Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia del Cartagena

461

Il condottiero vandalo

GENSERICO, o, più esattamente, Geiserico o Gaiserico (Geiserix) re dei Vandali e degli Alani

Bastardo di re Godigiselo, successe nel 428 al fratellastro Gunderico, al quale già Bonifazio aveva rivolto l'invito di passare dalla Spagna nell'Africa, e trascinò all'impresa i suoi riluttanti. Già iniziato il passaggio, dovette combattere i Suebi e li vinse a Cartagena; poi traversò lo stretto su navi romane con 80 "millene" di combattenti, se pure il numero non fu da lui esagerato ad arte (429). Avanzò nell'Africa, saccheggiando, bruciando le chiese, uccidendo gli ecclesiastici; vinse e assediò in Ippona Bonifazio, che troppo tardi si era, per esortazione di S. Agostino, accinto alla difesa (430). Genserico levò poi l'assedio perché stretto dalla fame; ma poté impadronirsi della città abbandonata. Per assicurare le sue prime conquiste, conchiuse con l'imperatore dell'Occidente un accordo (435), ottenendo ai Vandali come federati il riconoscimento della Numidia che già possedevano; ma occupò per inganno Cartagine (439) e la sua flotta saccheggiò la Sicilia (440), mentre una flotta dell'Oriente non osava nemmeno tentare di attaccarlo (442). Forse ritenendosi poco sicuro nel regno, nel quale aveva dovuto reprimere con ferocia una congiura di nobili, conchiuse con l'Occidente una nuova pace, per la quale riconosceva la sovranità dell'imperatore e assicurava un invio annuo di grano (442); ottenne anzi, come fidanzata per il figlio Unerico, Eudossia, la figliola settenne di Valentiniano III, e aspirava per lui al comando supremo dell'esercito romano. Ma pressoché tutta l'Africa, la più ricca provincia dell'Impero, era ormai in effettivo potere del barbaro; le terre tolte agli antichi possessori erano in parte dominio regio, in parte sortes dei guerrieri; i Romani erano o costretti ad uscirne o obbligati ad altissimi tributi, sebbene conservassero le curie, il reggimento civile delle provincie, le leggi; l'ariano intollerante, che dicevano apostata dalla fede ortodossa, perseguitava atrocemente i cattolici: fuori la sua flotta correva il mare predando. Il nome di Genserico, dell'Anticristo, era poco meno pauroso del nome dell'alleato suo Attila. L'uccisione di Valentiniano III l'elevazione di Petronio Massimo, le nozze tra il figlio di questo e la fidanzata di Unerico spinsero Genserico alla vendetta, anche se non gli giunse l'invito di Eudossia, la vedova dell'ucciso. Egli apparve fulmineo alle porte di Roma e il 2 giugno 455 entrò nella città indifesa. Papa Leone Magno osò farglisi incontro e ottenne che fossero risparmiate le stragi e gl'incendî: ma la città fu saccheggiata per quattordici giorni e ne furono tratti immensi tesori e migliaia di prigionieri, tra cui Eudossia e le figlie. Genserico si considerò allora come indipendente, conquistò il resto dell'Africa e le isole del Mediterraneo, saccheggiò a più riprese le coste d'Italia e di Grecia, affamò l'Italia. Furono infruttuose le vittorie di Ricimero ad Agrigento e in Corsica (456), come più tardi (463 o 464) quella di Marcellino in Sicilia; una grande spedizione disegnata da Maioriano fallì, essendo Genserico riuscito per tradimento a distruggere gran parte della flotta romana a Cartagena (460); un triplice poderoso assalto delle forze dell'Oriente e dell'Occidente verso le isole, verso Tripoli e la stessa Cartagine condusse solo alla conquista di Tripoli, perché Marcellino, rioccupata per poco la Sardegna, fu ucciso in Sicilia e la flotta bizantina fu in gran parte arsa e distrutta innanzi a Cartagine per tradimento o imperizia del suo comandante Basilisco (468). Genserico conchiuse trattati con l'Oriente (468) e con l'Occidente (476); lasciò a Odoacre la Sicilia, ma volle un tributo. Morì nel 477. Mediocre di statura, zoppo, scarso nelle parole, seppe eccitare fino al fanatismo un popolo non coraggioso; fu intollerante, crudele, sleale, ma severo per i costumi proprî e per gli altrui, prontissimo all'opera, abile creatore e ordinatore di regni.

La genesi

Continuazione della Storia degl'imperatori romani, Le Beau, Trad. Marco Fassadoni, Vol. 21, Siena 1778

Majoriano non soggiornò guari in Lione. Dopo aver dato i suoi ordini per restituirle l'antico lustro, andò a passare l'anno appresso(459) nella città di Arles, dove avea ordinato, che si radunasse il rimanente delle truppe che dovea condurre in Africa. Stavasi allestendo una flotta nei porti di Aquileja, di Ravenna e di Miseno, che doveva esser composta di trecento vascelli. Frattanto Teodorico, richiamato dalla Spagna il generale Cirila, era da principio determinato di proseguire la guerra. Una battaglia, in cui fu sconfitto, gli fece cangiar pensiero. Si distaccò dall'alleanza di Genserico per contrarne una nuova con Majoriano, cui si obbligò anche di soccorrerlo contro i Vandali. Al principio dell'anno 460 tutto era in pronto per la spedizione. L'esercito era adunato alle porte di Arles e la flotta all'ancora nel golfo di Alicante, vicino a Cartagena, aspettava gli ordini dell'imperatore per portarsi nello stretto di Cadice, dove prender doveva le truppe di terra, e trasportarle in Africa. Majoriano, varcati i Pirenei, si recò in Saragozza nel mese di maggio. La fama del suo valore ispirava ai soldati le più felici speranze, e faceva temere a Genserico una guerra pericolosa. Il re de' Vandali tentò da principio le vie dell'accomodamento; ma non volendo l'imperatore darvi orecchio, Genserico incominciò dal dare il guasto alla Mauritania, ruinando tutte le campagne, ed avvelenando le acque. Prese un mezzo più sicuro per far riuscir vana l'impresa di Majoriano.

La battaglia

Continuazione della Storia degl'imperatori romani, Le Beau, Trad. Marco Fassadoni, Vol. 21, Siena 1778

Si procurò delle intelligenze nella flotta romana, e vi trovò dei traditori, i quali anteposero il denaro al dovere e all'onore, e diedero i loro vascelli in mano ai Vandali, quando questi si presentarono per comhattere.

Le conseguenze

Storia del Basso Impero da Costantino il Grande fino alla presa di Costantinopoli fatta da Maometto secondo, Tomo 5, Parte II, Le Beau, Livorno 1835

Majoriano, adita questa nuova quando ?i avvicinava a Cartagena, si vide costretto a ripassare i Pirenei, e a ritornare ad Arles per risarcire la perdita della flotta. Avendogli Genserico mandato per la seconda volta dei deputati, lo trovò più disposto ad ascoltare le sue proposizioni. S'ignorano le condizioni del trattato ; ma la pace fo fermata nel verno seguente, che Majoriano passò nella Gallia.

Le conseguenze

Istoria delle guerre persiane e vandaliche, Procopio di Cesarea, trad. Giuseppe Rossi, Milano 1833

Non mancaronvi tuttavia parecchi esempi dell'antico valor romano, ed, a ridirne alcuno, abbia qui onorevole menzione Giovanni vicegerente di Basilisco, il quale vedendo il suo vascello attorniato dai barbari ne sostiene coraggiosamente l'impeto, e ridotto agli estremi, anzichè incorrere nelle mani loro, gettasi armato in mare. Terminata siffattamente la guerra Eraclio ripatriò, Marcellino ebbe morte da un perfido, e Basilisco rifuggi in Bizanzio entro la chiesa del divin Salvatore, o, con altro nome, di S. Sofia, e quindi ai prieghi dell'imperatrice Verina ottenne grazia, ma non potè di subito ascendere in trono, come fortemente desiderava, avendo Leone tolto di mezzo Aspare ed Ardaburio, insospettitosi che ei tendessero insidie alla sua vita.