Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia di Arcadiopolis

Marzo 970

Gli avversari

Barda Sclero

Cognato dell'imperatore Giovanni Zimisce, sconfisse presso Arcadiopoli Sviatoslao, che con le sue orde russe si era spinto fino ad Adrianopoli (970); e sopravvenuta la ribellione di Barda Foca, nipote del trucidato Niceforo Foca, costrinse il ribelle ad arrendersi. Alla morte di Zimisce (976) Barda non solo vide svanire la speranza di succedergli nel trono imperiale, ma si vide soppiantato dall'eunuco Basilio, e inviato, in onorevole esilio, al comando del tema della Mesopotamia. Allora Barda, proclamato imperatore dai suoi soldati, sostenuto da grandi latifondisti asiatici, suscitò una rivolta che per quattro anni scosse l'Impero dalle fondamenta. Ma se nel 976, nel 977 e ancora nel 978 riusciva a riportare notevoli vittorie, conquistando Nicea e minacciando Costantinopoli, in ultimo veniva sbaragliato nella seconda battaglia di Pancalia (979) proprio da Barda Foca, l'antico ribelle ora richiamato in servizio da Basilio II. Rifugiatosi presso il califfo di Baghdad, è tenuto otto anni in prigione; uscitone nel 987 si presenta a capo d'un esercito di disertori a Melitene come pretendente al trono, quando anche il rivale Foca, caduto in disgrazia di Basilio II, viene proclamato imperatore a Charsian (987). I due ribelli si riconciliano; ma Barda viene catturato a tradimento da Foca e rinchiuso nel castello di Tyropaeon. Messo in libertà dopo la morte di Foca (battaglia di Abido, aprile 989), Barda suscitò una nuova rivolta, la quale terminò presto con la riconciliazione del vecchio pretendente con l'imperatore e con un'amnistia generale. Cieco, affranto dagli anni e dalle malattie, passò gli ultimi giorni a Demotica (Didymoteichon), ove morì il 6 marzo 991.


Svjatoslav I

Figlio di Igor e di Olga; granduca di Kiev. Nato nel 942, morto nel 972. Cominciò a regnare indipendentemente nel 964, essendo stato il governo del paese prima esercitato dalla madre. Svjatoslav era dotato di una straordinaria energia e di celerità di movimenti e fu principe guerriero per eccellenza. A lui si deve la disfatta del regno dei Khazari nel 965 e dei popoli che entravano a far parte di questo regno, e le spedizioni contro i Bulgari del Danubio. Vinse anche le tribù degli Jasi e Kasoghi (Circassi) sul fiume Kuban' s'impossessò del territorio di Tamatarch (ora Taman') presso il Mar d'Azov e saccheggiò quello dei Bulgari di Kama sul Volga. Dopo avere ricevuto dall'imperatore bizantino Niceforo Foca l'invito di coadiuvarlo nella lotta con i Bulgari del Danubio, Svjatoslav si recò nel 967 in Bulgaria, prese possesso di questo paese e si stabilì nella città di Prejaslavez sul Danubio. Però l'anno dopo dovette ritornare nel suo regno di Kiev, perché questa città era stata assalita dai Peceneghi, resi più forti dalla disfatta dei Khazari. Svjatoslav respinse i Peceneghi e dopo la morte della madre si portò di nuovo verso il Danubio. L'imperatore Giovanni Zimisce venne ad affrontarlo in persona, lo vinse e lo rinchiuse nella fortezza Dorostol' (Silistria). Svjatoslav fu costretto a conchiudere la pace a condizione di allontanarsi dalla Bulgaria (971). Sulla via di ritorno l'esercito russo fu attaccato e disfatto dai Peceneghi presso le cateratte del Dnepr e Svjatoslav fu ucciso nella battaglia.

La genesi

Nel 965 o 966, incoraggiati dai propri successi contro gli arabi, i bizantini rifiutarono di pagare il tributo annuale ai bulgari, al quale erano adusi da tempo. Questo rifiuto non era una semplice mancanza economica bizantina, ma una vera e propria dichiarazione di guerra allo stato bulgaro. Eppure, proprio mentre si cercava di risolvere la situazione sui propri confini occidentali, l'esercito Bizantino venne ancora impegnato sui confini orientali, sempre dagli stessi arabi. Così, per poter fronteggiare la minaccia bulgara, l'impero chiese l'assistenza dei misteriosi Russi di Kiev. Il loro re, l'audace Kaghan Svyatoslav, rispose entusiasticamente, anche perché attendeva grandi introiti di bottino da questa campagna, ed invase la Bulgaria nel 967 o 968 con un'incursione tanto rapida quanto devastante. I bulgari furono così costretti a negoziare la pace con l'Impero se non che Svyatoslav ritornò nell'estate del 969 conquistando la Bulgaria per alcuni mesi. Il piano Bizantino aveva così fallito, perché ora, al vecchio, si era sostituito un nuovo e formidabile nemico nei Balcani. L'imperatore Zimisce decise quindi di delegare la conduzione di questa nuova guerra nei Balcani a suo cognato, Barda Sclero, ed all'eunuco Pietro Foca che cominciò a raggruppare un poderoso esercito in Tracia. All'arrivo di queste notizie, un potente esercito, di circa 30.000 unità, composto dai alcuni Russi di Kiev, bulgari e parecchie unità di Pecheneghi, fu inviato nel settore meridionale delle regione montagnose dei Balcani. Dopo aver saccheggiato l'ultima fortezza bulgara di Philippopolis (Plovdiv moderno), aggirarono la città, poderosamente difesa, di Adrianopoli e puntarono direttamente verso Costantinopoli, consapevoli che una forza bizantina gli sarebbe andata incontro. Ed in effetti, i due eserciti si incontrarono vicino ad Arcadiopolis, a circa 80 km dalla capitale imperiale. Ma come prima mossa, Sclero decise di non schierare il suo esercito in campo ma preferì rimanere all'interno delle mura di Arcadiopolis stessa, lasciando che i Russi di Kiev si accampassero là vicino. I Russi, vedendo i bizantini barricati dietro le mura della città, si convinsero che l'esercito imperiale aveva troppa paura per affrontarli in campo; di conseguenza commisero l'errore di iniziare a depredare le campagne circostanti, trascurando le difese del proprio campo e passando le notti successive con dei grandi festeggiamenti.

La battaglia

Appena notato che il nemico era più impegnato nel festeggiare e godere dei frutti delle razzie, che di difendere il proprio accampamento, Sclero uscì velocemente dalle mura di Arcadiopolis, dividendo le sue forze in 3 gruppi: 2 divisioni furono dedicate ad un'imboscata sui lati boschivi della strada che conduce al campo di nemico, mentre un altro, composto da circa 2,000.3,000 uomini, sotto il suo comando diretto, attaccò frontalmente lo stesso campo nemico. Dopo il contatto iniziale, i bizantini cominciarono una ritirata ordinata, girando ad intervalli per aggredire di nuovo i Pecheneghi che li stavano inseguendo, e che, proprio per questo scopo, si erano separati dal corpo principale dell'esercito dei Rus di Kiev. Questo scontro viene descritto dalle fonti antiche come "fiero ed insanguinato", tanto da mettere in luce soprattutto la disciplina e la persistenza della piccola forza Bizantina, che doveva affrontare i comunque valorosi combattenti del nord. Tutto sommato lo scontro era ancora in equilibrio ed i bizantini non avevano ancora scardinato del tutto le difese nemiche, fino a quando le due unità bizantine, preservate da Barda per aggirare sui lati boschivi il nemico, attaccarono i Pecheneghi sia dai fianchi che dal retro. Tagliati fuori da qualsiasi altro tipo di rinforzi alleati, i Pecheneghi, ormai circondati, vennero colti dal panico e cominciarono a fuggire. Uno dei loro leader tentò il raggruppamento dei suoi uomini, ma lui stesso venne attaccato da Barda Sclero in persona che l'uccise con un solo colpo di spada, che a quanto riferito dai cronisti dell'epoca, tagliò in due la testa dell'avversario attraversando sia l'elmo del Pechenego che la sua corazza. Questo nuovo colpo subito dai Peceneghi trasformò la battaglia in una rotta completa, ed il panico si propagò anche al contingente bulgaro, già di suo non estremamente convinto di quell'alleanza sul campo, che era sito dietro alle forze Pecheneghe, e che comunque, soffrì gravi perdite nel caos generato da questa ritirata generale. Secondo le stime dell'epoca, dei circa 10.000 bizantini in campo quel giorno solo 20 o 50 persero la vita, mentre ammonterebbero ad alcune migliaia le perdite subite dall'esercito di Svyatoslav.

Le conseguenze

Queste nuove forze nemiche dell'impero vennero così scacciate dalla Tracia e, dopo una sconfitta a Drostolon nel 971 ancora più lontano, a nord del Danubio. In seguito, sulle rive del Dnepr, Svyatoslav venne ucciso, mentre ritornava a casa a Kiev, dopo l'insuccesso di questa campagna balcanica.



Bibliografia:
"The Byzantine Wars", Haldon, John F., Stroud, Gloucestershire, 2001, Tempus Publishing
"Byzantium's Balkan Frontier: A Political Study of the Northern Balkans, 900-1204", Paul Stephenson, Cambridge, United Kingdom, Cambridge University Press 2000
"The History of Leo the Deacon: Byzantine Military Expansion in the Tenth Century", Alice-Mary Talbot - Denis Sullivan, Washington, District of Columbia, Dumbarton Oaks 2005