Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia di Bulgarophygon

Estate 896

Lo zar dei Bulgari

Simeone I il Grande

Arconte dei Bulgari, dall'888 imperatore (zar) dei Bulgari e dei Greci. Terzogenito del principe Boris Michele, fu educato a Bisanzio. Siccome i Bizantini intralciavano il commercio della Bulgaria, Simeone dichiarò loro guerra e li sconfisse in Tracia. L'imperatore d'Oriente ricorse ai Magiari, che sotto la protezione della flotta bizantina passarono per la prima volta il Danubio. Simeone si chiuse a Durostorum (Silistra), poi a Mundraga in attesa dei rinforzi delle tribù dei Peceneghi delle steppe al di là del Dnepr. Infatti nell'892 Bulgari e Peceneghi invasero la Bessarabia, ch'era allora la sede dei Magiari e sconfissero le tribù magiare obbligandole a espatriare. L'anno seguente Simeone volse le armi contro Bisanzio e annientò i nemici davanti a Bolgarophigon obbligandoli ad accettare una pace umiliante. Per 20 anni Simeone visse in pace coi suoi vicini, proteggendo le lettere e l'istruzione pubblica e meritandosi il soprannome di Tolomeo bulgaro. Poi, nel 913, intraprese una guerra di prestigio contro Bisanzio e i suoi eserciti si spinsero fino al Corno d'Oro. Nel 914 prese ai Greci le provincie di Adrianopoli, Salonicco e Durazzo. Nel 917 i Bizantini, guidati da Leone Foca e Romano Lecapeno, tentarono la rivincita, ma furono pienamente sconfitti davanti a Mesembria (porto sul Mar Nero). Simeone giunto per la seconda volta davanti a Costantinopoli, assunse il titolo di "Cesare" e aspirò apertamente a quello d'imperatore romano. Nel 919 i Bulgari conquistarono la Tessaglia, la Focide, la Beozia, l'Attica e i Dardanelli e si prepararono a passare in Asia. Alle suppliche del patriarca Nicola il Mistico, Simeone rispose ironicamente ch'egli chiedeva semplicemente la corona imperiale. Nel 921 e 922 riapparve nuovamente alle porte di Costantinopoli. Nel 923 s'impadronì di Adrianopoli e iniziò delle trattative d'alleanza col califfo Fatlum, ma si vide minacciato dalla rivolta dei Croati e degli Slavi di Zahlumje (Erzegovina). In seguito a un accordo stipulato fra il papa Giovanni X e Bisanzio, gli Slavi dell'Adriatico dovettero riconoscere l'autorità del vescovo cattolico di Salona e la preponderanza politica dell'impero d'Oriente. Tomislav, principe dei Croati, ricevette dai Bizantini città e isole in Dalmazia e la corona reale dagl'inviati del papa, mentre Michele Viskovic, principe di Zahlumje, veniva promosso console e patrizio bizantino. Il segnale della rivolta fu dato dai Serbi, i quali, probabilmente con l'aiuto dei Croati e degli Slavi di Zahlumje, annientarono le guarnigioni bulgare (923-24). Simeone, che s'era di nuovo portato davanti a Costantinopoli (924), dovette far marcia indietro, tanto più che gli Arabi, i quali avrebbero dovuto venirgli in aiuto con la flotta per la presa di Bisanzio, l'avevano abbandonato. Simeone inviò in Occidente il capitano Alobogotúr, il quale riconquistò la Serbia, ma fu sconfitto in Croazia (925). La guerra contro i Bizantini continuò, e nel 926 gli Slavi di Macedonia attaccarono Salonicco. Durante i grandi preparativi per la conquista di Costantinopoli, Simeone morì, il 27 maggio 927. Sotto il suo regno la dominazione bulgara s'estendeva a nord su Belgrado, la Sirmia, la Valacchia e la Transilvania, a ovest fino all'Adriatico, e a sud fino alla Tessaglia e alle porte di Bisanzio.

La genesi

Durante il regno di Boris (852-889), la Bulgaria subì modifiche importanti, a partire dalla cristianizzazione del paese e dall'ammissione dei Santi Cirillo e Metodio, fattore che segnò l'inizio della creazione e del consolidamento della letteratura bulgara medievale. Nonostante una serie di insuccessi militari contro la maggior parte dei paesi limitrofi, Boris riuscì a preservare l'integrità territoriale bulgara. Durante il Consiglio di Preslav dell'893, riunito dopo il fallito tentativo del primogenito di Boris, Vladimir, di ripristinare la religione tradizionale bulgara del Tengirismo, venne deciso che l'antico bulgaro doveva sostituire il greco quale lingua della Chiesa e il clero bizantino doveva essere bandito e sostituito con quello autoctono. Il Consiglio sancì quindi le ambizioni di indipendenza religiosa e culturale bulgare, calmando le preoccupazioni diffuse tra la nobiltà, che temeva qualsiasi tipo di influenza bizantina negli affari interni della Bulgaria stessa. In quello stesso consiglio venne inoltre deciso che il terzo figlio di Boris, Simeone, nato dopo la cristianizzazione e chiamato figlio di pace, divenisse il prossimo principe di Bulgaria. Questi eventi andavano ad ostacolare il piano bizantino di esercitare un'influenza sul recentemente cristianizzato paese; così l'imperatore Leone VI (886-912) decise di passare all'azione. Alcuni membri della corte bizantina avevano forti interessi sul mercato delle merci bulgare in movimento tra Costantinopoli e Salonicco; inoltre, in quell'area erano a rischio non solo interessi privati, ma anche gli stessi interessi commerciali internazionali dell'intera Bulgaria, regolati con il Trattato bizantino-bulgaro del 716. La cacciata dei mercanti bulgari da Costantinopoli, che era una delle principali destinazioni delle rotte commerciali sia dall'Europa che dall'Asia, rappresentò un colpo pesante per gli interessi economici bulgari. I commercianti perorarono la propria causa allo zar Simeone, che a sua volta sollevò la questione verso Leone VI: il suo appello fu lasciato senza risposta. Simeone, che comunque cercava un pretesto per dichiarare guerra e iniziare ad attuare i suoi ambiziosi piani, lanciò l'invasione della Tracia bizantina, scatenando quella che è stata definita la prima guerra commerciale d'Europa. I bizantini, frettolosamente, assemblarono un grande esercito, agli ordini dei generali Prokopios Krenites e Kourtikios, che includeva perfino la guardia imperiale, costituita essenzialmente dai mercenari Khazari. Nella battaglia che ne derivò, nel Thema di Macedonia (la moderna Tracia orientale), probabilmente intorno a Adrianopoli, i bizantini furono sconfitti e i loro comandanti perirono sul campo. La maggior parte dei Khazari furono catturati e Simeone ordinò di tagliare loro i nasi e di inviarli nella capitale come monito per il nemico. Vista la prima disfatta e visto che le principali forze bizantine erano impegnate in Oriente contro gli arabi, Leone VI si volse verso i consolidati metodi diplomatici bizantini e degli ambasciatori con ricchi doni, vennero inviati presso i magiari, che in quel periodo abitavano le steppe a nord-est della Bulgaria. Quando Simeone si rifiutò di concludere la pace ed imprigionò l'inviato bizantino Konstantinakios, alla fine dell'894 la flotta bizantina trasportò i magiari oltre il Danubio, nonostante i bulgari avessero sbarrato il fiume con catene e funi. Simeone, che si trovava al confine bulgaro-bizantino affrontando il generale Niceforo Foca, dovette marciare verso nord per confrontarsi con loro. La sconfitta patita dai magiari Dobrugia costrinse Simeone stesso a fuggire alla fortezza forte Drastar, mentre i magiari saccheggiarono e depredato incontrastati, i territori bulgari, raggiungendo la periferia della loro capitale, Preslav. Qui interruppero la loro devastazione, e dopo aver venduto i prigionieri si ritirarono a nord del Danubio. A quel punto Simeone finse l'intenzione di negoziare con i bizantini ponendo la questione dello scambio prigionieri. I bizantini inviarono Leo Choirosphaktes a Preslav per negoziare i termini di questo fantomatico accordo, i cui negoziati vennero da Simeone, il quale aveva bisogno di tempo per affrontare la minaccia magiara, deliberatamente prolungati semplicemente rifiutando a Choirosphaktes l'udienza. Nel frattempo Simeone si alleò con i Peceneghi, mentre il popolo faceva appello al padre Boris I, diventato ormai monaco, perché assumesse il comando dell'esercito. Nella battaglia successiva i magiari subirono una devastante sconfitta, ma i bulgari vittoriosi subirono essi stessi la perdita di 20.000 cavalieri. In seguito a questa sconfitta, i magiari dovettero spostarsi verso ovest e stabilirsi in Pannonia, dove stabilirono le basi del futuro Regno di Ungheria.

La battaglia

Liberatosi dalla minaccia magiara, quando Simeone tornò a Preslav, interruppe le trattative con Choirosphaktes e ancora una volta invase la Tracia bizantina, ulteriormente incoraggiato dalla morte del capace generale Niceforo Foca. I bizantini, così furono costretti a trasferire tutti "i temi e i tagmata", cioè tutte le forze che stavano combattendo gli arabi, verso l'Europa. L'esercito era comandato Leo Cataclone, che, seppur valoroso comandante, mancava delle capacità di Foca. I due eserciti si scontrarono presso Bulgarophygon nell'estate del 896, ed anche se le fonti non ci ragguagliano in maniera dettagliata sulle dinamiche di questo scontro, sappiamo che uno storico bizantino, in merito a questo scontro scrisse:" ...i romani vennero decisamente sconfitti e tutti perirono". Tra le vittime vi era il protovestiario Teodosio, il secondo in comando dell'esercito, mentre Cataclone riuscì a fuggire con pochi altri sopravvissuti. La sconfitta bizantina fu così grave che uno loro soldati si ritirò dalla società e divenne asceta sotto il nome di Luca lo Stilita. Preso così il sopravvento, Simeone portò le truppe bulgare fino a Costantinopoli, bruciando i villaggi nemici che incontrava. Secondo lo storico musulmano al-Tabari, Leone VI era disperato per i rifiuti bulgari alla pace e fu costretto a radunare un esercito di prigionieri arabi per mandarli contro i bulgari con la promessa di libertà, se avessero riportato una vittoria. Incredibilmente i bulgari vennero fermati appena fuori da Costantinopoli proprio da quest'armata improvvisata, e Simeone decise così di accettato i negoziati di pace.

Le conseguenze

La guerra terminò con un trattato di pace che durò fino alla morte di Leone VI nel 912, e che prevedeva un tributo annuale che i bizantini erano obbligati a pagare alla Bulgaria in cambio del ritorno di 120.000 soldati e civili bizantini catturati durante l'invasione bulgara. Secondo gli articoli del trattato, i bizantini cedevano inoltre un'area compresa tra il Mar Nero e Strandza all'Impero bulgaro, mentre i bulgari stessi si impegnavano a non invadere il territorio bizantino. Simeone ero soddisfatto dei risultati, ma nonostante il successo, si rese conto che c'era ancora molto da fare prima di poter pensare di prevalere sull'impero bizantino in maniera definitiva. Aveva bisogno di poter fare affidamento su una forte base politica e ideologica, e di conseguenza lanciò un'ambizioso programma di costruzioni a Preslav affinché la stessa capitale bulgara potesse rivaleggiare con Costantinopoli; il tutto mentre imponeva la sua autorità in Serbia riconoscendo, in cambio dell'indipendenza (relativa) serba di porre "il suo" candidato Petar Gojnikovic come sovrano. Anche questa rappresentava un'importante mossa verso la riduzione dell'influenza bizantina nei Balcani occidentali. Inoltre Simeone, dimostrava di saper imparare dai propri (e non solo i propri) errori, riconoscendo che la Bulgaria era vulnerabile alle invasioni delle tribù slave settentrionali confinanti con suo regno, soprattutto quando esse erano influenzate dalla ricca diplomazia bizantina. Quell'esperienza, lo ripagò nel 917, quando Simeone riuscì a contrastare gli sforzi bizantini di allearsi con serbi e Peceneghi, costringendo gli imperiali a combattere da soli nella battaglia di Anchialo, dove i bizantini sonoramente sconfitti in uno dei più grandi disastri nella storia bizantina.



Bibliografia:
"Istorja Bolgar", K. Jirecek, Odessa 1878
"L'Empire grec au Xe siècle", A. Rambaud, Parigi 1870
"Vek bolgarskago carja Simeona", Palaonzov, Pietroburgo 1852
"Epistolae", Nicola il Mistico, in J. P. Migne, Patrologia graeca, CXI, Parigi 1856 segg.
"Antapodosis", Liutprando di Cremona, in Monum. Germ. hist., Scriptores rerum langob., III, a cura di G. Waitz, Hannover 1878