Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia di Tolosa

458

Il condottiero romano

MAGGIORIANO (Iulius Valerius Maiorianus).

Imperatore nella parte occidentale dell'Impero dal 457 al 461. Nacque intorno al 405 (secondo lo Stein nel 415 circa) da un'antica famiglia romana: il suo nonno Maggioriano era stato magister militum sotto Teodosio in Pannonia; il padre era stato amico e amministratore del generale Ezio: Maggioriano stesso fu educato alla scuola di Ezio e prese parte ad azioni militari in Gallia. In seguito venne a Roma e fu nominato comes domesticorum (comandante della guardia imperiale) dall'imperatore Valentiniano III; conservò la stessa carica sotto Petronio Massimo e sotto Avito e strinse amicizia con Ricimero, che fu per 15 anni arbitro dell'Occidente. Alla morte di Avito (456) seguì un periodo d'interregno, durante il quale la parte occidentale, almeno nominalmente, fu riunita all'Oriente: in questo breve periodo Maggioriano fu nominato dall'imperatore Leone I magister militum. Il i° aprile 457 Maggioriano, presso Ravenna, fu acclamato imperatore dall'esercito e più tardi riconosciuto dal senato. Dotato di qualità politiche e militari non comuni, egli tentò subito di rialzare le tristissime condizioni dell'Impero d'Occidente. Concesse una temporanea esenzione dalle imposte a tutti i sudditi: procedette poi a una riforma generale del sistema tributario per evitare i gravi abusi che si erano verificati; ripristinò l'ufficio dei defensores civitatis. Cercò con altre leggi di restaurare la pubblica moralità e di incoraggiare i matrimonî, proibendo fra l'altro alle nubili e alle vedove senza figli di ritirarsi nei conventi prima di aver compiuto il 40° anno di età. Si volse poi a tentare il rafforzamento dell'autorita imperiale nelle provincie occidentali. Dopo aver respinto dalle coste dell'Italia meridionale un'incursione di predoni vandali, passava nel 459 in Gallia dove da 66 anni non si era più visto un imperatore legittimo. Difendeva con successo Arles contro i Visigoti e concludeva col loro re Teodorico II un trattato più che decoroso per i Romani. L'aspirazione maggiore di Maggioriano era peraltro quella di abbattere i Vandali; a questa campagna si preparava fino dalla sua assunzione al trono. Dalla Gallia passò in Spagna e si avviò a Carthago Nova dove era riunita una flotta di 300 navi. Ma Genserico, aiutato da un tradimento, poté in parte distruggere questa flotta e concludere una pace vantaggiosa. Ricimero era rimasto inattivo in Italia e, quando Maggioriano dalla Gallia tornò in Italia, lo fece imprigionare presso Tortona e uccidere (2-7 agosto 461).

La genesi

Annali d'Italia dal principio dell'era volgare fino all'anno 1750, Volume 3, Lodovico Antonio Muratori, Napoli, 1869

Era tuttavia in Ravenna Majoriano a dì 6 di novembre, ciò apparendo in una sua legge. Da li innanzi egli si mosse verso la Gallia, benchè fosse già arrivato il verno, e le Alpi si trovassero cariche di neve e di ghiacci. Arrivato a Lione, ivi fu che il suddetto Sidonio recitò in suo onore il panegirico che abbiamo tuttavia. Era stato finora tutto lo studio di questo imperadore in radunar soldati e in proccurarne degli ausiliarii tra Goti, Franchi, Borgognoni, ed altri popoli della Germania, per formare una possente armata, con disegno di passare in Africa contra del re Genserico, corsaro implacabile, che ogni anno veniva a portar la desolazione in qualche contrada d'Italia e delle Gallie.

Sappiamo da Vittore Vitense che questo re barbaro dopo la morte di Valentiniano III Augusto ingoiò tutto il resto dell'Africa, che esso imperadore avea fin'allora salvato dalla voracità di costui. Però Majoriano si era messo in pensiero di portar le sue armi colà, ma gli mancavano le navi, perciocchè s'era perduto il bell'ordine ed uso degli antichi imperadori di tener sempre in piedi diverse ben allestite armate navali, a Ravenna, al Miseno, nella Gallia, a Frejus, nel Ponto, nella Siria, nell'Egitto, nell'Africa, ed altrove.

Per testimonianza di Prisco storico, Majoriano fece istanza a Leone imperador d'Oriente per aver navi atte a tale spedizione; ma perchè durava la pace tra quell'Augusto e i Vandali (il che recò un incredibil danno all'imperio d'Occidente) Leone non poté somministrargliene. Pertanto Majoriano nell'anno presente fece ogni sforzo possibile per far fabbricare navi in varie parti dell'imperio. E chi prestasse fede al suddetto Sidonio, egli era dietro a mettere insieme un'armata non minore di quella di Serse. Ma Sidonio era poeta, e a lui era lecito di dar nelle trombe, e ingrandir anche le piccole cose. Racconta Procopios, (e lo riferisce a quest'anno il Sigonio), che Majoriano, uomo, dic' egli da anteporsi a quanti imperadori fin'allora aveano regnato, a cagion delle tante virtù ch'egli possedeva, dopo aver preparata una considerabil flotta per condurla in Africa, si portò prima nella Liguria , ed incognito quasi ambasciatore di là passò in Africa, sotto pretesto di trattar della pace, e con essersi prima fatta tingere la bionda capigliatura, per cui sarebbe stato facilmente riconosciuto. Fu accolto con buone maniere da Genserico, e menato anche a vedere il palazzo, l'arsenale e l'armeria ; ed avendo soddisfatto alla sua curiosità, se ne tornò felicemente e nella Liguria con fama di attentissimo capitano, ma non d'imperadore prudente.

Poscia condotta l'armata navale a Gibilterra, meditava già di sbarcare l'esercito in Africa con tanta allegria delle milizie, che tutti ritenevano già in pugno il recupero di quelle provincie. Ma sopraggiuntagli una dissenteria, pose fine ai suoi giorni e disegni. Creda chi vuole questa ardita impresa di Majoriano. Certo è che questo buon principe non mancò di vita in quest'anno, nè mori di quel male. Per conto nulladimeno della spedizione suddetta, Cassiodoro al presente anno scrive: Hic Consulibus Majorianus in Africam movit provinciam. Inoltre abbiamo da Prisco istoricos (ma senza ch'egli specifichi l'anno), che Majoriano con trecento navi ed un possente esercito tentò di penetrare nell'Africa. Ciò udito il re de'Vandali gli spedi ambasciatori, esibendosi pronto a trattare ed aggiustare amichevolmente qualunque controversia che passasse fra loro. Ma che nulla avendo potuto ottenere dal romano Augusto, mise a ferro e fuoco tutto il paese della Mauritania, dove era disposta di piombare dalla Spagna l'armata navale di Majoriano, ed avvelenò ancora l'acque: non certo quelle dei fiumi. Altro non abbiamo da lui, ma abbastanza ne abbiamo per credere che non seguisse il meditato passaggio di questo imperadore in Africa, e molto meno l'assedio di Cartagine. Oltre di che i tentativi di Majoriano contra di Genserico dovettero succedere più tardi, siccome vedremo; perchè certo di quest'anno egli non passò in Ispagna. Sappiamo da Idacio che essendo Teoderico II re de' Visigoti ritornato nelle Gallie per cattive nuove che gli erano giunte, lasciò nelle Spagne una parte delle sue truppe, da cui furono messe a sacco ed incendiate le città di Astorga e di Palenza nella Gallicia. Che i Svevi anch'essi saccheggiarono la Lusitania e presero sotto apparenza di pace Lisbona. Ma son confusi presso d'Idacio gli anni in questi tempi, nè si può ben accertare quando succedessero tali sconcerti.

La battaglia

Annali d'Italia dal principio dell'era volgare fino all'anno 1750, Volume 3, Lodovico Antonio Muratori, Napoli, 1869

Fu console orientale Patrizio, ed era figliuolo d'Aspare patrizio, il primo mobile dopo l'imperador Leone nello imperio d'Oriente. Ricimero patrizio fu console dell'Occidente, anch'egli potentissimo nell'occidentale imperio. Dimorava nelle Gallie Majoriano Augusto, ed abbiamo sufficiente lume da Idacio che vi fossero delle rotture fra lui e Teoderico II re dei Visigoti, abitante in Tolosa. Certo egli scrive che essendo stati battuti in un conflitto i Goti, si venne poi a concludere una pace sodissima fra loro.

Le conseguenze

Annali d'Italia dal principio dell'era volgare fino all'anno 1750, Volume 3, Lodovico Antonio Muratori, Napoli, 1869

Il Sigonio scrive che Teoderico in questo anno portò le sue armi fino al Rodano, saccheggiando tutto il paese, e con tanta forza assediò la città di Lione, che se ne impadroni, e recò a quella illustre città la desolazione. Di ciò io non trovo vestigio alcuno presso gli antichi, se non che Apollinare Sidonio racconta questa disavventura de'Lionesi, con dire che n'era stato cacciato il nimico, ed essere rimasta la città senza abitatori, la campagua senza buoi e agricoltori. Si figurò, per quanto io credo, il Sigonio proceduta la calamità di Lione dai Visigoti che l'avessero presa.