Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia del Ponte di Arcole

15-16-17 novembre 1796

Gli avversari

Napoleóne I Bonaparte (fino al 1796 Buonaparte) imperatore dei Francesi.

Nacque ad Ajaccio il 15 agosto 1769, morì a Longwood, nell'isola di S. Elena, il 5 maggio 1821; figlio di Carlo e Letizia Ramolino. Collegiale ad Autun, Brienne, Parigi, fu poi luogotenente d'artiglieria (1785) e tentò in seguito la fortuna politica e militare in Corsica (nel 1791 era capo-battaglione della guardia nazionale ad Ajaccio, nel febbraio 1793 condusse il suo battaglione di guardie nazionali nella spedizione della Maddalena, miseramente fallita, nell'aprile-maggio 1793 prese posizione, con il fratello Luciano, contro P. Paoli, per cui dovette fuggire in Francia). Comandante subalterno nel blocco di Tolone (ottobre 1793), si acquistò il grado di generale e quindi il comando dell'artiglieria dell'esercito d'Italia. Sospettato di giacobinismo per l'amicizia con A. Robespierre, subì un breve arresto; destinato a un comando in Vandea, rifiutò e fu radiato dai quadri (aprile 1795). Divenuto amico di P. Barras conobbe presso di lui Giuseppina de Beauharnais (che sposò il 9 marzo 1796); e per incarico di Barras difese energicamente la Convenzione contro i realisti (13 vendemmiale). Ottenne così il comando dell'esercito dell'interno, poi di quello d'Italia. Presa l'offensiva (9 aprile 1796), batté separatamente (Montenotte, Millesimo e Dego) gli Austro-Sardi, costringendo questi ultimi all'armistizio di Cherasco (28 aprile 1796), quelli, dopo le vittorie di Lonato, Arcole, Rivoli, e la resa di Mantova, ai preliminari di pace di Leoben (18 aprile 1797). Occupata la Lombardia, ricostituisce sul modello francese le repubbliche di Genova e di Venezia e toglie al papa la Romagna (armistizio di Bologna, 23 giugno 1796; trattato di Tolentino, 18 febbraio 1797). Poi, col trattato di Campoformio (17 ottobre 1797), conferma alla Francia il Belgio e le annette le Isole Ionie, ponendo fine all'indipendenza di Venezia, il cui territorio passava all'Austria (ad eccezione di Bergamo e Brescia incorporate nella nuova Repubblica Cisalpina). Preposto, a Parigi, a una spedizione contro le isole britanniche, la devia verso l'Egitto, ove sbarca il 2 luglio 1798 e vince alle Piramidi, in Siria (ma è fermato a S. Giovanni d'Acri), ad Abukir (dove la sua flotta era stata, il 1° agosto, distrutta da Nelson). Tornato in Francia con pochi seguaci (9 ottobre 1799), vi compie, un mese dopo (18 brumaio), un colpo di stato, con la dispersione del Consiglio dei Cinquecento e la sostituzione del Direttorio con un collegio di tre consoli, assumendo egli stesso il titolo di primo console. Ripresa la guerra contro i coalizzati, valica le Alpi (primavera 1800), vince a Marengo (14 giugno 1800) gli Austriaci costringendoli alla pace di Lunéville (9 febbraio 1801), cui seguono profonde modificazioni territoriali in Italia (annessione alla Francia di Piemonte, Elba, Piombino, Parma e Piacenza; costituzione del regno di Etruria); conclude con l'Inghilterra la pace di Amiens (25 marzo 1802). Console a vita (maggio 1802), sfuggito alla congiura di G. Cadoudal (1803), assume su proposta del senato la corona d'imperatore dei Francesi (Notre-Dame, 2 dicembre 1804) e poi quella di re d'Italia (duomo di Milano, 26 maggio 1805). Nei tre anni di pace (rotta, però, con l'Inghilterra già nel maggio 1803), spiega una grande attività ricostruttiva: strade, industrie, banche; ordinamento amministrativo, giudiziario, finanziario accentrato; pubblicazione del codice civile (21 marzo 1804; seguirono poi gli altri); creazione di una nuova nobiltà di spada e di toga; concordato con la S. Sede (16 luglio 1801). Formatasi, per ispirazione britannica, la 3ª coalizione (Inghilterra, Austria, Russia, Svezia, Napoli), la flotta franco-spagnola è battuta a Trafalgar (21 ottobre 1805) da quella inglese comandata da Nelson, ma Napoleone assedia e batte gli Austriaci a Ulma (15-20 ottobre), gli Austro-Russi ad Austerlitz (2 dicembre) e impone la pace di Presburgo (26 dicembre 1805: cessione di Venezia e altre terre austriache alla Francia e ai suoi alleati tedeschi). Assegna il Regno di Napoli (senza la Sicilia) al fratello Giuseppe, quello di Olanda al fratello Luigi, e forma la Confederazione del Reno (luglio 1806). Alla 4ª coalizione (Russia, Prussia, Inghilterra, Svezia) oppone le vittorie di Jena e Auerstedt (14 ottobre 1806) sui Prussiani, l'occupazione di Berlino e Varsavia, le vittorie sui Russi a Eylau (od. Bagrationovsk, 8 febbraio 1807) e Friedland (14 giugno) cui segue la pace di Tilsit (8 luglio 1807), vera divisione dell'Europa in sfere d'influenza tra Francia e Russia con l'adesione della Russia al blocco continentale contro l'Inghilterra (bandito il 21 novembre 1806), e con la formazione del granducato di Varsavia (al re di Sassonia) e del regno di Vestfalia (al fratello Girolamo). Messo in sospetto dall'atteggiamento della Spagna, la occupa (dal maggio 1808) e ne nomina re il fratello Giuseppe (sostituendolo a Napoli col cognato Gioacchino Murat); ma la guerriglia degli Spagnoli, indomabile, logora lentamente le sue forze militari, mentre la lotta contro la Chiesa (occupazione di Roma, febbraio 1808; imprigionamento del papa Pio VII, 5 luglio 1809) gli sottrae popolarità presso ampi settori sociali. Debella quindi, non senza fatica, in Baviera (19-23 aprile 1809) e a Wagram (6 luglio) la 5ª coalizione, capeggiata dall'Austria, e impone la pace di Schönbrunn (14 ottobre 1809), che segna l'apogeo della potenza napoleonica, per gli ampliamenti territoriali che il trattato e i successivi provvedimenti portano all'Impero francese e ai suoi satelliti. Coronamento della pace, dopo il ripudio della prima moglie, sono le nozze (1° aprile 1810) con Maria Luisa d'Austria e la nascita (20 marzo 1811) del "re di Roma". La Russia, allarmata per le mire napoleoniche, aderisce alla 6ª coalizione: Napoleone la invade (24 giugno 1812), vince a Borodino (7 settembre), occupa Mosca (14 settembre); ma la città è in preda alle fiamme e Napoleone è costretto a iniziare verso la Beresina una ritirata disastrosa, poi vera fuga, mentre governi e popoli di Russia, Prussia e infine d'Austria (10 agosto 1813) si sollevano contro di lui. Né l'offensiva ripresa nella Sassonia (maggio 1813), né le trattative con i coalizzati gli giovano; la sconfitta di Lipsia (16-19 ottobre 1813) lo costringe a sgombrare la Germania e a difendersi sul suolo francese (inverno 1813-14). Il 31 marzo 1814 gli Alleati occupano Parigi e il 6 aprile Napoleone abdica senza condizioni accettando il minuscolo dominio dell'isola d'Elba, ove giunge il 4 maggio 1814. Ma, sospettando che lo si voglia relegare più lontano dall'Italia e dall'Europa, sbarca con poco seguito presso Cannes (1° marzo 1815) e senza colpo ferire riconquista il potere a Parigi (20 marzo). Il tentativo dura solo cento giorni e crolla a Waterloo (18 giugno 1815). Dopo l'abdicazione (22 giugno), Napoleone si rifugia su una nave inglese: considerato prigioniero, è confinato, con pochi seguaci volontari, nell'isola di S. Elena, dove a Longwood, sotto la dura sorveglianza di Hudson Lowe, trascorre gli ultimi anni, minato dal cancro, dettando le sue memorie. Le sue ceneri furono riportate nel 1840 a Parigi, sotto la cupola degli Invalidi. La sconfitta definitiva di Napoleone ebbe per la Francia gravi conseguenze: occupata per tre anni dalle potenze nemiche, fu obbligata a pagare esose indennità di guerra; dopo un periodo di relativa pace sociale visse lo scoppio del malumore e della vendetta del mondo cattolico.


Joseph Alvinczy Freiherr von Berberek (Vintul-de-Jos 1º febbraio 1735 - Ofen, 25 novembre 1810)

Feldmaresciallo austriaco, nato nel 1735 nel castello di Alvincz (ora Vintul-de-Jos) in Transilvania da una famiglia originaria di Alsazia, fece le sue prime armi nella guerra dei Sette Anni. Sebbene avesse riputazione di valente tattico, la fortuna non gli arrise nella guerra combattuta in Serbia contro i Turchi nel 1789 sotto il generale Laudon. Nelle campagne contro la Repubblica francese ebbe parte nella vittoria di Neerwinden riportata su Dumouriez; ma poi fu vinto da Houchard a Hondschoote. Nel 1796, dopo il secondo tentativo del Wurmser di liberare Mantova, accettò a malincuore il comando dei due corpi austriaci del Tirolo e del Friuli, incaricati del terzo tentativo: il quale, dopo alcuni favorevoli successi, fallì per la vittoria riportata dai Francesi nella terza giornata della battaglia d'Arcole. Egli, per ordine dell'imperatore, ma senza entusiasmo e con poca speranza, capitanò anche il quarto tentativo (7-16 gennaio 1797), fiaccato definitivamente con la celebre battaglia di Rivoli (14-15 gennaio) che preluse alla capitolazione di Mantova. L'Alvinczy morì nel 1810.

La genesi

Sebbene tra quelle militarmente più discusse, la battaglia d'Arcole è una delle più gloriose della mirabile e fortunata campagna combattuta da Bonaparte in Italia nel 1796 contro gli Austriaci. Dopo che, alla metà di settembre, con la battaglia della Favorita o di S. Giorgio, era fallito il secondo tentativo del generale Wurmser di liberare Mantova, bloccata dai Francesi, e una parte dello stesso corpo di soccorso vi si era fatto rinchiudere, il Consiglio aulico di Vienna affidò al maresciallo Alvinczy, affiancato dal dottrinario generale Weiroter, il compito di prendere il comando dei due corpi del Tirolo (Davidovich) e del Friuli (Quosdanovich) per procedere alla liberazione di Mantova. Al piano del Consiglio aulico Bonaparte contrappose il disegno di battere separatamente le due frazioni nemiche, portando la massa delle proprie forze prima contro il corpo del Friuli, poi contro quello del Tirolo. Le sorti delle prime operazioni non furono fortunate per i Francesi. Il generale Vaubois, incaricato di fronteggiare il Davidovich nel Trentino, era stato costretto a ripiegare su Trento e poi su Caliano, donde, attaccato dagli Austriaci, si era ritirato in disordine fino alla Corona. L'8 novembre il Trentino era perduto per i Francesi.

Intanto Bonaparte aveva fatto avanzare il grosso contro il corpo del Friuli, che procedeva su due colonne: una (Quasdanovich) su Bassano, l'altra (Provera) su Fontanile. Il 6 aveva luogo la battaglia di Fontanile o del Brenta, ma, per l'esito incerto di questa e il serrarsi degli spazi a cagione della perdita del Trentino, i progetti di Bonaparte si trovarono rovesciati; così ed egli decise di ritirarsi su Verona. L'Alvinczy avanzò lentamente. Una sua ricognizione su Vago e S. Martino ad est di Verona fu respinta (11 novembre); ma il giorno dopo, a Caldiero, egli acquistava vantaggio sui Francesi, obbligandoli a ripiegare sotto Verona in una situazione criticissima e poco men che disperata. Tuttavia la lentezza degli Austriaci diede modo a Bonaparte di mutare ancora il suo piano, convertendolo in un attacco su Caldiero per la sinistra dell'Adige.

La battaglia

Il terreno fra Adige ed Alpone era, in quella stagione, ingombro da paludi impraticabili e percorribile solo sugli argini. Gettato un ponte di barche a Ronco, la divisione Augereau, al mattino del 15, passa sulla sinistra dell'Adige e procede per l'argine sopra l'abitato di Arcole, accessibile solo su uno stretto ponte che favoriva la difesa. Come al ponte di Lodi, con i generali in testa di colonna, l'intera divisione Augereau per due volte assaltò il ponte senza poterne sboccare. In questo frangente il Bonaparte, con una bandiera in pugno, si slanciò sul ponte alla testa dei granatieri: questi però furono respinti e il generale, travolto dall'ondata dei fuggitivi, fu precipitato col cavallo dalla diga nella palude, donde fu tratto in salvo a stento.

Nella stessa giornata la divisione Masséna, passata al ponte di Ronco dopo quella di Augereau, aveva marciato su Porcile e, respinte due brigate austriache, si era impadronita di Belfiore. Tuttavia per l'incertezza sulle sorti delle poche truppe lasciate a guardia di Verona e di quelle che tenevano le posizioni di Rivoli Veronese, le due divisioni Augereau e Masséna furono da Bonaparte, nella notte, raccolte a Ronco.L'indomani l'attacco fu rinnovato nella stessa forma del giorno precedente; ma anche l'Alvinczy era passato all'offensiva con due colonne: l'una da Belfiore, l'altra da S. Bonifacio, col proposito di ributtare l'attacco di fianco francese e passare poi l'Adige a Zevio tra Albaredo d'Adige e Verona. In questa seconda giornata le sorti rimangono incerte: Masséna riavanza, batte il nemico e lo respinge fin presso Caldiero; ma Augereau non riesce a vincere la difesa di Arcole, e, a sera, Bonaparte ritorna sulle posizioni del giorno precedente.

Le offensive furono rinnovate all'indomani dalle due parti. Su di un ponte gettato nella notte attraverso all'Alpone, l'Augereau passa sulla sinistra del torrente e attacca da levante la posizione di Arcole; mentre una colonna della divisione Masséna, per l'argine destro, l'attacca di fronte. Nel frattempo una seconda colonna della divisione Masséna riavanza per l'argine di sinistra e rioccupa Belfiore di Porcile. Ad Arcole gli Austriaci contrattaccano con vigore, ma in seguito ad un ultimo furioso assalto francese,vengono sopraffatti e vinti, grazie anche all'intervento di un piccolo distaccamento di cavalleria che, proveniente da Legnano, piomba con grande strepito sui già provati difensori.

Le conseguenze

Giunta la notte, gli Austriaci di Arcole si ritirano su S. Bonifacio e la loro destra ripiega su Villanova. La pertinacia di Bonaparte e il valore dei suoi furono determinanti in questo trionfo. L'Alvinczy inizia la ritirata su Vicenza. Pochi giorni dopo (il 21) anche il corpo di Davidovich, attaccato a Rivoli dal Masséna e dal Vaubois, si diede alla fuga, e, preso alle spalle dall'avanguardia dell'Augereau a Peri, riesce a stento a riaprirsi il passo. Così, anche il terzo tentativo austriaco per liberare Mantova era fallito.