Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Assedio di Damasco

Agosto 634

Il comandante arabo

Khalid ibn al-Walid ibn al-Mughira (La Mecca, 592 - Homs o Medina, 642)

Capo guerriero arabo musulmano appartenente al clan egemonico meccano coreiscita dei Banu Makhzum. Khalid è considerato il miglior uomo d'armi del periodo islamico classico, tanto da essere normalmente ricordato come la "Spada dell'Islam" (Sayf al-Islam). Prima della sua conversione, avvenuta nell'anno 6 dell'egira, corrispondente al 627, Khalid guidò i pagani di Mecca alla squillante vittoria di Uhud contro le forze musulmane dei fuoriusciti Meccani (Emigrati, Muhagirun) e dei convertiti di Medina (Ansar), tutti sotto il comando del profeta dell'Islam Maometto che, in quell'occasione, fu addirittura ferito. La sua conversione costituì perciò un importante acquisto per la Umma islamica e Khalid, anche sotto le nuove bandiere, si distinse militarmente, senza mai dover registrare alcuna sconfitta. Se infatti egli era presente alla rotta musulmana di Mu'ta, si deve ricordare che egli era in quell'occasione appena il quarto nella catena di comando. Già sotto il califfo Abu Bakr, Khalid ebbe l'incarico di ricondurre all'obbedienza di Medina le tribù che, con la morte di Maometto, se n'erano distaccate. Con l'aiuto di Ikrima ibn Abi Jahl egli condusse in porto una non facile guerra (a torto o a ragione definita della "ridda", cioè dell'"apostasia"), sconfiggendo il "falso profeta" Musaylima.successivo califfo Omar ibn al-Khattab - che non apprezzava il suo carattere ancora assai simile a quello del pagano intriso dei tradizionali valori della muruwwa e che gli rimproverava quanto accaduto dopo la vittoria di Aqraba, quando aveva costretto a unirsi a lui in matrimonio la vedova del capo nemico al-Malik b. Nuwayra, - Khalid operò fruttuosamente in Mesopotamia, conquistando la capitale dei Lakhmidi al-Hira, e avviò le operazioni contro la Persia sasanide, portate a compimento dal capo beduino dei Banu Bakr ibn Wail al-Muthanna ibn Haritha e dal Compagno Said ibn Abi Waqqas.

A Khalid fu infine affidato il comando delle operazioni in Siria (Abu baker invio una lettera personale da parte sua in cui disse "per portare a compimento la campagna militare in Siria, ho deciso che Khaled diventasse capo dell'esercito anche se so che te sei migliore di lui, ma lui è più abile di te nel campo militare, salute e che Allah ci guidi alla giusta strada") Abu ubayda Aljarah amico e sodale del califfo,(ad Abu ubayda Aljarahfu dato il titolo di uomo di fiducia da parte del profeta) . In Siria conseguì una serie di vittorie e di fruttuosi accordi che gli spalancarono le porte della regione e di tante città, fra cui Damasco. Determinante, assai più della vittoria di Ajnadayn, la prima vittoria arabo-islamica contro formazioni regolari bizantine, la Campagna del Yarmuk in cui si compì la definitiva sconfitta bizantina e la Siria fu acquisita.

La genesi

Nel 633 o nel 634, Abu Bakr cominciò una guerra di conquista contro i confinanti Impero persiano sasanide e Impero bizantino. Dopo aver conquistato la provincia persiana dell'Iraq, nel 634 i Musulmani invasero la Siria bizantina da quattro percorsi diversi. Questi eserciti si provarono troppo piccoli per portare a termine la missione, necessitando di rinforzi dall'Iraq, condotti dal capace generale di Abu Bakr, Khalid ibn Walid Attraversando il deserto, Khalid ibn Walid entrò in Siria da un percorso in aspettato con una mossa audace. Attaccò e sconfisse le difese bizantine in Siria espugnando in breve tempo la capitale dei Ghassanidi, Bosra. Secondo una tarda tradizione islamica, nel luglio 634, l'esercito musulmano condotto da Khalid sconfisse un altro esercito bizantino nella Battaglia di Ajnadayn, per poi cominciare l'assedio di Damasco. Sin dal mese di gennaio, Caled accozzò insieme tulle queste truppe, e marciò verso Damasco. Questo paese, il più bello e il più ameno dell'universo, era chiamato allora il paradiso della Siria. Eraclio trovandosi troppo da presso al nimico in Emesa, aveva scelto Antiochia per sua ritirata. Informato del disegno de' Saracini, fece partire Calus con cinquemila uomini per entrare in Damasco. Questo comandante prese la via di Emesa, che ritrovò ben fornita di vettovaglie, di armi, e di munizioni da guerra, e prosegui' il suo cammino verso Balbec ch'è l'antica Eliopoli. Questa città posta sopra un'eminenza, e difesa da una forte cittadella, rinchiudeva nel suo recinto i più superbi edilizi, i cui avanzi hanno durato infino a' nostri giorni. All'arrivo di Calus gli abitanti gli andarono incontro mettendo alte grida, e dando segni del più vivo dolore. Credevano già di vedere alle loro porte Caled a proporre l'apostasia. Calus, naturalmente vano e millantatore, li rassicurò, giurando che al suo ritorno avrebbe loro recato la testa di Caled sulla cima della sua lancia. Arrivato a Damasco, anziché attendere a fare le necessarie disposizioni per sostenere un assedio, passò il tempo in contese col governatore chiamato Israil, pretendendo di comandar egli in capo; lo che non poté ottenere. I Saracini comparvero tra non molto; gli abitanti uscirono dietro alla guarnigione, e si schierarono in battaglia. Alla loro vista un bravo saracino chiamato Derar, instigato da Caled, si distaccò dall'armata, ed avvontandosi sopra di loro colla rapidità della folgore, uccide quattro cavalieri, sei fanti, e ritorna colla stessa celerità, con cui era venuto. Abderraman animato da questo esempio fa altrettanto, e Caled insultando a' cristiani disfida chiunque voglia venir seco la battaglia. Gli abitanti gettano lo sguardo sopra il comandante, il quale più per vergogna, che per ardire e coraggio, si avanza verso Caled, che vuole intimorire colle sue millanterie. Caled gli risponde con un colpo di lancia, lo getta giù di cavallo, lo prende, e fa una nuova disfida al governatore, il quale non ha sorte migliore del comandante. Non volendo essi abbracciare la nuova religione, sono messi a morte, e ne son gittate le teste nella città. Dopo molte vane sortite gli abitanti si tengono serrati dentro le mura, e mandano chiedendo soccorso ad Eraclio. Frattanto i Saracini imparato avendo dagli Arabi, che servito avevano nelle truppe dell'impero, la fabbrica e l'uso delle macchine da guerra, battevano con violenza la città. In capo a sei settimane gli abitanti credendosi abbandonati, offrono a Caled mille once d'oro, e dugeuto abiti di seta, se levava l'assedio. Rispose, che egli non sarebbe di là partito, se prima non gli avesse resi musulmani, o tributari.

Alla nuova dell'assedio di Damasco, l' imperatore aveva raccolti i presidi della Siria, e messo alla loro testa il fratello Teodoro. Caled, saputo che si avvicinavano i Romani, spedì ordine a tutte le truppe de' Saracini disperse in que' dintorni, di raccogliersi ad Ainadin, luogo al presente ignoto, ma ch'esser doveva alcune leghe discosto da Damasco. Levò ancor egli il campo con Abu-Obeida, e prese insieme il cammino di Ainadin per unire tutte le loro forze, e marciare contro il nimico. La guarnigione di Damasco condotta da due fratelli di gran valore, chiamati Pietro e Paolo, li attaccò nella ritirata, ne sconfisse la retroguardia, e ne depredò le bagaglie, che Pietro condusse tosto verso Damasco, lasciando suo fratello alle prese co' nimici. Caled, avvisato di tal disordine, accorre alla testa di un distaccamento di cavalleria: Paolo fu preso, e di seimila cavalli usciti di Damasco, non ne rientrarono che cento. Intanto Pietro conduceva prigioniere moltissime donne, la maggior parte della tribù degli Emiariti, esercitate a montare a cavallo, e a combattere. La più distinta era Caula sorella di Derar, la quale pareggiava il fratello in coraggio, e vinceva in bellezza tutte le donne dell'Arabia. Pietro abbagliato delle attrattive della sua schiava, aveva già tentato di trattarla da vincitore; ma l'altera saracina, sdegnata delle sollecitazioni di un cristiano, lo aveva rifiutato con disprezzo. Mentre che Pietro e i suoi soldati si riposavano a mezza strada, persuase altre donne di armarsi ciascuna di un palo di tende, e di servirsene contro i nimici, quando venissero per farle partire. Si schierarono, e serrandosi schiena contro schiena si difesero a lungo contro le sciabole e le spade. Durante questa nuova maniera di combattimento, arriva Caled, il quale insegniva i Romani e spron battuto; li assalta, e secondato dalle donne ne fa gran macello. Pietro venne ucciso; Paolo veggendo la testa del fratello, ricusò di farsi musulmano per sopravvivere a lui, e fu pur egli decapitato. Le truppe arabe assedianti la città erano state indebolite dall'invio di truppe bizantine ma queste ultime vennero comunque sonoramente sconfitte presso Emesa.

La battaglia

Il ritorno de' Saracini vincitori ad Emesa, tolse ogni speranza agli abitanti di Damasco. Privi di tutti gli aiuti, non vedevano altro partito da quello all'infuori di arrendersi. Ma Tommaso genero dell'imperatore, che si era chiuso nella città senza titolo e senza impiego, dopo avere durante l'assedio sostenuto col suo valore il coraggio degli abitanti, li riteneva eziandio co' motivi di religione e di onore. Fece sopra i nimici una furiosa sortita, nella quale gli fu svelto un occhio con un colpo di freccia scoccata da una donna, della quale aveva poc'anzi ucciso il marito. Due altre sortite costarono molto sangue a' Saracini; ma la metà della guarnigione e degli abitanti vi lasciarono la vita. Finalmente si mandò chiedendo a Caled una tregua per trattare di capitolazione. Ei la negò. S' indirizzarono la seguente notte ad Abu-Obei, più dolce ed umano, il quale accampava ad un'altra porta. Questo generale acconsenti di trattare con essi, ed accordò loro sette chiese. Fatto l'accordo, ricevette ostaggi, ed entrò nella città con cento uomini, a' quali proibi di enudare la spada. In questo mezzo Caled non essendo informato dell'accordo, dava un vialento assalto. Mentre si combatteva da ambe le parti con ugual furore, un prete di nome Gimsa venne a ritrovare Caled, e gli offeri di introdurre i musulmani. Caled gli diede cento uomini, i quali ebber ordine di romper le porte tosto che fossero entrati. Ciò eseguito, i Saracini entrarono da quella parte nella città, trucidando tutti coloro in cui si abbattevano. Avanzandosi Galed riscontrò Abù-Obeidn alla testa della sua truppa colla spada nel fodero, e che pacificamente marciava. Maravigliato di questa inerzia, ode del trattato concluso cogli abitanti, monta in grandissima collera, protestando che niente si doveva fermare senza la partecipazione del capitano principale, e che non avrebbe fatto alcun conto dell'accordo. Nel medesimo tempo i soldati sitibondi di sangue si avventavano sopra gli abitanti, de' quali non ne sarebbe rimase un solo in vita, se Abu-Obeida e forza di preghiere non avesse calmato l'implacabile Caled. In tal guisa Damasco cadde in potere de' Saracini il di 30 di agosto dopo sei mesi di assedio.

Le conseguenze

Fu dichiarato agli abitanti, ch'erano padroni di ritirarsi dove più loro piaceva; ma Caled non volle accordare ad essi che tre soli giorni di sicurezza, dopo i quali sarebbero stati trattati come nimici dovunque si fossero ritrovati. Ebbero la permissione di uscire con le loro robe, e ciascuno con un'arma, lancia, arco, o spada. Il movimento, che un ordine tanto severo e rigoroso eccitava nella città, rassomigliava al tumulto di un saccheggio. Vedevasi asportare una gran quantità d'oro, di argento, e di gemme. Oltre alla guardaroba dell'imperatore, vi erano più di trecento carichi di seta tinta in porpora, e di drappi preziosi. Bagnati di lagrime, usando appena far sentire i loro singhiozzi tra le risa e gli scherni de' Saracini, baciando la soglia delle loro abitazioni, e' traendo dietro a sé le mogli ed i figliuoli, partivano curvi sotto il timore della scimitarra del pari che sotto il peso, ond'eran gravati. In quella deplorabile truppa vedevansi donne deboli e dilicate, nudrite nelle delizie di quel vago ed ameno paese, strascinarsi a piedi per orribili deserti, e dirupate montagne, morendosi di fame e di sete, e priva di tutti i consorti della vita. Gli abitanti, che si assoggettarono a pagare un tributo, ebbero la libertà di restare in Damasco; ma questo fu il minor numero. Dicesi, che alla prima nuova, che Eraclio ricevette della presa dl Damasco, gridò: Addio, Siria,- e che da quel momento dispose dl abbandonare il paese, e tornare a Costantinopoli.



Bibliografia:
"Storia del Basso Impero da Costantino il Grande fino alla presa di Costantinopoli fatta da Maometto Secondo", Vol. VIII, Le Beau, Bertani Antonelli e C., Livorno 1836