Battaglie In Sintesi
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Pare nascesse nel 466; e già nel 481, alla morte del padre Childerico, divenne re di uno dei regni dei Franchi Salî, con centro a Tournai, limitato ad occidente dai dominî del romano Siagrio. E contro questo, Clodoveo mosse nel 486, aiutato da un altro re franco, con sede a Cambrai, mettendo fine all'ultimo residuo di uno stato romano. Tolto di mezzo questo ostacolo, premuto alle spalle dagli altri Franchi e da altri popoli germanici, si estese metodicamente e continuamente per circa dieci anni, lungo la Senna e la Loira. Non fu una conquista violenta, né a quanto pare, avvennero spogliazioni e distribuzioni di terre: i Franchi non erano molti, avanzavano a poco a poco e le terre tolte al fisco erano sufficienti per i loro bisogni. La storia di questo periodo è peraltro molto oscura e confusa. Episodî drammatici sono riferiti specialmente dagli scrittori ecclesiastici, come gli assedî di Vantes e di Parigi, dove si sarebbe segnalata nel soccorso e nella pietà Genoveffa, la futura santa patrona di Parigi. Nel 493 Clodoveo prese in sposa Clotilde, nipote del re borgognone Gondebado, la quale era cattolica. Indubbiamente questa regina esercitò una notevole influenza sul re; ma è probabile che già da prima Clodoveo fosse ben disposto verso il cattolicesimo; anzi il matrimonio stesso fu forse favorito da questi suoi sentimenti. È da ritenere che C. abbia ben presto intuito la forza dell'elemento cattolico, che abbia quindi voluto valersene ai suoi fini. Certo è ad ogni modo, che quando Clodoveo, assaliti gli Alamanni, riportò su di loro la vittoria decisiva di Tolbiaco (496), egli passò pubblicamente al cattolicesimo, per mezzo di Remigio vescovo di Reims, e fu imitato dalla sorella Audofleda e da 3000 dei suoi. L'atto di Clodoveo metteva le basi di un'intesa duratura tra i Franchi e i Gallo-romani, donde una forza intrinseca al regno che mancò totalmente in tutti gli altri stati romano-germanici. La forza di attrazione fu infatti così grande, che non solo Avito, un vescoivo cattolico in terra borgognona (cioè ariana), rivolge una calda lettera a C., ma, fatto ancor più significativo, a lui si rivolgono e da lui vogliono dipendere i Gallo-romani del Sud, soggetti agli ariani Visigoti. Dopo varie spedizioni dirette a limitare la potenza del regno borgognone e ad intervenire nelle contese dei varî re di quello stato, l'impresa militare più notevole di C. fu la cacciata dei Visigoti dall'Aquitania (506-510). Le fonti ecclesiastiche ci mostrano i progressi di C. quasi come un trionfo e ritengono C. addirittura guidato da Dio; al che certo contribuì il fatto che dovunque i cattolici, stanchi delle persecuzioni ariane, facilitavano l'azione al re franco; il quale nella celebre vittoria di Vouillé (507) schiacciò il re Alarico II, e l'uccise di sua mano. Più ancora avrebbe fatto se non fosse stato trattenuto da Teodorico, re degli Ostrogoti, il quale, oltre a essere imparentato con l'uno e l'altro re (egli aveva sposato Audofleda sorella di C., e aveva dato in moglie ad Alarico la figlia Teodogota), mirava a stabilire una specie di preminenza sui varî stati barbarici. Due spedizioni gote si ebbero nel 509 e nel 510: infine nel 510 si ebbe la pace che riconosceva agli Ostrogoti la Provenza e Narbona: mentre il resto, con l'antica capitale visigotica, Tolosa, restava ai Franchi. L'anno dopo C. moriva a Parigi, dove aveva trasferito la sua sede; ma aveva fatto in tempo ad assoggettare una gran parte dei regni franchi che gli stavano alle spalle e ai fianchi.
Fu eletto re dei Visigoti nel 485, alla morte di suo padre Enrico. Il regno confinava allora, a NE. della Gallia, con il regno franco di Clodoveo. Questi, dopo essersi assai allargato ad E., si propose d'invadere le terre visigote delle Gallie. La sua conversione al cattolicesimo (496) gli procurò in questa occasione l'appoggio del clero e le simpatie della popolazione romana. Al contrario, i fedeli e i sacerdoti del regno visigoto erano malcontenti di Alarico, ariano, persecutore dei cattolici e dei vescovi S. Voluciano di Tours e S. Cesario di Arles, cacciati in esilio sotto l'accusa di tradimento. Sovrastando ora la minaccia di Clodoveo, Alarico mitigò la persecuzione, richiamò Cesario, permettendo altresì la convocazione del concilio di Agde, e cercò di rendersi amiche le popolazioni sottomesse, promulgando per esse il Breviario o Lex romana Visigothorum, approvata da un'assemblea di vescovi e destinata a rendere ufficiale l'uso del diritto romano. Clodoveo, dando alla guerra carattere religioso, attaccò Alarico - nonostante l'intervento di Teodorico, re degli Ostrogoti, che era cognato di Clodoveo e suocero di Alarico - e lo vinse nella battaglia di Vouillé (Campus Vogladensis), presso Poitiers, nella quale il re visigoto morì (507). Con questa sconfitta, si spezzò il magnifico dominio dei Visigoti nelle Gallie, che s'era esteso dalla Loira ai Pirenei e dall'Oceano Atlantico sino alla frontiera di Borgogna. Clodoveo s'impadronì nel 508 di Bordeaux, di Angoulême e di Tolosa e ridusse il dominio dei Visigoti nelle Gallie alla Settimania, con capitale Narbona, mentre Teodorico si annetteva la Provenza.
Nel marzo dell'anno 506, essendo l'esercito dei Franchi riunito per l'annuale rivista, conosciuta sotto il nome di campo di marzo, Clodoveo, posto in un canto ogni riguardo pel cognato Teoderico, ch'era in quel tempo inimicato coll' imperatore, propose a'suoi guerrieri la conquista della Gallia visigotica. La proposta, com'era da aspettarsi, venne approvata dalla militare assemblea e fu quindi deciso di passare, ancora in quella primavera, la Loira. A tale risoluzione non' mancò, dicesi, neppure una specie di sanzione ecclesiastica. Imperocchè si racconta che il vescovo Remigio impartísse la sua benedizione a Clodoveo, dopoche questi ebbe raccomandato all'esercito di rispettare sul suolo nemico tutto che fosse alle chiese cattoliche appartenuto. L'invasione non fu per Alarico cosa impreveduta; giacchè le intenzioni di Clodoveo gli erano ben note ed era convinto che quegli avrebbe tentato di effettuarle prima che la guerra fra l'Italia e l'impero fosse finita. Perciò, avvisato di tutto il suocero, innanzi che i Franchi si movessero, egli si era recato col proprio esercito al nord ed avea posto il campo presso a Pictava (Poitiers). L'esercito franco, passata la Loira nelle vicinanze di Tours, si avanzò fino a circa dieci miglia al nord-est di Pictava e si, accampo nei dintorni del villaggio di Voglada (Vouglé), fra il quale e Pictava estendevasi una larga pianura (Campus Vogladensis) adattatissima. per una battaglia campale. Ma subito ñon vennero i due eserciti a decisivo confronto; perchè, quanto da un lato premeva a Clodoveo di disfare in una volta il nerbo delle forze visigotiche, prima che il re d'Italia fosse in caso di accorrere in ajuto al genero, altrettanto dall'altro lato premeva ad Alarico d'andar per le lunghe, di guadagnar tempo ad ogni costo, per ottener quello che il suo nemico desiderava scansare. Da ciò per giorni e mesi continue scaramucce fra gli avamposti dell'uno e dell'altro esercito per le provocazioni dei Franchi, i quali non lasciavano passar giorno senza sfidare con aspre parole i Visigoti e senza percorrere in tutti i sensi, saccheggiando e distruggendo, la circostante regione. Finalmente i Visigoti si stancarono di sopportar tante offese e, memori degli antichi loro diritti, dimandarono risolutamente al re d' essere condotti a campale battaglia.
Così Alarico fu, suo malgrado, dalla sovrana volontà del proprio esercito costretto ad abbandonare un ben trincerato accampamento per gettarsi nell'aperta pianura e battersi con un nemico, cui egli ben sapeva di non poter vincere da solo. Poche ore durò la mischia: i Visigoti (come Teoderico aveva presagito) non furono capaci di resistere ai colpi dei Franchi e fuggirono nel più sfrenato disordine. A tal vista Alarico, o sperasse di richiamare ancora i fuggenti coll'esporre all'estremo periglio la propria vita o, di ciò ormai disperando, fosse risoluto di non sopravvivere alla rovina del proprio regno, serratisi intorno que' pochi, pei quali il fuggire sarebbe stata incancellabile macchia, si scagliò tra le file dei feroci vincitori e vi fe' strage, finchè oppresso dal numero cadde morto assieme co'suoi fedeli.Si racconta che Clodoveo stesso corresse serio pericolo in quell'ultima zuffa disperata e che anche vi sarebbe morto, se non lo avesse salvato la velocità del suo cavallo.
Alarico lasciava, morendo, due figli, l'uno naturale per nome Gesalico, già uomo, l'altro legittimo (partoritogli dalla figlia del re d'Italia) per nome Amalarico, ancora fanciullo. Ai Visigoti importava che il successore di Alarico fosse tale da poterli ben dirigere nella guerra così infelicemente incominciata sui campi di Voglada: quindi, come prima si furono riuniti dopo quella fuga generale, usando dell'antico diritto germanico, elessero a re Gesalico. Quest'atto, per sè ragionevole, non fu conforme a quella politica, che ai Visigoti conveniva di seguire nelle critiche loro circostanze. Imperocchè solo l'intervento armato di Teoderico avrebbe potuto salvarli dall' ultima rovina, e quindi il non fare alcun conto del di lui nipote fu tanto che dichiararsi non contenti della sua ingerenza. E si deve credere che questo appunto fosse il motivo del non esser quelli subito intervenuto, più che il timore di venir egli nel frattempo assalito dall'imperatore d'Oriente. Quando a Tolosa furono note tutte queste cose, coloro, alle cure dei quali era affidato Amalarico, pensarono di condurlo in Ispagna, per metterlo in salvo dai Franchi e per allontanarlo dal nuovo re, che, ambizioso com'era, avrebbe potuto, per meglio fermarsi in mano lo scettro, farlo torre di vita. Mentre Amalarico fuggiva in Ispagna, Gesalico coll'esercito disfatto si moveva precipitosamente verso il mezzodì della Gallia, avendo egli in animo di difendere la capitale Tolosa da un assalto dei Franchi. Lo inseguirono questi per un buon tratto di paese; ma, non avendolo raggiunto e prossimo essendo ormai l'inverno, si fermarono, per mutar piano di guerra.