, causando la morte di ben 253 marinai su 256. Dopo il boato, le altre unità giapponesi presenti nella baia accesero i riflettori, aprendo un fuoco infernale sull'S90 che tuttavia riuscì ad allontanarsi a tutta forza verso il mare aperto. Non potendo più rientrare a Tsingtao, in seguito il caccia andrà ad internarsi in un vicino porto cinese. Il 29 e il 30 ottobre, l'ammiraglio Kato intensificò i bombardamenti contro le residue difese a mare. E il 31 ottobre, giorno del compleanno dell'imperatore Taisho, una cinquantina di pezzi da assedio e circa 150 obici e cannoni di medio e piccolo calibro aprirono simultaneamente il fuoco su Tsingtao, mettendo a tacere quasi tutte le postazioni d'artiglieria tedesche. Valutando ormai prossima la fine, Meyer-Waldeck ordinò al Kaiserin Elisabeth e alla Jaguar di autoaffondarsi, e agli equipaggi di unirsi alla guarnigione. Il 2 novembre, le batterie giapponesi spostarono il loro tiro sui ridotti difensivi interni e sul centro abitato, colpendo e distruggendo la centrale elettrica. All'alba del 4 novembre, una compagnia giapponese, rinforzata da un plotone di genieri, raggiunse i grandi depositi di acqua potabile della città facendo 21 prigionieri. Con la perdita delle cisterne, gli ultimi reparti tedeschi furono costretti ad arrangiarsi con l'acqua salmastra tratta dai pozzi. Il 5 novembre, la Squadra di Kato si avvicinò ulteriormente alla città, distruggendo l'ultima batteria costiera, quella di Hui Tschuen Huk. Il 6 novembre, Meyer-Waldeck ordinò al Taube del tenente Pluschow di decollare e di raggiungere il territorio neutrale cinese. Il governatore affidò al pilota alcuni carteggi riservati e l'ultimo messaggio per il Comando di Berlino. Il giorno seguente, i giapponesi conquistarono gli ultimi due capisaldi tedeschi, le colline fortificate Iltis e Bismarck. Resosi conto della fine, la mattina del 7 novembre il governatore Meyer-Waldeck inviò un suo emissario presso il Comando del generale Kamio per intraprendere le trattative di resa della colonia. E il giorno seguente, sulla residenza del governatore venne issata la bandiera del Sol Levante.

Le conseguenze

Il lungo assedio di Tsingtao era costato ai tedeschi 199 morti e circa 300 feriti, mentre altri 3.600 soldati erano stati fatti prigionieri dalle forze giapponesi e britanniche. Dal canto suo, l'armata di Kamio aveva pagato il suo tributo con 415 caduti e 1.515 tra feriti e dispersi, mentre la Marina nipponica aveva perso l'incrociatore leggero Takachiho, il cacciatorpediniere Shirotaye, una motosilurante e due piccoli dragamine, registrando oltre 400 morti e un centinaio di feriti. Per quanto concerne il piccolo Corpo di Spedizione Britannico, quest'ultimo ebbe a lamentare la morte di 16 tra soldati e marinai e il ferimento di un'altra sessantina di uomini.



Tratto da:
"L'Assedio e la Battaglia di Tsingtao 1914", Alberto Rosselli, articolo in Storiaverità, agosto 2012