Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia di Wangen

610

Il condottiero franco

Teodorico II re d'Austrasia e di Borgogna.

Figlio secondogenito (n. 587 - m. Metz 613) di Childeberto II. Nella divisione dell'eredità paterna (595) ebbe il regno di Borgogna, l'Alsazia e altri territorî con Orléans capitale. Spodestò e uccise (613) il fratello maggiore Teodoberto II, re d'Austrasia, e combatté a lungo contro Clotario II, ma la morte gli impedì di tentare la conquista del regno di Neustria.

La genesi

Storia dei Francesi; recata in italiano dal cavaliere Luigi Rossi, Jean Charles Leonard Simonde de Sismondi, Volume, 2 Milano 1822

Dopo lo scontro di Etampes del 604, in cui Brunechilde era uscita vincitrice, le suo brame furono appagate nell'avere depresso il figliuolo dell'antica rivale(Clotario II figlio di Fredegonda, sua avversaria, per circa trent'anni), e spinto a morte il prefetto del palazzo, la cui dignità desiderava fosse vacante, e ch'ella col suo credito e con quello del nipote Teodorico II, il quale vicino all'età virile acquistava maggiore autorilà sulle elezioni, fece conferire a tale Protadio. Questi, dice Fredegario, era altrettanto prode che vizioso; ma oltre modo rapace non avea rispetto per chicchesia purchè arricchisse se stesso e l'erario. Si dava soprattutto nel rovinare i grandi con ingiusti processi e con confische, ed in ciò andava in lui d'accordo la política e la brama d'avere; perchè ad accrescere la sua autorità e quella del trono voleva esterminare tutte la famiglie che per polenza o ricchezza erano in istato di disputargli la sua dignità. Pervenne infatti a Lovinarne molte; ma niuno si era mai reso più di lui esoso ai Borgognoni: vè guari andò a provare gli effetti di cotale odio. Brunechilde, che non sapeva perdonare un'ingiuria ardea di rabbia che Teodeberto l'avesse lasciata cacciare in bando dall'Aquitania, e stimolava Tierrì(Teodorico) a vendicarla contro il fratello, dichiarando avere lui solo diritto all'eredità, paterna perchè Teodeberto era figliuolo non di Childeberto e di Feleuba, come si gloriava, ma del figliuolo di un giardiniere, drudo di sua madre: e cercando sempre nuovi pretesti per irritarlo, condusse quel giovane principe che aveva dicianove anni, e che non si distinse mai per prudenza, ad assembrare l'esercito de' Borgognoni per attaccare, nel 605, l'Austrasia. Ma trovò una resistenza inaspettata ne' suoi sudditi, ai quali siffatta guerra senza ragione parea rovinosa alla nazione e vergognosa alla famiglia reale. L'esercito adunato a Kiersy sull'Oisa, palagio dei re diventato in seguito famoso mandò i suoi capitani a Teodorico a pregarlo di non rompere la guerra col fratello. Protadio solo opponendosi al voto della nazione insisteva perchè si altaccasse il fatto d'arme. I Franchi non avvezzi á vedere i capi opporsi al loro volere, si sollevarono e chiesero che Protadio fosse rimesso nelle loro mani, gridando aversi a preferire la morte di un solo anzi che mettere a ripentaglio la vita di tanti valorosi guerrieri. Teodorico rimasto nella sua tenda non potea credere pericolosa quella sommossa, epperò mandò uno de' suoi ufficiali, chiamato Uncileno, ad intimare agli ammutinati che dovessero sciogliersi. Ma questi il quale odiava egli pure il favorito, giunto ai soldati furibondi disse: il signor nostro Tierri(Teodorico) ordina che Protadio sia messo a morte. Quando scoppiò il tumulto Protadio giuocava a sbaraglino col suo primo medico nella tenda reale dove si tenea sicuro. Ma i soldati, udito che ebbero Uncileno, tagliarono colle loro spade il regio padiglione ed entrandovi ad un tratto da ogni parte lo scannarono a piedi del re, il quale pieno di spavento fermò l'accordo col fratello , ed i due eserciti ritornarono nel seno delle loro famiglie.

Il romano Claudio fu fatto prefetto del palazzo in luogo di Protadio. E cosa da notare che il primo magistrato della monarchia, il reggimento supremo della giustizia e della guerra sia stato due volte di seguito aflidato dai Franchi conquistatori ai Galli conquistati. Ma questo era il risultamento dell'autorità che i re acquistavano sugli elettori; ed i Galli o i Romani, superiori mai sempre ai Franchi nell'arte dei maneggi, sapevano troppo meglio dei Barbari piaggiare, servire, avvilirsi, sì che ogni volta che il favore era il prezzo della bassezza, erano certi di ottenerlo. Tuttavia Claudio non era indegno della dignità fattagli conferire da Teodorico e da Brunechilde. Era, al dir di Fredegario, uomo aecorto, piacevole nel conversare, valoroso ove d'uopo, paziente ed avveduto, istruito nelle lettere, osservatore della fede, e che cercava di cattivarsi l'universale benevolenza. La sua verchia grossezza lo rendea solo meno attivo. Ammaestrato dall'esempio del suo predecessore si, adopero a rendersi caro a coloro che erano stati da Protadio offesi. Non sottrasse però alla vendetta della regina quegli che avevano accagionala la morte di lui. Ad Uncileno che mentendo la parola del re ne aveva pronunziata la sentenza di morte, fu reciso il piede, e tutti i beni confiscati; al patrizio Vulfio che vi aveva pure contribuito, fu tolta la vita a Favernay per ordine del re; e Ricomero, Gallo di nazione, fu creato patrizio in sua vece.

I signori Bergognoni entrati in isperanza di potere scemare il dominio che Brunechilde aveva sullo animo del nipote, dando a questi una legittima sposa, lo indussero a domandare per o via d'ambasciatori Ermemberga, figliuola di Vitterico, che nel 603 era stato innalzato dai Visigoti al trono di Spagna e l'occupò sino al 610, Tierrì (Teodorico) promise di rimandare tutte le concubine e di non far mai alcun sfregio alla novella sposa che gli fu presentata a Sciallon(Chalons?) sulla Sona. Ma Brunechilde d'accordo con Teudelana, sorella di Teodorico, impegnata a rovinare quella straniera, indusse il nipote a non avvicinarsela mai e, dopo averla ricolmata d'oltraggi, la fece rimandare in capo ad un anno senza dote: il che fu cagione, e di una lieve guerra tra i Visigoti ed i Borgognoni, ma le due nazioni non presero gran parte a siffatta querela di famiglia. I popoli, non poterono essere indotti che a poco a poco ad immolare il loro sangue e la loro prosperità per litigi che punto non gli risguardavano. Brunechilde che per mezzo delle concubine signoreggiava l'animo di Teodorico, non temeva solamente una sposa legittima, ma temeva pure l'autorità de' preti i quali, dopo di averlo rimproverato de' suoi guasti costumi, non l'avrebbero riconciliato col cielo, se non si fosse intieramente sottomesso ai volere della Chiesa. San Desiderio, vescovo di Vienna, aveva contribuito alle nozze di Tierrì(Teodorico), lo aveva esortato ad allontanare da se tutte le concubine ed aveva soprattutto adoperato nel per sottrarlo all'impero di Brunechilde, che gli si era dianzi mostrata nemica. La regina unita ad Aridio, vescovo di Lione, chiese a tre conti della sua corte di liberarla da quel molesto prelato. San Desiderio, facendo ritorno da Lione alla luzeu sua diocesi, fu assalito nel passaggio della Scialaronne ed ucciso a colpi di pietra il 22 maggio 607, nel luogo medesimo in cui è oggidi un villaggio che ebbe da lui il nome, e fu annoverato tra i martiri.

Nel frattempo, Bilichilde col consiglio dei grandi d'Austrasia reggeva Teodeberto: ella sopportava con decoro, dice Fredegario, la semplicità del marito che non era molto lontana dall'imbecillità. Brunechilde lusingandosi per avventura di ricuperare su di lei la superiorità che pareale fosse dovuta al suo grado maggiore ed all'età, le propose una conferenza sui confini dei due regni, nella quale esse avessero a comporre le controversie dei due fratelli: ma i grandi d'Austrasia dissuasero Bilichilde dal recarvisi. Questa principessa che parea cara al re del pari che al popolo fu poco tempo dopo vittima dell'incostanza del marito; che mentre era creduto appena capace di pensare e di volere, la fece uccidere nel 610, per isposare una giovane, chiamata Teodechilde, della quale erasi invaghito. Nel medesimo tempo all'incirca si rinnovò la guerra tra i due fratelli. Childeberto II avea morendo staccata l'Alsazia dall'Austrasia per unirla alla Borgogna, retaggio di Tierrì(Teodorico): questo smembramento era contrario alle proporzioni geografiche ed all'interesse del popolo; epperò gli Austrasiani domandavano la restituzione dell'Alsazia. I grandi dei due regni convennero che ciaschedun re si recasse con dieci mila Franchi a Seltz, sulle ripe del Reno, e là coi loro suffragi si terminasse la differenza dei due popoli: ma gli Anstrasiani mossero in si gran numero dietro Teodeberto, che Tierrì(Teodorico) venne circondato e costretto a firmare un nuovo accordo, per cui l'Alsazia, il Suntgaw ed il Turgaw furono restituiti all'Austrasia.

La battaglia

Storia dei Francesi; recata in italiano dal cavaliere Luigi Rossi, Jean Charles Leonard Simonde de Sismondi, Volume, 2 Milano 1822

Mentre egli (Teodorico) era ancora vicino al Reno, gli Alemanni sudditi dell'Austrasia, che abilavano il paese da noi oggidì chiamato Svizzera Alemanna, invasero la Borgogna transiurana o la Svizzera romanda, e saccheggiarono i contorni di Avenches e tutto il paese posto tra il lago di Geneva e di Neuchâtel. I conti di quel paese, Abbelino ed Erpino, mossero al loro incontro con quante milizie venne loro fatto di raccogliere; ma furono rotti dopo un combattimento sanguinosissimo; il restante del paese d'Avenches fu dato alle fiamme, gli abitanti, che gli Alemanni poterono prendere, fatti schiavi, ed una siffalta irruzione di concittadini trasse seco tutte le calamità che avrebbe potuto produrre una invasione di Barbari.

Le conseguenze

Storia dei Francesi; recata in italiano dal cavaliere Luigi Rossi, Jean Charles Leonard Simonde de Sismondi, Volume, 2 Milano 1822

I due fratelli si divisero in apparenza amici: ma Tierrì(Teodorico) adirato delle concessioni strappategli colla forza e degli oltraggi ricevuti, praticò l'anno seguente con suo cugino Clotario II per una lega contro il fratello. I tre principi erano usciti alfine dall'infanzia ed erano nell'età conveniente a doversi guadagnar l'animo della soldatesca che non avea pressocchè altro in conto se non il valore; ed era da supporne in tre sovrani costituiti nell'età dalli ventidue anni alli venticinque, che non avevano per anco avuto tempo di disgustare la nazione coi loro vizi, o di travagliarla coi loro delitti.